Fatema Azha: una guida per le mamme bengalesi

Fatema Azha nel ritratto fotografico di Stefano Romano
Fatema Azha nel ritratto fotografico di Stefano Romano

“Una sera del marzo 2009 una donna si presentò alla porta di casa mia. Portava l’hijab (velo islamico, ndr), non conosceva bene l’italiano e iniziò a raccontarmi della difficile condizione delle donne bengalesi a Roma. Per metterla a suo agio, le chiesi se desiderasse la presenza di mia moglie. La risposta che ricevetti fu: Sono venuta a trovare te e con te parlerò” racconta Angelo De Florio presidente del Villaggio esquilino onlus che, conoscendo bene la cultura bengalese, capì da quella risposta che forza immensa possedesse quella donna. “In quel periodo tentavo senza successo di coinvolgere le bengalesi nei nostri corsi d’italiano. Fatema Azha era una donna colta, coraggiosa e ambiziosa; non mi feci scappare l’occasione”. Fatema divenne così responsabile del Progetto Donna per la Villaggio esquilino onlus e oggi, trentaseienne, è la vicepresidentessa dell’associazione.

due mamme bengalesi del corso d’italiano alla Di Donato (Stefano Romano photographer)

Fatema Azha è arrivata quindici anni fa, subito dopo le nozze con un commerciante che viveva già da tempo a Roma. Parenti e amici le avevano descritto l’Italia come un’opportunità, il suo arrivo le ha mostrato tutt’altro. Laureata in psicologia, lavorava a Dhaka come organizzatrice e presentatrice per il canale televisivo BTV.  Appena sposata ebbe la prima figlia e  proseguì il suo lavoro nella capitale bengalese con collaborazioni saltuarie; poi arrivarono altri due bambini, interruppe i suoi viaggi e cercò lavoro a Roma. Gli anni passavano e Fatema non usciva dalla sua condizione di casalinga.  “Gli uomini della nostra comunità, qui a Roma, sono il primo ostacolo. Relegano la donna all’interno delle mura domestiche, impediscono alle proprie mogli di andare ai corsi d’italiano”, spiega Fatema. “Ero molto scoraggiata”. Quattro anni fa le cose cambiano. Fatema riceve in visita la madre. “Era appena morto mio padre. Mi disse che aveva sempre creduto in me e nei miei fratelli e che era profondamente delusa”. I genitori di Fatema, medico la madre e avvocato il padre, hanno permesso a tutti e nove i figli di studiare all’università. Quel dialogo con la madre è stato, per Fatema, come una scossa. Ha cominciato allora la sua battaglia dalle fondamenta: i corsi d’italiano per le donne. “Conoscevo le attività che De Florio organizzava e lo avevo visto ad una mostra d’arte, così decisi che mi sarei rivolta a lui. Bisognava iniziare a fare qualcosa, non solo per me ma per tutte le donne bengalesi”.

La classe di mamme nell’aula della Di Donato in un momento di lezione (Stefano Romano photographer)

Angelo De Florio. “Il direttivo della Villaggio esquilino onlus è composto di molti uomini bengalesi che si opponevano o minimizzavano la mia proposta di coinvolgere le donne sia nell’organizzazione interna sia come allieve dei nostri corsi”, racconta Angelo. “L’incontro con Fatema fu provvidenziale. Dato che ho sempre voluto mantenere un clima positivo all’interno dell’onlus cercai di fare entrare Fatema nel modo più delicato possibile. L’unico escamotage era il coinvolgimento di mia moglie. Sapevo che a lei non si sarebbero opposti. Il reclutamento di Fatema come collaboratrice esterna, fu il passo successivo”. Così nel gennaio 2010 parte il primo corso per mamme nella scuola Di Donato all’Esquilino. A febbraio la classe, che aveva quindici allieve, fu boicottata. Rimasero solo cinque mamme, Fatema riuscì a recuperarne tre e con grande fatica a giugno il primo anno si concluse. “La classe attuale è composta da sedici mamme” spiega Angelo De Florio. “Inoltre ho raddoppiato il corso proponendolo a Torpignattara dove vidi arrivare a lezione anche degli uomini. Pensando che fossero i mariti cercai di allontanarli. Scoprì invece che erano uomini che volevano imparare l’italiano. E’ diventata così una classe mista. E’ stata una sorpresa che ha superato le mie aspettative” ride Angelo.

“C’è ancora tantissimo da fare. Gli sforzi sono tanti e a volte non credo di farcela”, confida Fatema. “Non essere ben vista dalla propria comunità è una cosa che dà malinconia. Ma penso che le donne debbano crearsi una propria autonomia e ciò non ostacola l’essere delle ottime mogli. Inoltre una madre istruita diventa una guida per i figli, che altrimenti crescono ignoranti e con difficoltà d’integrazione” spiega Fatema.  “La donna deve avere le stesse opportunità dell’uomo e nel caso della mia comunità sono prima di tutto le donne che devono convincersene”.

Foto di Stefano Romano

M. Daniela Basile(16 novembre 2011)