Mundialido 2015: quando il calcio impara dalle differenze

Nella terza giornata del Mundialido 2015 - torneo di calcio dedicato alla Roma multiculturale - in campo Etiopia e Italia - alias Atletico Diritti
Nella terza giornata del Mundialido 2015 – torneo di calcio dedicato alla Roma multiculturale – in campo Etiopia e Italia – alias Atletico Diritti

“Abera, Mathewos, scaldatevi che entrate, forza, in campo padre e figlio”. E loro non se lo lasciano ripetere due volte e si preparano a correre insieme sul tappeto verde dell’impianto sportivo Cotral, che ospita la 17° edizione del Mundialido, il torneo di calcio dedicato alla Roma multiculturale. Abera ha un passato come giocatore di serie B nel suo paese, l’Etiopia. Mathewos gioca come centrocampista per la Pescatori di Ostia e sogna un futuro da professionista. Se gli chiedi chi è il più bravo con un sorriso indica il papà, ma lui si schermisce: “E no, i figli vengono sempre meglio dei padri”.

Tra le veterane del Mundialido – l’esordio risale al 2002 – la squadra dell’Etiopia è formata da ex calciatori e amici dell’Ethio Roma Sport: “Ci alleniamo due volte a settimana in zona Battistini, ma ci vediamo anche fuori e grazie al Mundialido sono nate belle amicizie con giocatori di altre nazionalità, dal Senegal a Capo Verde al Marocco. È davvero un’organizzazione di tutti i colori del mondo”.
Su questo campo di calcio in cui indipendentemente dalla provenienza l’accento più forte è quello romano il podio spetta forse a mister Francardi, che a dispetto dei soli tre mesi trascorsi con la squadra si fa sentire bene dai suoi giocatori, sgolandosi dalla panchina con un trasporto degno della finale di Champions League. “No ma il mister è tranquillo” spiega Mathewos compassato “finché non lo fai arrabbiare”. E se lo fai arrabbiare? “Non lo fai arrabbiare” sentenzia facendo esplodere la panchina dalle risate.

Pochi metri più in là non è da meno Domenico Blasi, allenatore dell’Italia, alias Atletico Diritti. “Il prossimo detenuto è il mister” scherzano i suoi e lui non si fa trovare impreparato: “Si ma per un reato importante”. Perché nella neonata formazione che partecipa per la prima volta al Mundialido ci sono ex detenuti e, quando gli avvocati di Progetto Diritti e Antigone troveranno un accordo con le istituzioni, ci saranno anche i detenuti, in campo con giocatori dell’Eritrea come il capitano Daniel Abrham, del Senegal e Mali, di Costa d’Avorio e Argentina. E poi ci sono gli studenti di Roma Tre che patrocina l’iniziativa, c’è il 17enne Federico, eletto dai compagni il più simpatico della squadra e il 50enne Enzo, insegnante di professione, che esce dal campo trafelato e felice, un sorriso che vale mille parole.

C’è questa freschezza a raccontare che anche se abbiamo storie diverse, vissuti talvolta difficili, insieme possiamo costruire qualcosa di buono. Perché “Se tutte le squadre fossero così trasmetterebbero un messaggio importante alle nuove generazioni” come sottolinea l’italo-capoverdiano Giuseppe. E allora trepidante si prepara a entrare in campo Mario, lui avvocato giocherà insieme al ragazzo che ha salvato dalla prigione, perché la vendita di merce contraffatta è un reato penale, ma scontando una pena alternativa quel ragazzo avrà una seconda possibilità e, speriamo, questa volta ce la farà.

Senza nulla togliere all’agonismo qui quello che conta è il divertimento e il fair play. Giocano tutti, il ragazzino di 16 anni e l’uomo adulto con la pancetta. Le scaramucce in campo si superano con una stretta di mano o una sgridata del mister. Non saranno Maradona, ma hanno regalato uno spettacolo degno del più autentico spirito del calcio.

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Sandra Fratticci
(2 giugno 2015)


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