Mobilitazione per salvare la Casa Internazionale delle donne

Il patrimonio storico delle donne, accumulato in 30 anni di gestione da parte dell’associazionismo femminile della Casa Internazionale delle donne, nel complesso monumentale del Buon Pastore rischia di andare perduto per sempre.

La manifestazione delle donne in Campidoglio

Alla vigilia della mobilitazione delle femministe italiane che scenderanno in piazza a Roma, sabato prossimo,  per celebrare i 40 anni dalla legge 194 sulla regolamentazione dell’interruzione di gravidanza, la prima sindaca donna della capitale, dalla quale ci si aspettava  una maggiore condivisione di “genere” sui progetti delle donne, ha deciso invece di rimettere in discussione l’esistenza della Casa internazionale delle donne.

Pietra dello scandalo il debito di circa 800mila euro di affitto non pagato accumulato negli anni dal consorzio delle 30 associazioni che hanno gestito fin qui in totale autonomia il complesso monumentale accollandosene completamente i costi di manutenzione ordinaria. Fino ad oggi i sindaci che hanno preceduto la Raggi avevano sempre tenuto conto dell’importanza delle attività sociali, culturali e assistenziali svolte, a livello quasi del tutto volontario, dalle donne della Casa per le altre donne. Era stato presentato un piano di rateizzazione per il rientro dal debito e anche un elenco di nuovi progetti per riportare gradualmente in pareggio il bilancio. La sindaca, invece,  smentendo che “l’amministrazione abbia intenzione di chiudere la Casa”, ha tenuto a sottolineare che “occorre integrare quel progetto iniziando a ragionare sulla creazione di un sistema di servizi, che veda nell’attuale Casa il centro nevralgico delle attività che vengono messe in rete ed ampliate su tutto il territorio della città, con particolare riguardo alle periferie”. Il tutto coordinato da Roma Capitale e attraverso bandi di gara.

“Noi siamo innanzitutto un soggetto politico – ha rivendicato ieri la presidente della Casa Internazionale Francesca Coch nel corso di una conferenza stampa –  mentre nel bando di gara cade l’autonomia di questo spazio. È clamorosa l’ignoranza degli amministratori, è come se volessero fare piazza pulita di tutta la storia, è come se la storia cominciasse con il loro arrivo – ha affermato – ma quello della Casa internazionale è il progetto dei movimenti femminili e femministi, lo è da quarant’anni e tale deve restare. La nostra autonomia e la nostra storia non sono oggetto di discussione”.

La presidente Francesca Coch con l’ex presidente della Camera, Laura Boldrini

Nel 1992 alla fine di una lunga trattativa del movimento femminista romano con il comune e  grazie al sostegno del Coordinamento donne elette del Comune di Roma, presieduto a quell’epoca da Daniela Monteforte, il Progetto Casa internazionale delle donne venne elencato tra le opere di Roma Capitale e il  sindaco Francesco Rutelli, approvò la consegna del “bene monumentale” del Buon Pastore, nato nel ‘600 come reclusorio femminile, al consorzio delle associazioni di donne.  In questi anni  la Casa Internazionale delle Donne è stata “una struttura aperta che guarda al territorio e al mondo; un laboratorio dove si coniuga la politica di genere; un centro cittadino, nazionale e internazionale di accoglienza, d’incontro, di promozione dei diritti, della cultura, delle politiche, dei “saperi” e delle esperienze prodotte dalle e per le donne, anche immigrate”.

Brasiliana di nascita ma romana per scelta Rosa Mendes, bibliotecaria con un passato da dissidente insieme al suo ex marito giornalista, imprigionato negli anni della dittatura militare in Brasile, ha fatto parte fin dall’inizio del movimento delle donne che, in gran parte con il loro lavoro di volontariato, sono diventate un punto di riferimento per le donne romane. Oggi è la presidente dell’ associazione delle donne brasiliane (Adbi) che ha sede all’interno del Buon Pastore e dell’associazione NoDi, composta da donne immigrate, attiva nella promozione dei diritti e in varie attività di scambio interculturale. “Ho scelto di vivere a Roma – ci racconta Rosa – perché quando sono arrivata dal Brasile mi sono innamorata di questa città e ho trovato all’interno della Casa delle donne la mia casa”.

Quali sono stati finora i problemi principali – chiediamo – per cui le donne immigrate  si sono rivolte a voi?

“Chi viene da noi lo fa per trovare un punto di riferimento all’interno dell’universo femminile – risponde Rosa – ma un’ esperienza recente di aiuto concreto che posso citare è quella di una signora brasiliana trasformata dall’assurdità delle leggi italiane da vittima in accusata. La signora lavorava a Firenze come bibliotecaria e dopo aver subito una violenza, era andata in questura a sporgere denuncia. Invece di offrirle protezione, i poliziotti l’hanno trattenuta perché aveva il permesso di soggiorno scaduto e, senza tenere conto del lavoro svolto fino a quel momento, l’hanno inviata al Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di Ponte Galeria dove è restata 3 mesi in attesa di essere identificata. “Scontata la pena” è stata messa fuori senza documenti, senza passaporto totalmente traumatizzata dalla violenza della burocrazia che si è aggiunta a quella fisica subita”.

Com’è arrivata alla Casa delle Donne?

“Al Cie prima di uscire le hanno dato il nostro  numero – risponde Rosa – e insieme a lei abbiamo fatto un percorso di recupero psicologico perché potesse tornare alla realtà “normale” cui apparteneva prima di essere travolta da questa esperienza.   Allo stesso tempo siamo riuscite, tramite i rapporti che abbiamo con il Consolato brasiliano, a farle avere un permesso di soggiorno umanitario”.

Una sala dove si svolgono le attività al Buon Pastore

C’è, poi, l’ associazione delle Donne Capoverdiane che oggi  fa capo a Nelly Soares. Ma è stata Angela Spencer Teque, italo-capoverdiana attualmente presidente dell’Associazione Ponte Internazionale,  la prima donna  emigrata ad entrare  nel corpo direttivo della Casa.  “Nel mio mandato dal 2008 al 2014 come presidente dell’associazione donne capoverdiane – dice –  alla Casa ci siamo confrontate tra vari generazioni e culture e si è creato  un mix  internazionale che esiste tuttora”

Oltre a queste associazioni a loro dedicate, le donne immigrate possono fare riferimento allo Sportello legale dell’Associazione, La Stanza di Eva onlus,  in cui avvocate con una formazione specifica, tutelano i diritti delle minoranze, delle donne e dei minori vittime di violenza, attraverso la consulenza e l’assistenza legale gratuite.

Sempre che si trovi una via d’uscita a una situazione che ad oggi sembra gravemente compromessa.

Francesca Cusumano
(24 maggio 2018)

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