L’Africa cammina con i piedi delle donne è lo slogan della campagna NOPPAW – Nobel Peace Prize for African Women – i cui promotori si sono incontrati con le istituzioni italiane mercoledì 25 maggio 2011 alle 10,00 nella Sala delle Conferenze Internazionali della Farnesina.
L’intento del comitato NOPPAW è di realizzare una promozione sul piano internazionale per l’attribuzione del Premio Nobel per la Pace 2011 alle donne dell’Africa ritenute “la spina dorsale” che sorregge il Continente Nero “dalla cura della casa e dell’infanzia, all’economia, alla politica, all’arte, alla cultura, all’impegno ambientale”. Si vuole che venga pubblicamente riconosciuto “l’umile protagonismo” delle donne, il loro ruolo determinante nello sviluppo della società africana.
La candidatura delle donne africane al Nobel per la pace 2011 è stata formalizzata nel novembre del 2009, i primi passi per promuovere la campagna si sono tenuti nel marzo 2010 a Roma e Bruxelles, si è proseguito lungo un itinerario approdato il 26 ottobre a Dakar per un seminario di studio e confronto e nei giorni scorsi in diverse città delle Marche, quindi di nuovo a Bruxelles il 23 maggio.
Tutto è nato da un’intervista, sorride Hélène Yinda, teologa del Cameroun, che fa parte del comitato promotore NOPPAW, “ero a Roma per un convegno, a farmi le domande era Eugenio Melandri, coordinatore di ChiAma l’Africa. Ci siamo resi conto che tutto quello che in Africa è movimento, dinamismo, trasformazione è dovuto alle donne: non meritiamo la pietà, siamo noi il motore del mondo. Un’idea partita da un incontro fra culture diverse ma che si muovono con lo stesso impegno. Il premio è nato così e noi lo abbiamo già ottenuto, il popolo italiano ce lo ha dato, condividendo con noi l’esperienza di questa campagna. Raccontare le storie delle donne comuni africane ci dà una nuova coscienza di noi, è un impegno per la vita. E l’ampiezza di questa campagna è già un premio”.
Religione. Ha vissuto come teologa in Europa, ora è torna in Cameroun, in Africa dove “la spiritualità ha una prossimità immediata, religione per noi è il nostro modo di vivere, la fede è strettamente legata alla vita di tutti i giorni. Nel mio ruolo di teologa, africana, donna, voglio partire dall’esperienza delle africane e tener conto della loro identità e del contesto dove vivono. Partire da testimonianze di vita è la base della riflessione e della mia azione teologica: desidero aiutare la donna a partecipare alla trasformazione della società in cui vive”.
Cooperazione internazionale, in passato è stata critica nei confronti di questo tipo di interventi? “Più soldi per l’Africa non ha significato maggior benessere. Il nostro è un continente ricchissimo di risorse naturali che non sappiamo trasformare. La responsabilità di questa situazione è anche della classe politica africana che dovrebbe puntare sulla trasformazione nello stipulare gli accordi di cooperazione, un passaggio fondamentale per beneficiare delle potenzialità della nostra terra”.
Comunicazione. Allo stesso modo per il riscatto delle donne africane “è fondamentale diffondere immagini positive, far emergere quello che funziona, l’operosità delle donne normali, renderle visibili. E’ importante narrare anche l’azione delle reti di donne. Il racconto delle storie femminili è un’occasione per elevare le coscienze”.
Irene Ricciardelli(27 maggio 2011)