Caritas una proposta originale: un Glossario

“Per evitare gli equivoci” : la Caritas ha composto un libro utilissimo per una comunicazione corretta sul’immigrazione. Ha chiesto a collaboratori internazionali di tutte le lingue il controllo dei vocaboli principali che usiamo correntemente per parlare degli immigrati – da clandestino a extracomunitario, da traffico a tratta – li ha fatto tradurre in molti idiomi e riuniti in un volumetto agile che è stato presentato ieri, 15 giugno, al Dipartimento di Scienze Sociali della Sapienza. Non sono mancate le informazioni statistiche e fattuali sul tema immigrazione, ma la catena degli interventi ha brillantemente commentato proprio i vocaboli : la loro oscurità, la loro immediatezza, il valore taumaturgico, quasi magico che talvolta rivestono. Il presidente, Franco Pittau, ha spiegato perché il termine “clandestino”, guarda caso, proprio non compare nel testo : il linguaggio pubblico deve preferire “immigrato irregolare”, sapendo che la condizione di irregolarità non è ontologica ma transitoria, non è un carattere innato ma una lacuna amministrativa. La European Migration Network, EMN, con sede a Bruxelles, ha patrocinato l’impresa, una rete dei paesi europei con i suoi punti di contatto e i suoi volontari, molti dei quali presenti nell’aula. E’ intervenuto un giovane pakistano, di professione mediatore culturale, che aveva una sua polemica con il vocabolo “integrazione”, forse il più controverso di tutti. “L’integrazione decidiamo noi se l’abbiamo raggiunta oppure no”, agitare l’integrazione come un obbligo non contribuisce a produrre solidarietà. Avvocati, volontari, studiosi si sono divertiti a spiegare perché “rimpatrio” non significa affatto che la persona rimpatriata arrivi effettivamente a casa sua – viene soltanto espulsa verso una qualche destinazione; bisognerebbe parlare di “ritorno” per essere sicuri di un rientro vero e proprio. Maria De Donato, del consiglio per i rifugiati, ha parlato a lungo del problema dei libici e delle loro richieste di asilo politico, chiarendo la distinzione e il nesso fra rifugiato e richiedente asilo. Il sociologo Enrico Pugliese si è complimentato per gli equivoci eliminati riguardo alla parola “traffico”, che porta con sé una connotazione di “non si sa quali traffici illeciti, sessuali o altro”, mentre i migranti che vi fanno ricorso sanno benissimo di affidarsi ai soliti trasportatori irregolari per raggiungere le loro mete, con i rischi e pericoli connessi. E’ la “tratta” che si riferisce al commercio illecito a fini di sfruttamento sessuale, un concetto e un termine diverso, più sinistro. Appena si fa uso della parola “integrazione”, ha aggiunto Pugliese, si viene accusati di essere reazionari, mentre occorre operazionalizzare i vocaboli, metterli al lavoro in un contesto, non calarli nel senso comune come pietre inerti, ma spacchettarli, decodificarli.Il glossario è come una grammatica, una grammatica dei diritti, che rende comparabili i termini nel mondo comunitario europeo. In effetti il Glossario della Caritas ha il pregio di essere pratico : non appena lo si sfoglia si incontrano con piacere delucidati i passaggi consueti dei nostri discorsi : non solo che cosa vuol dire “occupato” ma anche che cosa vuol dire “disoccupato”, e che cosa si intende per “molestia”.Prima delle conclusioni all’incontro, molto equilibrate, proposte dalla sociologa Minette Macioti, il mediatore culturale pakistano ha voluto illustrare le carenze linguistiche del nostro paese, nel quale non è possibile trovare una persona che sappia parlare il pashtun, una lingua dell’Afghanistan. Finalmente se ne è rintracciata una, alla stazione Ostiense, dove dormiva per terra. Detto fatto, adesso questo immigrato insegna il pashtun alle forze militari dell’esercito italiano.Simonetta Piccone Stella(16 giugno 2011)