Mediazione civile: opportunità per gli immigrati

Una professione conosciuta e popolare fra i nostri concittadini stranieri è quella del mediatore culturale, che collabora con gli istituti scolastici, i commissariati, gli uffici giudiziari per rendere comprensibili e utilizzabili agli italiani le testimonianze di chi non conosce la nostra lingua o non è introdotto a fondo nelle nostre istituzioni. La novità illustrata ieri 10 giugno in un convegno del Comune di Roma presso la Sala Gonzaga è la figura del “mediatore civile”. I quattro consiglieri aggiunti del Consiglio comunale per i diversi continenti erano tutti presenti insieme a presidenti di associazioni del volontariato e a diversi esponenti politici.

Il mediatore civile opera per la soluzione amichevole delle liti civili. La possibilità della conciliazione attraverso un attore super partes è un vero cambiamento culturale : permette di aggirare la giustizia ordinaria, lenta, lunga, onerosa con un intervento breve, spedito, mirato ad accordare le parti in causa. Il campo del mediatore civile (e commerciale) è vasto. Le controversie possono riguardare i patti di famiglia, le successioni ereditarie, le questioni condominiali, gli affitti di aziende, quasi tutto il panorama della giustizia civile. Naturalmente l’istituto della mediazione non si indirizza soltanto alla popolazione immigrata ma può essere utile soprattutto per questa, che corrisponde a un attore debole nella nostra società, perché poco istruita giuridicamente, non facile da tutelare, ed esposta a incidenti e conflitti di varia natura.

In poche mosse l’azione si riduce a : una domanda degli interessati, due interlocutori, che si rivolgono all’organismo di mediazione ( istituito nel 2010), l’intervento di un terzo cioè la figura mediatrice, l’ascolto delle parti, la proposta di mediazione e un accordo – tutto questo nell’arco di pochi giorni o al massimo di quattro mesi. Non c’è una sentenza : siamo fuori dal linguaggio processuale, dalle lungaggini e dalle formalità della giustizia ordinaria, tutto procede in base ad un accordo scritto. Il punto chiave sul quale il convegno si è soffermato ( e gli stranieri presenti hanno fatto domande) è la nascita di una nuova figura professionale per gli immigrati, i quali possono diventare mediatori civili con una laurea triennale in qualsiasi disciplina, anche non giuridica, e un corso di formazione ad hoc di 50 ore. I requisiti richiesti sono limitati, contano molto le conoscenze linguistiche e “l’onorabilità” personale.

La vera protagonista del pomeriggio è stata Antonina Giordano, mediatrice civile professionista che ha illustrato il proprio lavoro. La sua relazione ha rivelato che la svolta verso l’istituto della mediazione è stata impressa dai 27 paesi dell’Unione Europea, che hanno ritenuto urgente trovare un modo per risolvere le controversie “transfrontaliere” – quando un cittadino straniero per motivi di lavoro si viene a trovare in un altro stato da quello nel quale è residente e deve essere tutelato nella sua libertà di movimento. Quello della conciliazione è un modello antico, ispirato a criteri pragmatici, al modello “win-win” (somma positiva per entrambe le parti) del tutto indipendente dagli schemi processuali. In sostanza è l’inefficienza della giustizia che induce a valorizzare la mediazione. Antonina Giordano ha insistito molto sull’espressione “strumento di pace” : la mediazione civile è uno strumento di pace sociale che dal marzo di quest’anno è diventata obbligatorio con decreto del Ministro della Giustizia del 2010, come soluzione di risoluzione delle liti in alternativa alla giustizia ordinaria. Più di un intervento, infine, ha sottolineato le qualità personali di cui il mediatore deve disporre : autorevolezza, carisma, comunicatività, e una grande capacità di ascolto e di accoglienza.

Simonetta Piccone Stella(11 giugno 2011)