La Desintegrasion, passato ieri fuori concorso al Festival del Cinema di Venezia, è il nuovo film di Philippe Faucon regista francese che con i suoi lungometraggi ha spesso richiamato l’attenzione su storie di gioventù e discriminazione. Questa volta lo sguardo è puntato su Alì, ragazzo di origine araba nato e cresciuto nella periferia di Lille. Alì parla francese con i suoi amici, ha studiato in francese per il diploma di tecnico di manutenzione di apparecchiature elettroniche, ha persino un fratello maggiore sposato con una donna francese. Il quadro iniziale ritrae con delicatezza i legami tra i componenti di una famiglia araba ben avviata nel processo di integrazione nella realtà occidentale, che non ha per questo rinunciato ad educare i propri figli secondo la tradizione islamica.Tradizione che, come il regista tende a rimarcare più volte, si fonda su valori come il rispetto e la condivisione. Parla di rispetto e condivisione l’Imam durante la preghiera del Venerdì in un giardino interno improvvisato Moschea ed è sempre il rispetto che invoca la madre di Alì quando spiega al figlio più giovane: “Se vuoi parlare di religione lo fai senza gridare e senza odio”. Quella attuale però è comunque una realtà che fatica a lasciare spazio ai giovani. Per Alì poco più che ventenne impegnato in una lunga ed estenuante ricerca di un lavoro che gratifichi le competenze che ha acquisito, ad un tratto diventa più semplice credere a chi vuole convincerlo che il problema stia tutto nel suo cognome arabo. Il ragazzo si lascia ammaliare e in parte rinfrancare dai dogmi integralisti propugnati da Djamel, un personaggio ambiguo molto abile nel “mescolare verità e menzogne per lasciar passare le menzogne” che finisce per indottrinarlo e manipolarlo. Faucon indaga con cura l’avvicinamento di un giovane arabo di seconda generazione apparentemente inserito nella società occidentale al mondo del terrorismo islamico, si sofferma sulle sfumature descrivendo con efficacia lo straniamento e la perdita del senso del reale che condizionano Alì potentemente Prende così il via quel processo di Disintegrazione richiamato nel titolo in una duplice accezione: di percorso inverso compiuto a ritroso rispetto a un’auspicabile integrazione e al tempo stesso di lacerazione, rottura di quei legami che dovrebbero regolare la normale convivenza in una società civile, “distruzione del credo egualitario, prima nell’ambito del vissuto personale e poi, per estensione, su scala mondiale.”
Irene Ricciardelli(Venezia Lido2 settembre 2011)