Favorire il dialogo tra le culture attraverso la diffusione di una letteratura e di una saggistica di alto livello. Sviluppare una nuova percezione del mondo e una europeità realmente inclusiva. Questi gli obiettivi di Lettera Internazionale, rete di riviste che da quasi 30 anni lavora alla costruzione di un’Europa della cultura.
Storia di un’avventura. È l’estate del 1984 quando Antonin Liehm, intellettuale cecoslovacco tra gli animatori della Primavera di Praga rifugiatosi negli USA e poi in Francia, decide di dar vita ad una rete di riviste culturali europee. “Erano gli anni della cortina di ferro, c’erano questi intellettuali che avevano storie incredibili alle spalle” racconta Biancamaria Bruno, che lavora all’edizione italiana dal 1986 e oggi la dirige: “L’idea di Liehm era quella di dare voce alla dissidenza dell’Est Europa per rinnovare ed alimentare l’immaginario culturale del vecchio continente, fossilizzato sulle stesse convinzioni”. Emblematico della mission è il nome della rivista: “Lettera Internazionale si richiama alle lettere che si scambiavano i grandi intellettuali nel ‘600 e nel ‘700 per testare le proprie idee in vista di saggi e studi”. Nascono per prime le edizioni francese ed italiana, diretta da Federico Coen, che lascia la direzione del partito socialista e della rivista Mondoperaio per dedicarsi al nuovo progetto. Nel 1986 vede la luce l’edizione spagnola, nel 1988 quella tedesca e, dopo la caduta del Muro di Berlino, vengono create una serie di redazioni nei paesi dell’Est. “Siamo tutte riviste trimestrali in formato cartaceo. La nostra è una pubblicazione costosa perché i testi per l’80% non sono italiani, quindi ci sono spese dei diritti, di traduzione, e c’è la volontà di mantenere un profilo alto, di non accontentarsi”. Ciò si traduce anche in una funzione anticipatoria: “Ad esempio siamo stati forse i primi in Italia a pubblicare Milan Kundera”. Molte le biblioteche abbonate e un pubblico variegato: “Sono soprattutto lettori forti. Liberi professionisti, insegnanti. Persone curiose e attente, che leggono nello spirito della formazione continua”.

Uno sguardo che unisce. “Il nostro obiettivo è stimolare la capacità critica attraverso autori, testi, temi, che siano affreschi sul mondo”. Di fronte al fallimento di un progetto di Europa unita che ha puntato tutto sull’economia: “Bisogna ricostruire una sorta di umanesimo, di mondialità, per dirla con Édouard Glissant”. È l’idea per cui: “Non esistono più centri, ci sono solo periferie. Le periferie possono diventare centri oppure no, l’importante è che si parlino. In questa rete, oggi molto più facile da realizzare, ci sono grandi possibilità di crescita e di equità per tutti”. Da tale visione prende le mosse una funzione di approfondimento e riflessione: “La vocazione di Lettera è quella di capire innanzi tutto che cosa possiamo utilizzare delle categorie del passato e che cosa dobbiamo invece buttare e rifondare. Dopodiché andiamo a vedere che cosa hanno fatto gli altri per risolvere i nostri stessi problemi, impariamo dalla loro esperienza. Cerchiamo di porre le domande giuste. Evitando però di dare risposte, perché quelle ognuno deve trovarle autonomamente”. La promozione del confronto e del dibattito è multiculturale e multidisciplinare: “Il profilo fondamentale è quello storico-filosofico, ma anche sociologico e ovviamente la parte della narrativa gioca un ruolo molto importante perché spesso sono gli scrittori che per primi riescono a cogliere nuove tendenze”. Il rinnovamento passa necessariamente anche attraverso l’arte: “Scegliamo attentamente artisti contemporanei sulla base dei temi che decidiamo di affrontare. L’artista ha uno sguardo sul mondo che è al tempo stesso di analisi e sintesi e di rielaborazione personale”. Un ruolo critico e trasparente: “È molto importante che chi pone le domande espliciti il suo rapporto con il mondo, c’è sempre una soggettività che deve uscire fuori”. Uno sguardo distante: “La distanza è fondamentale per riuscire a vedere le cose” e rispettoso: “Mai giudicare. L’intellettuale ha il dovere morale di conciliare, di insegnare il dialogo. Far sedere le persone insieme intorno al tavolo e dire ‘Adesso parlate, ognuno racconta la sua storia, vedrete che qualcosa che avete in comune la troverete’”.
Tra le pagine di Lettera Internazionale.“Il Sud necessario… e il Nord in declino” è la copertina del numero dedicato alle Primavere Arabe: “è importante capire che è tutto collegato. In Jugoslavia negli anni ‘90 e in Magreb oggi il meccanismo è esattamente lo stesso: è molto facile mobilitare la gente intorno ad alcuni temi forti, trasversali. La mobilitazione però ti aiuta a buttare giù il dittatore di turno. E dopo? Sono quegli stessi che si attivano che dovrebbero cominciare a profilare un’alternativa politica, per evitare che attutendosi l’effetto mobilitante, risalti fuori la vecchia guardia”. Il numero 109 è una finestra sull’Adriatico: “Un laboratorio unico al mondo perché in uno spazio così ridotto c’è una quantità di realtà diversissime. Quello che ci interessa è l’esperienza, la storia, l’incrocio possibile tra culture e modi di vita”. La prossima uscita riguarderà le nuove forme di subalternità: “Il movimentismo sta tornando, ma le istituzioni fanno fatica a raccogliere le istanze che arrivano dalla gente. Quindi che tipo di mediazione possiamo trovare tra una forma partecipativa e una forma rappresentativa?”. Guardare al futuro partendo sempre dall’analisi storica: “Già due autori rintracciano nel ‘68 l’origine della crisi sociale ed economica in cui ci dibattiamo adesso. E allora c’è una reale connessione? Bisogna continuamente rimettersi in discussione, perché il pregiudizio non va mai bene”.
Numero 109 – III Trimestre 2011EditorialeCrocevia Adriatico L’eccezione adriatica, Franco Farinelli Hadria inquietus, Giorgio Pressburger Del viaggiare verso Oriente. Sul ruolo dello spazio adriatico, Franco Botta Come i gabbiani. L’Adriatico per completare l’Europa, Franco Cassano Centro o periferia? Breve storia di un mare, Italo Garzia Siamo tutti europei?, Silvia Godelli In Europa si suol dimenticare ogni cosa…, Drago Jančar La dialettica della creazione, Danilo Kiš Adriatico d’autore, Elvio Guagnini Per una letteratura adriatica, Giovanna ScianaticoGeopolitica delle emozioni Mare di tempeste e d’oblio, Predrag Matvejević Il vino, Ivo Andrić La piazza di Umago, Fulvio Tomizza Trieste amara, ma sempre amata, Boris Pahor Abisso infinito dell’azzurro, Evgen Bavčar Nostalgia liquida, Sanja Roić Tessere, Fabio Fiori Give peace e chance: empatia e convivenza in Adriatico, Carmencita SerinoSguardi tra le sponde Una notte con lo scafista, Diana Çiuli Così stanno umiliando il mare…, Paolo Martino Corsari di ieri e di oggi, Veit Heinichen Albania: come tutti i Sud del mondo, Joseph Roth Immaginando l’Adriatico … dai Balcani, Anastasija Gjurcinova Jugo-nostalgia, Claudio Bazzocchi Welcome in Europe!, Biancamaria Bruno Un’altra periferia è possibile!, Onofrio RomanoI Libri e gli Eventi a cura di Remo Bodei, Davide Cadeddu, Leonardo Caffo
Sandra Fratticci(12 gennaio 2012)