“Come maggior divertimento, il popolo indiano non mette i soldi da parte per andare in vacanza, ma per vedere un film”, racconta Ambili Abraham che ha tenuto uno stage di danza del cinema indiano allo IALS sabato, 9 giugno. “Cerchiamo di far conoscere Bollywood in Italia dove non è apprezzato come nelle altre parti d’Europa. L’indiano già dalla nascita ha dentro la musica, s’identifica con il ballo, non a caso le feste dei matrimoni durano 2 mesi”. Il bacio nel cinema di Bollywood è ancora un tabù. Quando due s’innamorano, lo mostrano con la musica e spuntano i ballerini per rafforzare la gioia di quel sentimento. Durante le 3 ore del film il pubblico vuole vivere i problemi di cuore, interpretati nelle 8-9 canzoni. E’ un mezzo sicuro per trasmettere agli spettatori i problemi politici della società, i sentimenti che la persona non esteriorizza. Per dimenticare le proprie insoddisfazioni, le famiglie povere si mettono la sera davanti alla tv a ballare insieme ai loro idoli.Piedi nudi, vestiti comodi, le camicette indiane e il punto rosso sulla fronte – l’atmosfera prende ritmo con il battito del piede e piano piano fa muovere con velocità tutte le parti del corpo sotto la fusione di suoni occidentali, twist, jazz, funky, hip-hop e una base di musica folkloristica. Per un’ora e mezzo i partecipanti sono stati trasportati sul set indiano, dove dovevano recitare e mimare quello che sentivano. Si balla scalzi a Bollywood per portare rispetto alla madre terra: “Prima di entrare sul palco facciamo un inchino, toccando con la mano destra la fronte, per essere benedetti ed evitare gli infortuni”, spiega Ambili. Ha studiato danza classica indiana dall’età di 5 anni ed è stata la prima a portare lo stile cinematografico a Roma nel 2000 quando è arrivata dall’India. Per acquisire le basi ci vogliono 18 mesi d’impegno: “La difficoltà è sincronizzare il movimento del corpo con quelli della mano, chiamati mudra, del piede, degli occhi. Mettere tutto insieme, avere la postura giusta e lavorare sulla velocità”. E’ più faticoso con le persone che non hanno mai ballato, però sono incuriositi e motivati a farlo. Ci sono stati dei corsisti che hanno abbandonato: “Non si è più disposti a fare sacrifici per imparare a ballare”.I partecipanti allo stage sono degli appassionati della cultura indiana. Più donne italiane che uomini, ma ai corsi vengono anche le persone di altre nazionalità: cinese, tunisina, africana, russa. “E’ una coreografia più elaborata che può dare un contributo essenziale a un ballerino che pratica altri tipi di ballo”, spiega Emanuele. “Una danza onesta, dove ti diverti e impari a scoprire il corpo”. Rennie vive in Umbria, ma ogni volta che passa per Roma, viene alle lezioni che le ricorda le sue origini. “Tramite la danza gli italiani conoscono l‘India, un modo per aiutare l’integrazione. Mi piacerebbe far crescere i miei figli con questi ritmi”. Valeria pratica due tipi di danza classica indiana: “I movimenti ispirati ai film di Bollywood sono risultato di vari stili, non vincolati a tecniche precise. Una disciplina che richiede anni di allenamento”. Con la sua presenza, Alessio dimostra che non è solo una disciplina femminile, come si crede, ma anche maschile: “Una coordinazione dei movimenti del corpo che non abbiamo in occidente”. Importante nei corsi vedere la gioia e il divertimento delle persone, lo scambio di energia, cultura e l’illusione di evadere dalla realtà in un mondo pieno di sentimenti bollywoodiani.
Raisa Ambros
(14 giugno 2012)