“I moldavi immigrati in Europa per trovare un lavoro, spesso lasciano a casa i figli con i nonni. I bambini finiscono negli istituti insieme agli orfani e ai figli dei detenuti. Tanti genitori spariscono e tornano dopo 5 o 10 anni, quando i figli sono grandi, cresciuti, educati. A questo punto tornano a vivere assieme ai figli con l’intento di usufruire del loro aiuto nei lavori domestici”, spiega Constantin Ionita, direttore del istituto-ginnasio per i bambini orfani e di quelli rimasti senza la tutela dei genitori a Straseni, in Moldova, che ha accompagnato a Roma un gruppo di 9 bambini ospitati a marzo da diverse famiglie italiane. Emozionati, i genitori putativi, hanno atteso all’aeroporto di Fiumicino i loro “figlioli”, che ospitano da qualche anno per un periodo di vacanza. I piccoli moldavi parlano benissimo italiano e la comunicazione è facilitata. L’abbraccio dell’incontro tra loro svela tutto l’affetto e il legame forte, un sentimento che non hanno mai provato nemmeno per quelli che gli hanno dato la vita.
Vederla felice fa felice noi! “Ci chiama mamma e papà. Gli abbiamo preparato una bella cameretta con pupazzi, tanti giochi e la tv, ma lei vuole dormire nel letto con noi: a volte siamo io, mio marito, Alessandra e Cicciobello, i sui bambolotti. Economicamente è un grande impegno, in quanto bisogna comprare vestiti, farle fare visite specialistiche e cure, oltre che pagare il viaggio aereo andata e ritorno, ma tutto è ripagato dalla sua felicità”. Sonia e suo marito hanno conosciuto Alessandra, la loro piccola principessa, a Natale. Per anni hanno dato ospitalità ad una bambina bielorussa, che ora è tornata a vivere con i genitori. Cosi hanno deciso di dare il calore e l’amore di una famiglia ad una bimba meno fortunata, che vive in un istituto moldavo da 3 anni, dolcissima e desiderosa d’affetto. A Natale, mentre lei era in Italia, la sua mamma è venuta a mancare e Sonia, per darle sicurezza e stabilità del loro rapporto, l’ha ospitata anche a marzo. “La cosa più brutta è vederla ripartire, Alessandra non vuole tornare in istituto, e per non farla andare via triste facciamo progetti bellissimi per quando tornerà, facendogli vedere il calendario”. Sonia e suo marito le hanno regalato anche una gita con il treno che lei non aveva mai visto e le hanno promesso di portarla al mare. “Non vediamo l’ora che torni, ci manca tantissimo, per ora ci accontentiamo di sentirla per telefono. Spero che tante altre famiglie decidano di dare una speranza a questi bimbi perché essere figli è un diritto di tutti”.
“Abbiamo portato Ilie al mare per la prima volta, ma diceva che preferiva la montagna, perché al mare aveva paura dei granchi”, racconta Fabrizio, che insieme alla moglie Piera, riceve il ragazzo da 2 anni. “Non sapeva nuotare, ma ha fatto un corso in piscina”. Ha imparato ad andare in bicicletta. Quando Ilie arriva dalla Moldova chiede: “E poi?”, ogni volta potrebbe essere l’ultima, perché la madre che è presente nella sua vita potrebbe non dare più l’autorizzazione per il viaggio. “Ci dice che vorrebbe vivere qui per sempre”, continua Piera. “Ma gli abbiamo spiegato con non può essere adottato e non vogliamo metterci in competizione con la mamma. Qui si sente sostenuto da noi, ma vuole bene anche alla madre, parla di lei con gli occhi lucidi”. Le coppie italiane non hanno un quadro chiaro del bambino, i problemi reali sono legati soprattutto alla salute: intolleranze, allergie, carie, infezioni alle orecchie, problemi di vista.Ilie ha la sua cameretta, con i giocattoli, tutti i parenti italiani hanno portato un pensiero per lui. Le ultime volte non voleva uscire, voleva rimanere in casa con le sue cose, metteva il catenaccio alla porta. Il 6 gennaio festeggia il compleanno con una bella torta. Ha anche degli amici italiani e giocano insieme. “Una volta siamo andati in pizzeria e abbiamo preso un bicchiere di birra e lui ci ha guardati strano. Sicuramente ha associato la scena con una situazione spiacevole”, racconta Fabrizio. “Poi ha visto che non ne abbiamo ordinate altre e si è tranquillizzato”. La sensibilità del bambino li ha colpiti: un giorno la madre di Piera, anziana e malata, si è alzata a prendere dell’acqua ed è apparsa spaesata a causa di problemi di vista. Ilie guardava i cartoni, ma si è accorto del suo disagio, ha preso nonna Lucia per mano e l’ha aiutata a sedersi. “Pur venendo da una situazione familiare difficile, sono sereni e aperti verso gli altri. Purtroppo sono ancora infantili, forse perché hanno sofferto e cercano di compensare le loro mancanze. Ad Ilie vogliamo molto bene e cerchiamo di dargli tutto l’affetto possibile”.“Ogni creatura ha il suo destino e la sua storia. Nell’istituto cerchiamo di dare una buona educazione. Alcuni genitori vengono a trovarli, altri, come nel caso di un padre in prigione per l’omicidio della madre, andiamo a visitarli noi, alla richiesta del direttore del penitenziario. I figli hanno assistito all’omicidio e hanno visto tutto, con l’aiuto di uno psicologo li aiutiamo a superare il trauma”, continua Ionita. “Lo scopo della loro permanenza qui è la conoscenza della lingua e della cultura italiana, della mentalità, del comportamento di una nazione europea, la possibilità di entrare in contatto con una famiglia sana e amorevole”. Ad aspettarli all’aeroporto anche una delegazione dell’ambasciata della R. Moldova. Maia Baiesu, la moglie dell’ambasciatore Aurel Baiesu, ha ringraziato tutti, a nome della comunità moldava, per l’ospitalità, generosità e affetto. La presenza dei ragazzi in Italia è possibile grazie ad un progetto dell’ associazione italiana PUER. “Nella scelta dei bambini cerchiamo di non coinvolgere quelli che hanno i genitori in Europa. Vogliamo evitare di trovarci un giorno con i genitori naturali sotto casa a pretendere i figli per quali noi garantiamo il rientro”, dice Giovanna Cassisa, il vice-presidente PUER, che insieme al marito ospita da anni due sorelle.
Raisa Ambros(20 marzo 2013)