essere questo il punto focale del convegno dove sono intervenuti, oltre al Ministro Giulio Terzi e ad Amedeo Ricucci, il Generale Massimo Panizzi, la giornalista Sonia Mancini, il fotografo e blogger Antonio Amendola e Antonio Deruda, esperto in digital diplomacy “Per organizzare la diretta TV da Haiti in seguito al terremoto sono state necessarie 24 ore. Ma già 7 minuti dopo il disastro erano partiti i primi tweet”, ha ricordato Giulio Terzi, l’unico ministro ad aver voluto per il proprio dicastero due account “social” – uno Twitter e uno Facebook – che controlla personalmente dal suo Blackberry, rispondendo in prima persona o attraverso il suo staff alle discussione sollecitate dagli utenti.Che le documentazioni prodotte dagli eserciti possano vantare la stessa oggettività, non è certo. Ma che anche la Difesa si stia ingegnando per produrre informazione in prima persona, questo sì, è un fatto. Lo ha testimoniato il Generale Massimo Panizzi, facendo notare come gli eserciti abbiano iniziato ad usare le piattaforme digital per raccontarsi in prima persona, gestendo la propria immagine pubblica e parlando di sé e del proprio lavoro. Video realizzati dai soldati e caricati su Youtube sono quindi all’ordine del giorno, ma anche Instagram – la piattaforma fotografica che permette agli utenti di comunicare attraverso foto e immagini – è un canale che sta prendendo piede grazie all’uso di quegli stessi hashtag nati da Twitter, il popolare canale di microblogging.
Le nuove tecnologie digitali consentono un’indipendenza che si manifesta anche nel lavoro di Antonio Amendola, che ha fotografato e pubblicato sul proprio blog, Fracture zone – nato dopo l’esperienza di #Caboolexpress, storie quotidiane dall’Afghanistan: analfabeti, sminatori, addestratori, bambini.Se varii sono i canali di condivisione e discussione delle informazioni, proprio Twitter è quello da cui possono ingenerarsi nuove dinamiche di (mancata) diplomazia. Antonio Deruda ha ricordato infatti come proprio su quest’ultimo sia nato un feroce scambio di tweet che ha visto protagonisti nel novembre del 2011 l’ISAF e il portavoce talebano in occasione dell’attacco alla sede della NATO di Kabul. Segno che le battaglie tra eserciti – e, talvolta, entità non statali – non si combattono più solo sul campo, ma anche in rete. E che gestire la portata di queste informazioni – e le loro conseguenze – sarà via via sempre più complesso.
Veronica Adriani(3 aprile 2013)