I migranti manifestano a Roma, “ma quale accoglienza?”

Roma meticcia
Roma meticcia

18 dicembre 2013 si manifesta per la prima volta in grande e tutti insieme, italiani e non, per la 14esima Giornata internazionale dei migranti, e si manifesta per ogni diritto: a sentire la gente, per la casa soprattutto, ma anche per il lavoro, la cittadinanza, e ovviamente contro i trattamenti riservati ai migranti nei cosiddetti “centri di accoglienza” italiani. “CIE come galere” gridano dai megafoni, in una giornata di proteste europee, in Grecia, Germania e Italia – a Bologna contro i Cie (Centri Identificazione ed Espulsione), a Mineo contro i Cara (Centri Accoglienza Richiedenti Asilo) che stranamente non sembrano mostrare molte differenze.

I rifugiati di Roma

Lo striscione dei RIFUGIATI ROMA al grido di “No impronte, no soprusi nei CIE” non è in testa come ci si aspetterebbe, ma è il più affollato. Dietro gente proveniente da paesi diversi, soprattutto eritrei ed etiopi: giovani ragazze che hanno conquistato il loro status e sono qui per il diritto alla casa, chi ancora non ha ottenuto il riconoscimento come rifugiato e chi non lo ha più “mi chiamo Davide, vengo dall’Eritrea, il mio documento da rifugiato è scaduto dopo 5 anni e sono tre giorni che sono irregolare, non ho più la casa, dormo per strada e non so dove mangiare”. Lavoro? Neanche a parlarne: sono perfettamente consapevoli che “non lo hanno gli italiani figuratevi noi”. E a veder bene, chi un lavoro lo ha, teme sempre di perderlo.

Sfilano anche donne e bambini

Tra la gente girano molte telecamere e fotografi, e stavolta alla manifestazione ci sono anche molte donne e bambini: qui il velo sembra fungere anche da strumento per non farsi riconoscere. Un gruppetto di tre donne eritree è restio a farsi intervistare perché hanno paura di essere licenziate, ma se gli chiedi dove lavorano, dicono “a casa”, “tutte le volte che volevo manifestare per i miei diritti ho dovuto dire che stavo male” ammette una di loro. In una manifestazione per i diritti al lavoro e alla casa, il diritto stesso a manifestarli è precario.

LE LOTTE CONTRO L'AUSTERITA' NON HANNO FRONTIERE @ Santa Maria Maggiore
LE LOTTE CONTRO L’AUSTERITA’ NON HANNO FRONTIERE @ Santa Maria Maggiore

Anche Martin prende parte alla protesta. Lui aveva solo 17 anni quando ha lasciato la Costa D’Avorio: “Sono fuggito a causa della guerra, hanno ucciso la mia famiglia. Ho pagato i trafficanti e fatto il viaggio in barca: 4 giorni in mare, mangiando dentifricio e bevendo la nostra urina, perché non c’erano più cibo e acqua”. È arrivato in Sicilia e da lì a Roma, dove ha ottenuto la protezione internazionale: “Ho imparato l’italiano, ottenuto il diploma di terza media e frequentato una scuola di informatica”. Nonostante questo non riesce a trovare un impiego: “Vado a bussare porta a porta, ma la risposta è sempre la stessa ‘Assumiamo solo italiani’”. “Io non voglio tornare nel mio paese, voglio vivere qui, ma senza lavoro come posso andare avanti?”

Per una casa non in nero

Una donna tunisina, circondata dalle sue amiche, racconta “c’è sempre un significato personale quando si partecipa a una manifestazione, io sono qui per il diritto alla casa e al lavoro – affitti troppo alti e stipendi troppo bassi. Abbiamo bambini da mantenere, io ne ho tre e un marito che è stato licenziato dopo 30 anni di lavoro, hanno detto perché ormai ha 50 anni e con la crisi c’è bisogno di risparmiare. Allora vogliono levarci dalla casa popolare e siamo entrati in occupazione – al Laurentino38. Noi non chiediamo tanto, con 1000 euro al mese ce la potremmo fare. Siamo due famiglie tunisine” continua a raccontare la donna “e viviamo insieme a italiani, sudamericani e marocchini. La convivenza ha cose buone e cattive, ma come si dice, l’importante è trovare gli amici giusti”. Anche un’altra donna, dall’Ucraina è qui “per la casa con contratto e non in nero. Dopo 15 anni mi hanno buttata fuori, come una gatta. Ora ho fatto l’iscrizione per una casa popolare, ma la lista è lunghissima”. Lei è in manifestazione da sola, dietro lo striscione dei rifugiati, sembra un po’ disorientata “non capisco perché parlino di fascismo”. La testa del corteo in effetti è rappresentata dagli studenti e dal movimento che dice “STOP a sfratti, sgomberi e pignoramenti”, ma tutto lo spirito sembra affievolirsi di fronte a un desiderio politico di dare contro alla contrmporanea manifestazione, paradossalmente antagonista, quella dei cosiddetti “forconi”.

“Oramai ci sono tante persone come noi e stiamo creando una bella realtà” grida un ragazzo di seconda generazione e Una mamma di origine straniera dichiara “io, da quando sono nata, so cosa significhi avere un’identità, ma voglio lo stesso diritto per i miei 4 figli che sono nati qui e si sentono italiani”.

È esasperato anche Franco, per le morti in mare ignorate per 15 anni e “scoperte” dai politici italiani solo dopo l’ultima tragedia diel 3 ottobre a Lampedusa. “Siamo stati trattati come animali e quello che è successo a Lampedusa ne è la dimostrazione”. É esasperato per un sistema di accoglienza che si riduce a dare un piatto di pasta, ignorando lo shock culturale di chi arriva qui e, soprattutto, alimenta il business dei centri di accoglienza. Lui ne ha girati tanti, uno peggiore dell’altro: “A Finocchio eravamo in 110 all’interno di una sola casa: 5 per stanza. Il Comune per ogni migrante paga 1500 euro. Senza fornire alcun tipo di servizio: i corsi di italiano sono a pagamento. 

RIFUGIATI ROMA - via Cavour
RIFUGIATI ROMA – via Cavour

Posizioni diverse per due manifestazioni

Proclamata dall’Onu nel 1990, il 18 dicembre è la Giornata in cui vide la luce la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, mai firmata né ratificata dall’Italia. Un ideale di giustizia sociale che si è snodato a Roma in un corteo che da Santa Maria Maggiore ha toccato Piazza Vittorio, San Lorenzo, Piazzale Aldo Moro, fino a Piazza Indipendenza.
Cinquemila presenze secondo gli organizzatori. E stavolta non c’è la classica controreplica al ribasso della Questura: non si è potuta pronunciare visto che solo un giorno prima aveva stabilito il ritiro dell’autorizzazione al corteo a favore del raduno dei forconi.
E così la manifestazione autorizzata si è rivelata un flop, con una stima che oscilla tra un migliaio e 3mila persone, radunate a Piazza del Popolo insieme a Casapound e i Movimenti per la casa (anche qui); mentre quella “illegale” di sicuro non ha mai radunato così tanta gente, italiani e stranieri, per una tema di questo tipo.
Dire che siamo qui per solidarietà sarebbe una falsità” spiega un ragazzo, siamo qui perché ci dovrebbero stare tutti, la condizione degli stranieri è anche la nostra, in quanto precario non potevo non esserci, i diritti sono universali”. Una sensazione di condivisione che sembra confermata  “c’è una nuova generazione diversa che sta crescendo” dice un ragazzo dal Senegal davanti a una telecamera.

NO C.I.E. - via Tiburtina
NO C.I.E. – via Tiburtina

La manifestazione di Roma ha dedicato la giornata a una persona in particolare, “Molui, il ragazzo eritreo che hanno suicidato a Mineo”, 21 anni, abbandonato a sé stesso dopo un viaggio attraverso mare e deserto per raggiungere una “terra promessa” che si è dimostrata non tanto diversa da quella lasciata. Il CIE è spesso la prima esperienza italiana dei migranti, tanto che molti di loro rimangono poi (piacevolmente) colpiti quando sperimentano la “società reale”, quasi sempre più accogliente dello Stato.

Accoglienza?” gridano dal furgone di testa, “scene del genere non hanno nulla a che fare con questa parola”. Ci si riferisce alle immagini da poco salite alle cronache, di docce in cortili gelati, sia per uomini che per donne, denudati come animali e disinfestati in massa contro malattie, quali la scabbia, che molti non avevano prima di mettere piede in Italia. Violenza sotto forma di internamento, abusi, umiliazioni e ricatti: queste le esperienze che molti raccontano. Particolarmente grave poi che tra questi ci siano anche i 16 testimoni del procedimento aperto dalla Procura di Agrigento contro scafisti e trafficanti, sopravvissuti al terribile naufragio del 3 ottobre 2013 che vide morire 368 donne, uomini e bambini.

Oggi richiediamo a gran voce una nuova carta delle migrazioni”, la cosiddetta Carta di Lampedusa, che sarà discussa dal 31 gennaio al 2 febbraio 2014: decine di movimenti e associazioni europei e nordafricani invitano all’assemblea plenaria che ne discuterà i contenuti a partire da una serie di valori ed esperienze: “la libertà di muoversi o restare, le mobilitazioni contro espulsioni e respingimenti, il diritto a occupare case vuote per chi è senza casa, le lotte per il reddito equo, la dignità nel lavoro e contro lo schiavismo del caporalato, la solidarietà e le pratiche di mutuo soccorso e cooperazione, il rifiuto di certe leggi (v. Bossi-Fini), i percorsi di contrasto alle discriminazioni e al razzismo, le battaglie contro i centri di detenzione e confinamento, la richiesta di nuovi diritti di cittadinanza più estesi e plurali”.  I migranti indicano la strada del superamento delle ideologie per guardare ai fatti, alla realtà di tutti i giorni che va cambiata nell’interesse di tutti.

Alice Rinaldi(19 dicembre 2013)