Questione d’immagine: i migranti raccontati attraverso le fotografie

Tutti le guardano, ma solo alcuni cercano di capire, cosa c’è dietro ad esse. Si è parlato di immagini e fotografie al seminario organizzato venerdì 16 ottobre da Redattore sociale, Associazione Parsec e Zona per parlare di immigrazione narrata tramite il racconto visivo.

L’incontro, il cui scopo è stato quello di avvicinare chi lavora quotidianamente con l’informazione alle tematiche riguardanti la scelta delle immagini nelle storie d’immigrazione, faceva parte del progetto Questione d’immagine. La rappresentazione del sociale sui media che nasce come prosecuzione ideale di Parlare civile. Stavolta, però, il punto di approfondimento non sono le parole, ma le immagini e il loro uso nelle storie con tematiche sociali: Immigrazione, Rom, Genere, Aids, Droghe.

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Sono cinque le tematiche sociali importanti su cui si focalizza il progetto Questione d’immagine. Foto: sito web del progetto

“Quando scriviamo sul sociale, spesso abbiamo di fronte storie molto drammatiche,” ricorda la giornalista freelance Raffaela Cosentino e non per caso lo spunto per la discussione è la fotografia di Aylan, il bambino siriano morto durante il viaggio in Europa che ancora continua a nutrire il dibattito pubblico, ma anche quello professionale giornalistico. “Se la foto può servire a raccontare qualcosa, o aggiungere il significato reale, perchè non pubblicarla?,” chiede la giornalista Francesca Paci.

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Durante il seminario Questione d’immagine hanno intervenuto vari professionisti del settore: da sinistra Valerio Cataldi della RAI, Stefano Trasatti del Redattore Sociale e Tiziana Faraoni di Espresso.

Le immagini d’immigrazione, però, sembrano ancora essere bloccate nelle stesse categorie, stessi soggetti con stessi significati stereotipici, ricorda Andrea Pogliano, uno dei ricercatori coinvolti nel progetto Questione d’immagine. Uomini di colore a raccogliere pomodori come soggetti deboli, l’immagine di massa di persone rispetto a quella dell’individuo, i barconi come una metafora dell’invasione. Si continua a ripetere gli stessi schemi.

Bisognerebbe, come hanno sottolineato i relatori, uscire dalla solita pigrizia, dalle solite categorie. Non solo da giornalisti, combattendo le rappresentazioni stereotipate e i luoghi comuni di alcuni fenomeni, ma anche da pubblico che riceve le informazioni – anche quelle visive – andando sotto i loro significati facili, cercando quelli nascosti dietro di esse.

Petra Barteková

(21 ottobre 2015)