
“Abbiamo iniziato 8 anni fa, realizzando 6 numeri. Con successo perché là dove li abbiamo distribuiti sono andati a ruba”, così Pietro Licciardi, direttore responsabile di Melting, racconta della nascita della rivista nel 2010 e chiusa nello stesso anno in ottobre.
Melting: otto anni fa, l’idea.
“Tutto è nato quando ci siamo resi conto che l’informazione che avevano gli extra-comunitari era estremamente blindata: la TV satellitare era la loro unica fonte di informazione sul mondo esterno e contemporaneamente avevano i loro bollettini che venivano distribuiti in migliaia di copie ma solo all’interno della stessa comunità”, Franz Gustincich, direttore di Meltig, traccia l’origine dell’idea.
“Abbiamo condotto un sondaggio per capire gli interessi degli extracomunitari, chiedendo in giro ai venditori delle bancarelle, agli ambulanti, in modo molto informale e senza alcuna pretesa di scientificità. È emerso che la prima cosa per loro era essere informati su come muoversi all’interno della burocrazia”. Da qui la realizzazione delle prime pagine riservate ai servizi, ma rimaneva un grande ostacolo: la lingua “perché la maggior parte di loro non parlava un italiano sufficiente”. La scoperta di una lingua semplificata è stata la risposta e così “insieme a Sergio Kraisky, professore specializzato nell’insegnamento deella lingua italiana agli stranieri, si è scelto come riferimento il livello di un sussidiario di quarta elementare, adattando tutti gli articoli”. Non tutte le parole potevano però essere semplificate così le più difficili erano evidenziate in rosso e rimandavano a una spiegazione più approfondita.
“Da lì abbiamo sviluppato il resto del discorso mettendoci a lavorare sull’informazione un po’ a 360 gradi, quindi il progetto è diventato un giornale generalista che parlasse un po’ di tutto ma soprattutto dei problemi degli stranieri. Siamo partiti con uno staff di otto persone, tra cui anche Rahid Ahmed, unico straniero.
“Fin dall’inizio abbiamo capito che per farlo leggere avevamo bisogno di trovare un modo per attrarre i lettori, abbiamo scritto delle storie nelle loro lingue. Siamo partiti con cinque lingue e alla fine siamo arrivati a sette
Melting: gli alti costi e la chiusura nel 2010
“Solo sei numeri, ma ogni numero era molto costoso intorno ai 12-13mila euro, per questo poi abbiamo dovuto chiudere. Ce l’avremmo fatta se le aziende avessero continuato a sostenerci: la prima è stata Vodafone, poi Unicredit, poi Tim. Stampavamo 21mila copie a numero, la distribuzione era tra le principali città italiane soprattutto Roma e Milano e davamo lavoro per la distribuzione a delle cooperative di migranti. Dopo le fotografie la distribuzione era il costo più alto”, spiega Gustincich.
La scelta della carta stampata ha comportato costi alti, ma era indiscutibile perché volevamo abbattere la difficoltà di procurarsi le informazioni dovendole cercare tra le tante presenti online non sapendosi orientare.
“L’esigenza di realizzarlo in carta stampata in un preciso formato, 16,5 x 24 cm, era legata al fatto che la maggior parte delle persone straniere che lavorano a Roma si spostano con i mezzi, stanno spesso in piedi, hanno una mano sola libera e questo formato consente di leggere i testi e sfogliare il giornale senza aver bisogno di due mani. In concreto: 21mila copie distribuite spesso non bastavano, ma sul sito web non avevamo neanche 500 visite al mese”.
Melting: il ritorno?
L’idea di tornare dopo otto anni è nata “perché le condizioni che ci hanno spinto a realizzare questo progetto allora non sono cambiate. Non solo ma anche perché sullo stesso fenomeno dell’immigrazione abbiamo visioni diverse già tra Licciardi e me. Stiamo cercando di riprendere gli stessi sponsor di prima, Vodafone soprattutto, e poi vedremo per altri, certo è che per fare le cose fatte bene occorrono tanti soldi per questo abbiamo lanciato un crowdfunding”.
Qualche idea su come sarà il primo numero dell’eventuale ripresa già c’è “anche se non abbiamo ancora definito una linea comune. Ci saranno meno pagine in lingua originale, non mancheranno quelle sui servizi, ma a me piacerebbe trovare il modo di far conoscere gli stranieri tra di loro: le tradizioni, le culture, i pregiudizi che influenzano anche i rapporti commerciali: un cinese non prenderà mai in affitto un appartamento al quarto piano perché porta sfortuna”, conclude Licciardi.
Silvia Costantini
(20 gennaio 2019)