Green Border: un verde che non lascia speranza

Con “Green Border” (Zielona granica) in concorso alla 80° Mostra del Cinema di
Venezia, la regista Agnieszka Holland torna ad accendere i riflettori sulle contraddizioni del
Vecchio Continente.Green Border il film

Da Europa Europa a Green Border

A più di trent’anni di distanza da “Europa Europa”, film sull’olocausto candidato all’Oscar 1992 per miglior sceneggiatura, la regista polacca si trova nuovamente a dare risalto ad una silenziosa emergenza umanitaria che si sta consumando a così poca distanza dal mondo occidentale. Alle sue porte, per l’esattezza lungo il confine tra Polonia e Bielorussia, dove a partire dal 2015 migliaia di migranti provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa, si sono trovati intrappolati nel disperato tentativo di inseguire il sogno di un facile accesso all’Unione Europea.

Green Border: lasciate ogni speranza

Il film inizia con la definizione del sogno di libertà che prende contorni sempre più nitidi, quasi credibili: a bordo di un aereo una famiglia siriana fugge dalla guerra, una donna afghana scappa dai talebani, ma l’illusione viene presto stroncata dall’atterraggio in Bielorussia.
I migranti si trovano così impantanati tanto fisicamente nella paludosa foresta che fa da verde confine con la Polonia, quanto politicamente tra due schieramenti contrapposti. Da un lato la propaganda bielorussa che, con lo scopo di creare destabilizzazione, attira i rifugiati provenienti da Medio Oriente e Africa con l’illusione di un facile accesso all’Europa. Dall’altro la Polonia che, in piena violazione del diritto internazionale, respinge i migranti accusandoli di essere “proiettili umani al soldo della Bielorussia”. In un ciclico rimbalzare tra l’illusione che le porte dell’occidente vengano finalmente dischiuse loro, e la cruda disillusione concretizzata in un violento rifiuto, dando così vitaalle parole della colonna sonora che  accompagna il finale del film “Mourir mille fois” (“morire mille volte”).

Green Border: c’è chi non è indifferente

In questo contesto si dipanano, dai due lati opposti del confine, le vicende di Julia, psicologa polacca, vedova che a proprio rischio e pericolo decide di non rimanere indifferente di fronte all’orrore che la circonda, e Jan, una giovane guardia di frontiera, che nel corso del film dischiuderà gli occhi sulle atrocità di cui si sta rendendo partecipe.
Le riprese in bianco e nero, levano colore alla oscura foresta che di verde speranza ha ben poco, ma portano alla luce le atrocità a cui vengono sottoposti i migranti in attesa di essere riconosiuti come rifugiati politici. In un incrocio tra film e documentario, con dettagli potenti e immagini laceranti, la Holland ripropone fedelmente i soprusi e le violenze che si stanno consumando a così poca distanza da noi, e risveglia la morale del pubblico che non può restare indifferente e si trova costretto a riflettere su una crisi geopolitica tanto vicina quanto dimenticata.

Rocco Ricciardelli
(6settembre2023)

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