La marcia della pace di Assisi tra Gaza e Ucraina

La marcia della pace di Assisi si è tenuta sabato 21 settembre 2024. La marcia è nata nel 1961 da un idea di Aldo Capitini, filosofo, politico, antifascista, poeta, allora docente all’università di Perugia. Capitani volle ricreare in Italia le marce per la pace che aveva visto in Inghilterra, fu soprannominato il Gandhi italiano poichè fu uno dei primi a professare il pensiero nonviolento gandhiano. Da evento unico, la marcia della pace di Assisi, si è trasformato in una tradizione, un imperdibile appuntamento annuale per migliaia di persone che ogni anno sfilano in un lungo corteo.

La marcia della pace di Assisi: edizione 2024

Organizzata dalla fondazione PerugiaAssisi e dal coordinamento nazionale enti locali per la pace e i diritti umani, la storica marcia è arrivata sabato 21 settembre alla sua sessantatreesima edizione. Per motivi organizzativi quest’anno la marcia è partita dalla basilica di Santa Maria degli angeli, per raggiungere la piazza del comune di Assisi, una strada in salita che rappresenta la fatica e la volontà di migliaia di persone nel raggiungere la pace nel mondo. Prima della marcia, avvenuta alle 15,  davanti alla basilica di Santa Maria degli angeli quattro artisti hanno realizzato un grande dipinto per la festa degli angeli di domenica 22 settembre, una festa dedicata ai bambini che non ci sono più. Contemporaneamente all’hotel Domus pacis di Assisi hanno avuto luogo una serie di incontri sul tema della pace condotti da Flavio Lotti, presidente della fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace. “Non è scontato avere tanti europarlamentari qui ad Assisi” ha esordito la sindaca della città Stefania Proiettisegno che il popolo della pace va oltre i confini di Assisi, di Perugia, dell’Umbria e va oltre i confini dell’Italia”.

La marcia della pace di Assisi e la guerra in Ucraina

Molti gli interventi e i temi affrontati nel corso della mattinata da intellettuali, professori, politici, giornalisti e studenti. Dall’efficenza mediatica nei confronti della manipolazione mentale, fino alla discussione tra parlamentari europei riguardo la preoccupante questione del conflitto Russo Ucraino. Conflitto quanto mai attuale e presente nelle scelte di Bruxelles dove  la scorsa settimana è stata approvata una mozione dal parlamento europeo che prevede l’autorizzazione all’uso di armi europee da parte dell’Ucraina per colpire obbiettivi sul territorio Russo. “L’utilizzo di armi europee sul territorio Russo è di fatto una dichiarazione di guerra alla Russia, è l’ammissione dell’incapacità di provare una strada nuova per affrontare il tema della guerra” dichiara ai microfoni di Piuculture il parlamentare Gaetano Pedullà, membro del M5, fondatore e direttore del quotidiano La Notizia. “Prevale in questo momento tra le forze politiche europee, tra i capi di governo, l’indicazione di finanziare la guerra fino alla fine, cioè fino alla vittoria sulla Russia. Noi abbiamo la consapevolezza che una vittoria del genere è impossibile e proponiamo di cambiare passo: Non più un euro per le armi. Continuare a finanziare l’industria bellica vuol dire sottrarre risorse a quello che oggi serve di più: la sanità, i servizi, il welfare, tutto quello che i cittadini chiedono e che si vedono tagliato in modo indiscriminato dall’Italia alla Grecia, dall’Olanda alla Francia, alla Germania. A Putin si può dire che possiamo valutare di togliere le sanzioni se si siede al tavolo delle trattative, possiamo pensare di fare ragionamenti di compensazione sui territori, preservando nel miglior modo possibile l’integrità dell’Ucraina” Sulla facilità di portare al tavolo delle trattative la Russia non è molto d’accordo il parlamentare europeo del PD Matteo Ricci, il quale dice essere “un lavoro lunghissimo, difficilissimo” ma che comunque rimane  “l’unico per impedire il coinvolgimento di altri paesi nel conflitto. Io penso che si possa stare nettamente dalla parte del popolo invaso e al tempo stesso essere per la pace e soprattutto rendersi conto, dopo due anni e mezzo di guerra, che noi veramente rischiamo la terza guerra mondiale se non si apre presto un negoziato tra quei due paesi. Io personalmente ho votato no all’utilizzo di armi europee in territorio Russo perché temo l’escalation militare, però purtroppo il parlamento europeo ne ha approvato l’utilizzo”

La marcia della pace di Assisi: il ruolo dei media

Un altro tema molto rilevante è quello della propaganda, della manipolazione e censura al tempo della guerra, sul questo tema si sono confrontati i giornalisti Max Brod  e Giuseppe Giulietti  e lo scrittore Giuseppe Reale. Brod silenzia la sala con una semplice quanto mirata e penetrante domanda: “cosa si prova ad essere invisibili? Io non vedo il popolo dei portatori di pace. Dopo due anni di guerra non conosciamo una faccia che sia un portavoce di pace di questo paese, Gino Strada, purtroppo non c’è più. Quelli che sono portatori di pace oggi non hanno uno spazio sui mezzi di informazione“. Giuseppe Giulietti, fondatore dell’associazione articolo 21, ente per il diritto della libera informazione, ritiene che “La guerra accentui i bavagli ma che questi fossero antecedenti alla guerra. L’assalto in corso è al pensiero critico in tutte le sue forme, guai a pensare che qualcuno difenda un articolo della Costituzione. Denuncio l’inquinamento e vado in carcere, faccio un blocco stradale per le morti sul lavoro e pago, non paga l’inquinatore e non paga lo sfruttatore. Questa è la sostituzione etica, non etnica. Bisognerebbe reagire, perché non vogliono che i giornali entrino a Gaza? Attenzione però, non voglio che i giornalisti facciano di questa disposizione un alibi, i mezzi per raccontare quanto avviene ci sono ed avete il dovere di raccontare!” Ed a proposito di persone allontanate a seguito della guerra tra Israele e Palestina una testimonianza significativa è anche quella di Andrea De Domenico, già direttore dell’ufficio ONU per il coordinamento degli affari umanitari nei territori palestinesi occupati (OCHA)al quale, a seguito dell’invasione di Gaza è stato revocato il visto. “L’ultimo rinnovo mi era stato dato solo per un mese, gli israeliani infatti avevano lanciato delle soluzioni punitive nei confronti delle Nazioni Unite a seguito della pubblicazione del rapporto sui bambini ed i conflitti armati. Poi mi hanno chiamato dall’ufficio degli affari esteri dicendomi di fare le valigie perché il visto non me lo avrebbero più aggiornato, questa è stata la mia punizione. Lavorare in quei luoghi mi ha coinvolto molto emotivamente, cinque anni ti danno tempo di creare molte relazioni: amici, colleghi. La prima volta che sono tornato al nord dopo l’inizio della guerra non riuscivo a riconoscere luoghi a me familiari, è stato terrificante” racconta De Domenico a Piuculture e “Mentre la cosa più bella che avrei voluto raccontare sarebbe stata la fine della guerra”.

La marcia della pace di Assisi: che fare per evitare la guerra

Fabiana Crucianicoordinatrice della rete nazionale delle scuole di pace crede che “la scuola abbia il compito di formare cittadini consapevoli, ciò significa educarli al rispetto, queste sono parole che dialogano con la parola pace. E la nostra costituzione nata dalle macerie della guerra è una costituzione che vuole la pace”. Per Michele Santoro, giornalista e già membo del parlamento europeo “Noi stiamo vivendo due conflitti che mettono in discussione gli equilibri geopolitici del mondo, non dobbiamo solo trovare la soluzione pacifica alla guerra, ma anche quella politica che ci porti a far finire per sempre le guerre” Poi le parole di Marta Bonafoni coordinatrice della segreteria del PD “Inizierò il mio intervento disarmando il linguaggio perchè questo tra noi troppe volte utilizza ciò che dobbiamo scansare. Siamo incastrati dentro un dibattito che riesce solo a dire prima le armi, dibattito che ci porta dentro un vicolo cieco. Voi questa mattina ci avete permesso di riabbracciare anzi che imbracciare le parole: trattativa, diplomazia, multilateralismo, persino nazioni unite, parole che sono sparite dal nostro vocabolario comune. Non posso non condividere la denuncia arrivata questa mattina dal palco, i mass media, l’informazione ci hanno incastrato in un assuefazione in cui tutto ormai ci sembra banalmente accettabile. Noi oggi qui diciamo che possiamo agire in controtendenza. Solo i social hanno fatto eccezzione, abbiamo visto i nostri ragazzi scendere in strada come reazione alla guerra di Gaza e la prima risposta dal governo Italiano sono stati i manganelli, dobbiamo essere scudo dei giovani rispetto ad un escalation sempre più imminente”. E Bonafoni conclude dicendo “Grazie  a quella contrarietà alla guerra che non recede, a quella parte dei giornali che la raccontano, grazie per come oggi voi ci aiutate per far sì che quella semina quotidiana non venga consegnata all’indifferenza. Grazie perché ci restituite anche cosi la fatica che quotidianamente facciamo anche dentro il principale partito dell’opposizione.”

La marcia della pace di Assisi: la piazza

Sono quasi le tre del pomeriggio, fuori dalla struttura che ha ospitato l’incontro la piazza è affollata, ogni angolo è pieno di bandiere e cartelloni, uno scuolabus apre la marcia e dietro la gente canta e va verso la piazza, gli uni accanto agli altri, per mandare un solo messaggio vogliamo la pace!. Sono tutti in posizione, pronti per partire, le strade sono chiuse, la gente è felice che il meteo sia clemente e regali un cielo limpido ed un piacevole sole che scalda mentre un insieme di bambini apre il corteo. Tra i partecipanti c’è Mohamed “vengo dalla provincia di Fermo e rappresento la comunità musulmana di questa città delle Marche. Abbiamo voluto partecipare oggi alla marcia della pace perché nel mondo ci sono troppe guerre, troppi morti, vogliamo dare il nostro contributo a far vivere questo valore che si sta perdendo in tutto il mondo. Purtroppo non vediamo altro che guerre, secondo noi la peggiore è quella che si sta vivendo a Gaza ed in Palestina. Nessuno è stato risparmiato: nè bambini, nè donne, nè ospedali, nè ambulanze, nè luoghi di rifugio, e non è stato rispettato nessun accordo internazionale. Dobbiamo collaborare e trovare una soluzione tutti assieme, prima di perdere la nostra umanità ed i nostri valori”. Nella piazza non manca la sicurezza, sono presenti polizia e militari, un altro aspetto che ci dovrebbe far riflettere, quello di dover comunque portare le armi ad una manifestazione nata per abolirle.

Testo e foto di Lorenzo Pugliese (23settembre2024)

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