Pakistan Italia così diversi, così uguali

Nel sole caldo di una luminosa giornata d’autunno l’ambasciatore del Pakistan Tehmina Janjua, seduta su un divano beige, dove spicca il suo elegante abito rosso ciliegia, racconta la comunità pakistana in Italia, i suoi progetti economici e culturali: l’intento è di far conoscere il Pakistan come un paese dalla cultura millenaria, dalle tante sfaccettature che tende invece a essere noto alla maggioranza delle persone per il terrorismo e come il luogo dove è stato catturato e ucciso Osama bin Laden,

L’immigrazione pakistana in Italia risale all’inizio degli anni ’90, oggi la comunità è costituita da quasi 80mila residenti che abitano prevalentemente nel aree industriali del Nord Italia dove vive  il 74 % dei pakistani, soprattutto in Lombardia – il 44 % del totale – in Emilia Romagna e Alto Adige. Anche il Lazio e in particolare la provincia di Roma vede la presenza di un elevato numero di connazionali, complessivamente quasi tremila”. La maggior parte dei Pakistani ha ottenuto la regolarizzazione con la sanatoria del ’98, i nuovi arrivi avvengono prevalentemente per ricongiungimento familiare o attraverso le quote flussi mentre negli ultimi tempi si è molto ridotta l’ immigrazione irregolare.

Perchè l’Italia? Negli anni‘60 la meta dell’immigrazione è stata la Gran Bretagna, un paese con il quale la classe colta condivide una lingua: l’inglese, dovuto alla colonizzazione, mentre l’idioma nazionale è l’urdu. Negli anni ’80 e ’90 l’emigrazione si sposta verso altri paesi d’Europa e “L’Italia è diventata una delle destinazione dei giovani uomini che partivano scegliendo in base alle opportunità di lavoro, per il clima mite e anche, strano a dirsi, per alcune similitudini fra il vostro paese e il Pakistan: il senso della famiglia con legami forti e collaborazione e  le competenze lavorative richieste. Purtroppo le somiglianze non si limitano a questo, abbiamo anche problemi simili: il terrorismo, la corruzione, i terremoti. Voi avete vinto la battaglia contro l’eversione terrorista, nel nostro paese è attualità, la sicurezza è una preoccupazione costante a causa degli attentati che si ripetono periodicamente, un dramma che avete conosciuto, anche se il numero delle vittime in Italia è stato contenuto, ma non per questo avete vissuto anni meno pesanti. I civili pakistani morti a causa del terrorismo in 10 anni arrivano a  quarantamila, settemila fra le forze dell’ordine, i nostri problemi sono soprattutto nelle regioni al confine con l’Afganistan, una frontiera lunga oltre tremila chilometri, sono convinta che saremo capaci di fermare il  terrorismo, il popolo pakistano è stanco di questa situazione”.

Per primi gli uomini Oltre alla possibilità di guadagno la scelta dei paesi nei quali emigrare è dovuta anche alla rete di conoscenze di tipo etnico e geografico. Un ruolo importante nel supporto dei nuovi arrivati viene dalle famiglie allargate che forniscono aiuti e relazioni. In Italia sono arrivati prima gli uomini, come accade spesso per le migrazioni provenienti dall’Asia. Trovano occupazione nell’agricoltura, nell’industria, con il tempo alcuni diventano commercianti e aprono attività di servizio per gli immigrati e reinvestono parte dei proventi nell’economia Italiana. Contribuiscono anche all’economia del paese d’origine con le rimesse che consentono alle famiglie di elevare il livello di vita e di istruzione. E’ un processo migratorio nel quale si alternano allontanamenti e ricongiungimenti che mette alla prova la famiglia, gli uomini lavorano intensamente per creare in Italia una situazione dignitosa per gli affetti con i quali ambiscono a ricongiungersi.

Il bianco e il nero dei ricongiungimenti “Per le mogli e i figli che arrivano in Italia non mancano le difficoltà, a casa spesso avevano migliorato il loro livello di vita grazie alle rimesse e al diverso valore del denaro che consente di avere in Pakistan una buona qualità di vita a costi inferiori che in Italia, arrivati nel vostro paese, dove la vita è più cara,  capita che i ragazzi e le madri soffrano dell’abbassamento del livello di benessere e abbiano difficoltà di inserimento dovute ad esempio alla lingua differente. Il ricongiungimento fa supporre che queste famiglie non abbiano intenzione di tornare in Pakistan e sempre di più i figli nascono in Italia”.

Terremoti Tehmina Janjua conosce il dramma dei disastri naturali poiché il Pakistan sorge in un’area a forte rischio sismico, l’ambasciatore si è recata in Emilia Romagna dopo il terremoto e ha incontrato anche i sindaci che “mi hanno testimoniato grandi riconoscimenti ai pakistani residenti nei loro territori: tenaci lavoratori che contribuiscono all’economia locale, rispettosi dei ruoli, si sono impegnati attivamente nel rimettere in piedi le attività e le strutture colpite dal sisma”.

La conquista del K2 L’Italia intesse relazioni con il Pakistan fin dalle origini, nel 1947, in seguito all’indipendenza dalla Gran Bretagna “nel 1952 Ardito Desio, geologo, geografo, esploratore e alpinista  effettua il suo primo viaggio  in Pakistan  per predisporre una spedizione sul K2″, in quegli anni ebbe l’incarico dal Governo Pakistano di esaminare le cause che  in tre mesi avevano fatto progredire di 12 km il ghiacciaio Kuthiah invadendo la valle sottostante. In seguito Desio ottenne dal Governo Pakistano il permesso per organizzare la spedizione sul K2. La cima tentata invano da spedizioni di diversi paesi del mondo venne conquistata per la prima volta nell’estate ’54 e da allora fu definita  la montagna degli italiani.

Nello scambio commerciale con il Pakistan, l’Italia ha registrato saldi positivi e  andamento crescente. Tehmina Janjua punta a una collaborazione fra i due paesi basata “sul consolidamento di intese economiche che ci sono e devono procedere positivamente. Il mio obiettivo è multi programma: sviluppare relazioni con il governo sia a livello centrale che locale, e con le forze economiche affinché si realizzino benefici reciproci. Cerchiamo imprese che vogliano investire nel nostro paese sia di grandi dimensioni, come nel caso dell’accordo realizzato con ENI, che aziende piccole, a conduzione famigliare, per realizzare relazioni e reciproca convenienza”.

La cultura A fronte di rapporti economici in attivo  “il rammarico è che la nostra cultura, antica di oltre 5000 anni, sia poco conosciuta nel vostro paese, il mio impegno sarà anche in questa direzione: far conoscere la nostra musica, la pittura, la scultura, la tessitura, l’arte del passato, ma anche gli artisti contemporanei. L’idea è di realizzare una serie di appuntamenti continuativi, non a spot e anche occasioni conviviali come la condivisione di tradizioni culinarie che possano essere occasione di conoscenza”.

Terrorismo Episodi recenti come quelli che hanno coinvolto alcune giovani ragazze: Rimsha, tredicenne cristiana accusata di essere blasfema, e Malala, studentessa colpita in maniera esemplare mentre tornava da scuola, perchè diventata celebre a tredici anni per il blog scritto per la BBC che illustrava l’attività dei talebani nel suo territorio ed era attiva nella lotta per i diritti civili, alimentano i pregiudizi nei confronti del Pakistan, “la cultura del mio paese, e anche quella della sua comunità immigrata in Italia, è complessa e ha valori contrastanti. E’ riduttivo parlare dei pakistani senza far riferimento alla differenze culturali, di classe economica e sociale, di provenienza urbana o rurale. Le origini del problema sono sempre le stesse: la povertà e l’analfabetismo, non la religione. E’ necessario uno sforzo collettivo per battere la disoccupazione, elevare il livello di istruzione e migliorare le condizioni di salute della popolazione. Uno impegno nazionale e internazionale per battere il terrorismo. In questa direzione si muovono i progetti obiettivo che vedono la collaborazione dell’Italia e di altri paesi europei, coinvolgono settori come la salute, è il caso dell’impegno per la talassemia, o l’educazione. Queste azioni positive hanno efficacia nella comunicazione fra i due paesi, rimangono nella mente dei pakistani.

Il ruolo della donna Nel nostro paese non c’è un tetto che impedisca alle donne di arrivare ai vertici: ben undici fra i nostri ambasciatori sono ambasciatrici e parrà incredibile ma il 22% dei parlamentari è donna, contro meno del 18% in Italia. Le elette stanno lavorando con tenacia affinché la questione della donna passi dalla protezione al diritto anche se probabilmente in parte delle famiglie c’è ancora molta strada da fare. La mia esperienza personale è una  conferma delle possibilità che hanno le donne nel nostro paese: appartengo a una famiglia della middle class, siamo quattro sorelle, tutte si sono impegnate per diventare professioniste. Io sono stata molto fortunata, dopo gli studi in Pakistan mi sono laureata in International Affairs alla Columbia University di New York, mi sono occupata di politica estera sia in patria che nelle organizzazioni internazionali, ho lavorato con persone eccellenti e il fatto di essere donna non è stato uno svantaggio. Mi sono sposata con Syed Mansur Raza, pakistano, rimasto a Ginevra dove lavora per WIPO, l’organismo delle Nazioni Unite che si occupa di proprietà intelletuale relative alle creazioni della mente: invenzioni, letteratura, arte e simboli, nomi, immagini usate nel commercio”. E in linea con il suo lavoro Tehmina Janjua ama viaggiare anche come turista: scoprire paesi, monumenti, culture diverse, cibi, soprattutto dolci, “sono golosa, ma per la salute non dovrei”. Porta con se saggi di politica, ma non disdegna di rilassarsi sfogliando Elle o l’edizione pakistana di Hello! .

La fede Nel corso della sua giornata dedica momenti alla preghiera, spiega, mentre cerca nella biblioteca un grosso libro con tante foto di chiese di diverse epoche sparse sul territorio pakistano, infatti  la comunità cristiana in Pakistan supera i 3 milioni di fedeli, pari al 2% della popolazione, ma è stata oggetto di episodi di violenza da parte degli estremisti islamici “sono anche queste azioni frutto di ignoranza e povertà. Nel nostro paese ci sono magnifici luoghi di culto cristiani e io che sono musulmana ho frequentato la scuola cattolica. Sono credente, prego in casa e in ogni altro luogo, si può farlo ovunque perché Dio è più vicino a te che la tua vena giugulare”.

Nicoletta del Pesco

(25 ottobre 2012)