Jolie: una filippina “italiana”

Laureata senza lavoro. Jolie seduta al tavolino di un bar in un pomeriggio di autunno sorride rilassata, ha un guizzo ironico nello sguardo che le restituisce un’aria giovanile in lieve contrasto con le tempie un poco ingrigite dal tempo e i piccoli segni ai lati degli occhi. Dimostra meno dei suoi quarantuno anni eppure si intravedono sul viso tracce di un percorso di vita quantomeno faticoso. Jolie è arrivata in Italia dalle Filippine nel 1993, di anni a quell’epoca ne aveva appena ventitré. Giusto il tempo di portare a termine gli studi in psicologia nel suo paese per rendersi conto che lavoro non ce ne era e cominciare a pensare una vita lontana da casa “Al momento di partire avrei preferito Honk Kong, una meta più vicina che mi avrebbe permesso di sfruttare l’inglese,mia seconda lingua, e offerto la possibilità di proseguire per il Canada dopo appena due anni.  Mio padre però decise di indirizzarmi verso l’Italia dove da qualche anno si era trasferito uno dei miei fratelli.”La truffa.E’ proprio Hobbet che si occupa di organizzarle il viaggio, si mette in contatto con un’agenzia che oltre a procurarle il biglietto aereo le offre il miraggio di regolarizzare la sua situazione una volta arrivata in Italia. Vengono versati alla presunta agenzia sette milioni e mezzo di vecchie lire, ma quando la ragazza atterra a Zurigo scopre di essere vittima di una truffa: non c’è traccia dei suoi documenti né di un modo legale per approdare in Italia. Dopo pochi giorni Jolie è costretta ad attraversare da clandestina la frontiera arrampicandosi a piedi nella notte su per le montagne che separano la Svizzera dal nostro paese. “Ancora oggi quando sento il rumore degli elicotteri o cani che abbaiano insistentemente sono stretta da una morsa allo stomaco” corruccia lo sguardo per un attimo e abbandona di colpo l’aria allegra, salvo poi recuperare in pochi istanti il sorriso sereno di prima.Finalmente a Roma. Se da un lato infatti l’approdo a Roma si rivela traumatico, non si può dire altrettanto dell’ambientamento nella capitale: grazie al forte grado di integrazione della comunità filippina nella società italiana e, più nello specifico, ad alcune conoscenze del fratello, Jolie trova un impiego quasi subito. “Dopo appena una settimana lavoravo già come collaboratrice domestica presso una famiglia, avevo il compito di prendermi cura della casa e dei bambini in cambio di vitto, alloggio e di uno stipendio equo.” Il primo periodo comunque non è facile, Jolie ha un grosso debito da saldare con suo fratello e deve tener fede all’impegno di mandare una somma mensile alla famiglia che è rimasta nelle Filippine. “Per il primo anno e mezzo è come se non avessi guadagnato nulla, poi la situazione si è lentamente stabilizzata. Sono rimasta in quella casa per cinque anni, dopo tre c’è stata la sanatoria e mi hanno messo in regola. “ Una volta acquisito il permesso di soggiorno Jolie divide per un alcuni mesi un appartamento con suo fratello. “In quel periodo lavoravo a tempo pieno come baby sitter per una famiglia con tre bambini, si trattava di  un impiego piuttosto pesante ma il fatto di tornare la sera a casa mia mi pemetteva di godere di una totale autonomia”.L’indipendenza.I rapporti col fratello però lentamente iniziano a deteriorarsi e la ragazza cerca nuovamente un lavoro che le garantisca anche l’alloggio. E’ così che Jolie viene assunta dalla famiglia presso la quale è impiegata ancora oggi: “Sono undici anni ormai che vivo a casa loro, tra di noi si è formato un rapporto molto forte fondato sulla fiducia e in parte anche su un legame affettivo. Devo molto a queste persone, in tutto questo tempo hanno permesso che io mi ritagliassi un mio spazio che mi facesse sentire libera, oltre ad offrirmi una serie di possibilità per migliorare il mio profilo professionale, da un corso di abilità informatiche al conseguimento della patente di guida. “ Quella di Jolie non può che essere considerata una storia di integrazione almeno apparentemente riuscita, oggi questa giovane donna ha un impiego solido e gode di una certa stabilità economica.Legami vecchi e nuovi.Nelle Filippine da quando sono morti i suoi genitori non torna più, con i fratelli il rapporto si è rovinato al punto da farle temere possibili rappresaglie nel caso decidesse di rimettere piede a casa, una famiglia tutta sua ha scelto consapevolmente di non formarsela. Nel tempo libero ama trafficare col  computer o andarsene in giro con un paio di amiche. Anche con la comunità di immigrati filippini  a Roma non ha conservato rapporti, non frequentando luoghi di culto né tantomeno nutrendo il desiderio di preservare alcune tradizioni è difficile che entri in contatto con loro.  “Abbiamo una mentalità molto diversa ormai, io mi sento più vicina al modo di pensare italiano”Il sogno. Jolie non si guarda indietro, tuttavia resta ancora un filo che la tiene legata al passato: è quel desiderio inesaudito, risalente ormai a diciotto anni fà, di arrivare un giorno a lavorare in Canada. La speranza che nutre è quella di trovare, al di là dell’Atlantico, il modo di esercitare la professione per cui ha studiato. “E’ per questo che ho messo in moto la trafila per acquisire la cittadinanza italiana, con un passaporto comunitario sarebbe indubbiamente più semplice riuscire ad entrare in territorio canadese” E dunque Jolie, libera da qualunque legame troppo vincolante sembra pronta a prendere nuovamente il largo. Forte della sua esperienza pregressa, pare non temere le difficoltà di un nuovo inizio. E’ difficile valutare a priori quanto le sue aspettative troveranno un riscontro effettivo nella realtà, né quanto tutto questo abbia davvero importanza. Del resto come scriveva Josè Saramago : “ Ogni uomo ha bisogno di fare la sua provvista di sogni”

Irene Ricciardelli(3 Novembre 2010)