“Slovenka” e il corpo capitalizzato al MedFilm Festival

Il regista Damjan Kozole

“Slovenka” (Slovenian girl) è il titolo del film di Damjan Kozole e il nickname di Sasha, una 23enne di provincia che vive a Lubiana, dove di giorno studia inglese e di notte fa la prostituta. Nella prima scena Slovenka è in una stanza d’albergo con un politico del Parlamento Europeo che muore di infarto per troppe pasticche di Viagra. Da subito capiamo che la sua identità è a rischio, tra la polizia che la cerca, una famiglia problematica che non deve sapere, una serie di esami fallimentari, un amante molesto e i soldi che vanno e vengono con un appartamento da pagare.

Prostituzione e avidità. Slovenka è un bel film che tratta la prostituzione in modo diverso. Lei è una prostituta libera che riesce a sfuggire dallo sfruttamento maschile del “protettore”, ma fino alla fine non si capirà perché abbia deciso di farlo. La spiegazione ce la dà il regista: “in realtà si tratta di un film sull’avidità. Slovenka non fa la prostituta per sopravvivere, né per studiare. Il motivo appartiene alla nostra attualità, è la volontà di arricchirsi punto e basta”. In effetti sembra un po’ un automa Slovenka mentre si destreggia tra le sue due identità, come se avesse le idee ben chiare che così va il mondo e così deve adeguarsi.

Corpo e capitalismo. Il tema della prostituzione si collega a quello dell’allargamento dei confini, l’ingresso della Slovenia nell’UE nel 2004: “è stata una transizione positiva, ma ha portato anche un brutal capitalism che consiste nel possedere qualcosa per il solo gusto di possedere. All’inizio ho messo una scena di sesso violento proprio per far capire che non si tratta di un gioco”. Kozole dunque sembra dirci che esiste una relazione importante oggi, tra corpo e capitalismo, anche se sottolinea “è eccessivo considerare il corpo una merce. Credo sia una malattia sociale che non c’è solo in Slovenia o in Italia. Ma se l’esempio parte dai governi, per forza arriva al basso”. E quando la malattia si incontra con persone senza difese, ovvero senza soldi e lavoro, per forza le contagia.

Le critiche. L’uscita del film in Slovenia ha provocato una reazione molto forte, dividendo il paese tra critica e pubblico. Qualcuno ha visto nella prima scena una metafora: la rappresentazione della Slovenia come la prostituta d’Europa. “Una visione eccessivamente semplificata” dice il regista, ma “la Slovenia funziona come tutti i piccoli paesi, i problemi vengono sempre da fuori. Ma il problema maggiore in Slovenia sono gli sloveni, c’è un detto da noi che dice che “bisogna pulire prima davanti alle nostre porte”. Per esempio per fare il film son partito da un’operazione di polizia dove furono arrestate molte ragazze e la metà erano slovene”. Ma nonostante questo si continua a credere che la prostituta sia sempre l’immigrata.

Alice Rinaldi(18 novembre 2010)