Il terere, un rito paraguaiano di comunione

La comunità paraguaiana

È un’atmosfera raccolta quella che si respira nella piccola cappella della chiesa di S. Valentino, al Villaggio Olimpico. Sulle pareti, con i mattoni a vista, spiccano quadri dai colori accesi raffiguranti la Passione di Gesù Cristo. Qui, ogni domenica pomeriggio, un piccolo gruppo di paraguaiani partecipa alla messa celebrata da Padre Antonio Romero Jarà. Parole spagnole si alternano a vocaboli guaranì, quasi a voler sottolineare un popolo che fa delle sue tradizioni un bagaglio prezioso da tutelare.

“Di solito siamo una trentina di fedeli”, riferisce Delci Rolòn Ramirez, “ma nelle feste più importanti, come il 14-15 Maggio, festa nazionale del Paraguay, e l’8 Dicembre, festa della Madonna di Caacupé, raggiungiamo 250 persone, provenienti da tutta Italia”. Il 12 settembre 2010, Delci, insieme ad altri connazionali, ha fondato l’API, Asociaciòn Paraguay Italia. L’associazione fornisce assistenza ai paraguaiani che vivono in Italia, organizza seminari e incontri. Nel mese di maggio, in occasione del bicentenario dell’Indipendenza Nazionale, è in programma un concerto con artisti paraguaiani.

La comunità è solita incontrarsi in una stanza attigua alla chiesa per stare insieme, sorseggiando terere, una bevanda paraguaiana rinfrescante, a base di erbe ed acqua fredda, che si beve soprattutto nei mesi estivi. Non si tratta di un semplice infuso dissetante; per i paraguaiani ha un significato più profondo: è un rito di fiducia e comunione. “Tutto ebbe inizio da questo infuso”, racconta ancora Delci, “Circa tre anni fa, Padre Amancio Benitez, nei giorni infrasettimanali, si recava a Piazza Mancini con il tipico thermos refrigerante e offriva da bere ai paraguaiani, i quali erano soliti incontrarsi in quella zona. Attraverso la condivisione del guampa, il vaso da cui si beve il terere, è riuscito a conquistare la loro fiducia. Li invitava a partecipare alla messa in lingua spagnola, che si teneva già da tempo in questa parrocchia, e a preparare piatti a base di mais e carne alla griglia, per poter stare insieme la domenica pomeriggio, dopo la celebrazione”. Con il passare del tempo si è creato un gruppo unito e solidale. Qualche anno fa, una donna paraguaiana, giunta a Roma e deceduta dopo pochi giorni, è stata cremata grazie all’aiuto di tutti i suoi connazionali. La comunità ha infatti organizzato una colletta per sostenere le spese di cremazione e di trasporto delle ceneri nel Paese d’origine. “I paraguaiani sono i miei migliori amici, hanno un grande cuore”, afferma Francesco, un giovane albanese, adottato da una famiglia siciliana, che frequenta assiduamente la messa in spagnolo. Di religione musulmana, ha iniziato un percorso di conversione al cristianesimo che lo porterà il prossimo 24 aprile a ricevere il battesimo in parrocchia.

La giornata trascorre in un clima disteso e familiare. Francesco distribuisce a tutti pezzetti di pane casereccio e focaccia; alcune ragazze versano nei bicchieri il matè, una tisana calda e dolce di origini sudamericane. Padre Romero, in tono pacato e affabile, mi spiega che per la festa dei Popoli di Maggio stanno organizzando delle danze tipiche paraguaiane, e lui stesso vi parteciperà. Conclude con un filo di ironia: “Toccherà mettermi a dieta purtroppo!”.

Valentina Basso
(30 marzo 2011)