Nord Africa, la rivolta di facebook?

Osservatori e studiosi delle rivolte nel Mediterraneo hanno spesso attribuito ai social network la forza trainante, che ha dato avvio alla cosiddetta “primavera araba”, iniziata in Tunisia e poi diffusasi con un effetto domino fino in Egitto, Siria e Libia . Ma è realmente così? La funzione dei nuova media è stato davvero vitale per le rivoluzioni? Questo è l’interrogativo a cui si è tentato di dare risposta durante il convegno “Le rivoluzioni di internet? Il ruolo dei nuovi media nella ‘primavera araba” tenutosi giovedì scorso a La Sapienza.

Nuovi Media e Rivoluzioni In Egitto i social network, in particolare facebook, hanno avuto un ruolo fondamentale nelle rivolte perché hanno collegato tutte le proteste settoriali, che erano in corso nel paese dal 2000. Mubarak non era preoccupato dal numero delle manifestazioni, che in un qualche modo davano anche legittimità al suo potere, ma dalla loro possibile unione in un’unica grande protesta” ha spiegato Fabio Nicolucci, direttore Scuola di analisi del Master di Intelligence e National Security Studies dell’Università di Malta. Attribuire, però, la riuscita delle rivolte al solo potere dei social network sarebbe semplicistico e sbagliato “possiamo dire senza peccare di banalità che la verità è nel mezzo, o meglio, tra coloro che ‘santificano’ i social network, i cosiddetti ‘Evangelisti digitali’ e coloro che li additano come strumenti di controllo e repressione, i cosiddetti ‘Tecnorealisti’ ha spiegato Giuseppe Anzera, docente di sociologia delle relazioni internazionali all’università La Sapienza. Il punto nodale non è facebook o affini, ma il contesto politico e sociale che utilizza i social network come strumenti”.Contesto socio-politico nel Mediterraneo Si deve innanzitutto analizzare il tasso d’istruzione e di disoccupazione dei paesi in cui si sono verificate le rivolte “sono dati fondamentali se consideriamo che in Tunisia i giovani sotto i 30 anni sono circa il 52%, contro il 30% in Italia; è ovvio che in questa realtà un alto tasso di disoccupazione diventa un elemento di forte instabilità governativa” ha spiegato Roberto Gritti docente di sociologia delle relazioni internazionali de La Sapienza, che ha sottolineato come questa nuova primavera araba potrà forse porre la prima pietra per un neonazionalismo ancora tutto da creare, ma che intanto sta determinando la fine di un immobilismo politico più che decennale: “ la Siria finora ha avuto solo due presidenti dal 1969, – ha aggiunto Gritti-la Tunisia due dal 1956, l’ Egitto tre dal 1951 e la Libia Gheddafi dal 1969.”

Melissa Neri(28 Aprile 2011)