La società civile afghana dialoga con l’Europa

Giornate intense di dialogo e costruzione in occasione della Conferenza Internazionale delle Organizzazioni della Società Civile Afgana che si è tenuta nella sede del CNEL il 24 e il 25 maggio. L’incontro è stato promosso dalla rete Afghana e da Intersos, membro del consorzio Link2007, con il contributo finanziario della Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo del ministero degli Esteri. La delegazione della società civile afghana composta di rappresentanti di organizzazioni civiche, sociali, professionali e culturali come Voice of Woman, National Union, ma anche di organismi più tradizionali come shure e jirga, i consigli locali, ha discusso per tre giorni, di cui uno a porte chiuse, con addetti ai lavori e rappresentanti delle istituzioni italiani e europei. Il dibattito è stato, a tratti, appassionato e informale soprattutto quando la parola veniva ceduta alla platea afgana. Alfredo Mantica, sottosegretario agli Affari Esteri, ha concluso il suo intervento con un augurio “vorremmo che l’esempio dell’Europa vi fosse di auspicio, abbiamo costruito l’Unione di 27 paesi diversi stabilendo regole comuni con il consenso democratico, anche l’Afghanistan, grazie alla società civile, potrà ambire a un futuro migliore nel segno della democrazia e del rispetto di regole condivise”.Staffan De Mistura, Alto Rappresentante dell’Onu in Afghanistan, in video conferenza da Kabul “il paese vive una fase cruciale, l’inizio del processo di transizione, è il momento perfetto per far sentire alta la voce della società civile. Transizione vuol dire che tutti ci rendiamo conto, dai talebani alla Nato, che per questo conflitto non c’e’ soluzione militare”. La riduzione della presenza militare internazionale implicherà trasferire agli afghani la responsabilità della sicurezza nel Paese, ma contemporaneamente bisogna pensare alla ricostruzione economica e sociale..Altro punto fondamentale “è che il processo di riconciliazione comporti un dialogo tra tutte le componenti che non può avvenire a spese dei diritti umani o di quelli delle donne. La società civile è essenziale per aiutarci a fare si che il governo afghano aumenti gli sforzi contro la corruzione, a favore della trasparenza delle istituzioni pubbliche, altrimenti diventa difficile giustificare il sostegno internazionale che pure deve proseguire”.De Mistura ha sottolineato un ultimo punto “questo e’ il momento giusto per far si che la società civile afghana contribuisca in maniera determinante alla costruzione del futuro del paese. E’ una sfida alla quale vogliamo partecipare incoraggiando le organizzazioni affinché si accordino e abbiano una unica voce e noi potremo aiutarvi a farla sentire, ad avere un ruolo nelle occasioni internazionali in cui si discute del futuro dell’Afghanistan, a partire dalla Conferenza di Bonn il 5 dicembre 2011”.Il tempo è scaduto? Federiga Bindi per il ministero degli Affari Esteri segnala che bisogna fare progetti nell’ottica di un rafforzamento dello Stato perché tempo e soldi stanno terminando. “Qual è il tempo che sta finendo?” si chiede Emanuele Giordana di Afgana ”quello del progetto, ma i processi in corso non sono progetti e non si può dire che il tempo stia finendo. Questa è la sede per costruire un’alleanza tattica in funzione della conferenza di Bonn”. Bettina Muscheidt, stretta collaboratrice di Catherine Ashton, Vicepresidente della Commissione europea, spiega che è importante che i donatori non dispensino solo fondi, ma coinvolgano la società civile afgana e che deve essere garantita la libertà di espressione. La società civile afgana si interroga. Molta la preoccupazione e gli interrogativi dei rappresentanti della società civile afgana che temono che con la fine della presenza dei militari nel 2014 l’Afghanistan venga abbandonato, com’è successo in passato. Ci si chiede quali siano le strategie e gli obiettivi della transizione e come si possa rafforzare la società civile. E soprattutto ci si interroga se verranno inclusi nel dialogo  i talebani e  quali prezzi pagheranno se non rispetteranno gli accordi.Tutti, pur se da posizioni diverse, ripongono grosse  aspettative nella conferenza di Bonn del dicembre 2011.