Viaggio in treno. Il 3 maggio, lasciando Kiev, Beppe Severgnini scrive nel diario di bordo: «i treni sono un’idea classica, invulnerabile alle mode, come la bicicletta e l’orologio con le lancette. Sono culle e luoghi di pensiero, dove ci si può abbandonare a qualunque fantasia (tanto guida un altro). Sono macchine per incontri e saluti. Sono sale ambulanti di lettura. “Come si sta bene in mezzo agli uomini quando leggono. Perché non sono sempre così?”, si domandava Rainer Maria Rilke»
Mosca-Lisbona. 6.000 km da percorrere in due settimane, partendo da Mosca per arrivare a Lisbona. Dal 29 aprile al 14 maggio 2011. Beppe Severgnini e Mark Spörrle, due giornalisti -rispettivamente del Corriere della Sera e dello Zeit- viaggiano e scrivono parallelamente un diario di viaggio. Inviati dal Goethe Istitute per rispondere alla domanda: “quanto conosciamo davvero l’Europa? Quanto l’idea che ne abbiamo resta frutto di luoghi comuni?”. Severgnini e Spörrle condividono i treni, gli hotel e le indagini sui pregiudizi con: Soledad, l’interprete che si ritrova a essere personal trainer del viaggio ossessionata dalla puntalità; Gianni Scimone, il cameraman, il cui obiettivo devia attirato da forze ignote e spontanee inquadrando le belle ragazze e il mare; e infine, il pulcino das Küken peluche feticcio tanto caro a Mark Spörrle.
Pregiudizi e treni. «C’è una spiegazione sul come mai, al momento di recarci in stazione qui a Vienna, io grondi già di sudore» scrive Mark Spörrle sul treno per Zurigo « Questa mattina Soledad mi ha nuovamente inviato uno dei suoi sms ultimativi («Scendete? Taxi!!! »). Peccato che finisca per leggere sms solo quando trovo un attimo di tempo, ovvero, dopo che mi sono scapicollato con gli altri per prendere il treno. A quel punto sono solito risponderle: «Ma se siamo già seduti in treno!» Messaggio che la povera Soledad non trova affatto divertente. Ma cosa devo fare? Non sono né una donna, né un italiano. Per entrambi, infatti, sembra non essere un problema ricevere un sms sul telefonino custodito in tasca proprio nel momento in cui entrambe le mani sono occupate a: stipare gli ultimi vestiti in valigia, scattare una foto del pulcino, inviarla, mettere via il pulcino, chiudere con forza la valigia e correre all’ascensore trascinandosela dietro. Per le donne e per gli italiani tutto questo non sembra essere un problema […] E poi a loro non capita mai quello che capita a me: porte d’ingresso alle stanze che non si aprono, proprio nel momento in cui vorrei andare a prendere la mia valigia. Porte d’ascensore che si chiudono proprio nel momento in cui sto precipitosamente per entrare. Porte d’albergo intasate da orde di giapponesi, che non capiscono perché voglia andare»
E se prendessero la barca? Kiev, Cracovia, Praga, Vienna, Zurigo, Lione e finalmente il mare. Quello di Marsiglia. Nasce spontanea l’idea di raggiungere la Spagna in barca. «Ma chi imbarca quattro come noi (per tacer del pulcino)?» Si chiede ragionevolmente Beppe Severgnini. Per chi vuole seguire, o meglio approfondire, le avventure di Beppe, Mark, Soledad, Gianni e das Küken, nel blog (www.goethe.de/moscalisbona), quotidianamente aggiornato, si trovano: taccuino di viaggio, brevi video e foto.
M. Daniela Basile(11 Maggio 2011)