Corso base di rilegatura islamica all’Istituto per l’Oriente Carlo Alfonso Nallino. Sul lungo tavolo di legno in una delle sale della libreria dell’istituto si trovano fogli da disegno, pennelli, tavolette di legno, forbici, colla.
Cinque allievi per Giovanni Canova, professore di Lingua e Cultura Araba dell’Orientale di Napoli. Paolo e Nicoletta, ingegnere e grafico; Marta e Caterina due studentesse di lingue orientali, e Daniela padrona di casa che, dopo aver sposato l’iniziativa di Canova, segue diligente la lezione. “I legatori egiziani, padri di tale arte, consideravano il libro come un essere vivente dotato di faccia, coda, ombelico, lingua e anima”, spiega il professor Giovanni. A riprova di tale devozione distribuisce un’invocazione araba per proteggere i libri da pesciolini d’argento, tignole e tarli.
Un’arte in disuso. Il libro viene costruito creando piccoli fascicoli di fogli, cuciti l’uno sull’altro con del filo di lino introvabile, se non in qualche negozio di restauro. “In Italia è un’arte trascurata” denuncia Canova, che da amatore è costretto a comprare i materiali nei suoi viaggi all’estero. In paesi come Francia e Germania esistono associazioni e riviste sulla legatura ante-rivoluzione tecnologica. “E’ diventato un hobby elitario” conferma Nicoletta, il grafico che durante la lezioni confronta la sua esperienza con quella del professore.
L’origine del libro. Il libro così come noi lo conosciamo nasce in Egitto imitato immediatamente da Turchia e Persia. E’ proprio dal vicino Oriente che giunse a Venezia lo stile decorativo islamico della copertina, caratterizzato dalla cornice con angoli e medaglione centrale. Ciò che distingue il libro arabo da quello occidentale è la Lingua: sia dal punto linguistico, dato che la scrittura araba va da destra verso sinistra e di conseguenza anche il senso del libro; sia dal punto di vista strutturale, in quanto la copertina prosegue in una sporgenza triangolare -chiamata appunto lingua- che viene inserita all’interno del testo.
“Il rilegatore deve essere una persona che capisce le cose rapidamente. Ha un buon occhio e una mano abile che non viene presa dalla fretta; deve inoltre avere un carattere socievole, una volontà ferma e un buon temperamento”. Così scriveva Ibn Badis nell’XI secolo. Sembrano proprietà che i cinque allievi possiedono. Paolo, l’ingegnere, ricorda “da tempo studio arabo qui all’Istituto. Sapersi reinventare è importante. Ricordo la crisi economica del 1992; ho dovuto fare piccoli lavori, riparazioni domestiche”. Nicoletta interviene: “Il mio lavoro mi divertiva tantissimo quando non era del tutto computerizzato. Mi sono adattata, ma non voglio dimenticare la bellezza della manualità”.
M. Daniela Basile(24 giugno 2011)