La Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea ospiterà fino al 12 giugno la mostra Dante Gabriel Rossetti – Edward Burne Jones e il mito dell’Italia nell’Inghilterra vittoriana, curata da Maria Teresa Benedetti, Stefania Frezzotti e Robert Upstone.
La mostra è dedicata al rapporto di fascinazione fra l’arte inglese del 1800 e la cultura artistica italiana, dal “gusto dei primitivi” del Medioevo al pieno Rinascimento del ‘500. Il periodo è quello della regina Vittoria (1837-1901): nel mondo moderno meccanizzato della Rivoluzione industriale alcuni artisti manifestano l’esigenza di un rinnovamento morale recuperando proprio l’arte italiana, considerata espressione di un’età di innocenza e armonia. L’incremento delle collezioni private e pubbliche permette agli artisti inglesi della Confraternita dei Preraffaelliti, fondata nel 1848 da William Holman Hunt, John Everett Millais e Dante Gabriel Rossetti, di conoscere opere senza soggiornare in Italia. Rossetti non vide mai l’Italia, Burne-Jones la visitò più volte.
Le sale sono 10 e ognuna è dedicata a un artista. Nella prima, ogni opera è contrassegnata da didascalie scritte in inglese: sono le cromolitografie (stampe a colori) di artisti britannici che riproducono i quadri più noti di “Michael Angelo”, Giorgione, Raffaello, Mantegna e altri, commissionate dall’Arundel Society, fondata nello stesso anno della Confraternita, con lo scopo di “preservare il ricordo dei più importanti monumenti della pittura e della scultura”. Nella seconda e terza sala si possono ammirare i paesaggi di ispirazione italiana di William Turner, attraverso gli studi di John Ruskin su cicli pittorici, monumenti e architetture. Ruskin è particolarmente affascinato da Botticelli e Tintoretto e qui è esposta una bellissima Sefora, la moglie di Mosè.
Il nucleo principale della rassegna nelle sale centrali, la 4 e la 5, comprende i Preraffaelliti: Rossetti, Burne-Jones e William Morris. Si sottolinea l’intensa amicizia tra i tre e si ammirano opere bellissime come la Sancta Lilias e la Venus verticordia di Rossetti, icona della mostra, che hanno tutte un viso simile, labbra rosse e carnose, occhi chiari, pelle bianca, naso affilato: il perché lo si capisce dal quadro intitolato Jane Morris, sua amante e musa ispiratrice, moglie di William, che dà il volto a donne infelici o fatali come Proserpina, Lilith o Pandora. Se Rossetti si perde su questi volti bellissimi testimoniando il passaggio dal culto della donna angelicata alla rappresentazione di una femminilità sensuale, Burne-Jones dopo il trittico Adorazione dei Magi, torna al mito con il suo Perseo e le ninfe marine o La morte di Medusa II. Interessante il Romaunt of the Rose, pannello di tessuto ricamato, che rappresenta il pellegrino che indugia di fronte alle statue dei vizi, che sono 10 e non 7 come i peccati che tutti conosciamo: Hate, Felony, Villainy, Coveitise, Avarice, Envy, Sorrow, Elde, Hypocrisy, Poverty.
La sesta e la settima sala indagano la declinazione del classicismo nell’ambito della Royal Academy operata da artisti come Frederic Leighton e da rappresentanti della cultura estetica e simbolista come Albert Moore, George F. Watts e John William Waterhouse (bellissima Psiche apre la scatola d’oro). In George Frampton si nota l’influenza del poema di John Keats e della figura della Lamia, topos della cultura vittoriana e della femme fatale, che rappresentava il sesso, il vampirismo e la morte: una statua di una donna oscura in bronzo, avorio, opali e vetro. Notevole anche la statua Comedy and Tragedy di Alfred Gilbert e La danza dei 5 sensi di Walter Crane, pannello che rappresenta le personificazioni dei sensi in coppie che si toccano, che odorano fiori, leggono libri, mangiano frutta, ascoltano musica.
La penultima sala sono esposte opere degli artisti italiani di fine ‘800 che, venuti a conoscenza del Preraffaellismo, tornano anche loro alla riscoperta dell’arte quattrocentesca e rinascimentale: Enrico Nencioni, Nino Costa e soprattutto Giacomo Boni, vero e proprio mediatore culturale con l’Inghilterra che ha portato il Preraffaellismo in Italia. Bellissime le opere di Giulio Aristide Sartorio come Dante e Beatrice o Le vergini savie e le vergini stolte ispirate all’estetica dannunziana. Temi allegorici e mitologici con Adolfo De Carolis, mentre con Gaetano Previati si cade nelle suggestioni più immaginifiche come ne Il giorno sveglia la notte e La danza delle Ore, ispirati alla pittura di Watts, tra mito, cosmo e tempo.
L’ultima sala è dedicata a un aspetto particolarmente significativo dell’esposizione che verte proprio sul rapporto tra le opere inglesi e i prototipi italiani che ne hanno costituito il modello formale: sono esposti dipinti di Giotto, Crivelli, Carpaccio, Sebastiano del Piombo, Palma il Vecchio, Bergognone, Luini, Tiziano, Veronese, Tintoretto, Perugino.
Una bellissima domenica di sole e una bellissima mostra tanto che le due frasi che coronano la galleria ai due estremi laterali, mi son sembrate davvero perfette: “Cosa bella e mortal passa e non d’arte. Leonardo Da Vinci” e “Questo sol m’arde e questo m’innamora. Michelangelo.”
Alice Rinaldi(1 giugno 2011)