Chi crede in una verità trascendente può sottoporsi a leggi democraticamente decise dagli uomini? Non verrà prima o poi il momento in cui la fedeltà assoluta a Dio, Allah, Adonai lo porterà a negare i patti tra concittadini? Questo interrogativo è stato posto nell’incontro di apertura della Settimana della cultura islamica organizzata da Roma Capitale e dal centro Culturale Islamico d’Italia. Tema centrale “Religione e democrazia”. La mattina del 24 maggio, nella Grande Moschea, il direttore Abdellah Redouane, ha introdotto gli ospiti del simposio: il Ministro degli affari religiosi di Tunisi, rappresentanti delle religioni del libro, un intellettuale dichiaratamente laico, il sindaco Alemanno.La legge di Dio e il consenso tra gli uomini. Parlando da democratico non credente, Giuliano Amato ha esordito affermando che nelle religioni c’è molto di più di un patrimonio di credenze. Quando diventa esperienza viva, la fede incide nell’animo in profondità. Coloro che si affidano in tutto a Dio, lo avvertono presente ovunque, nella sfera personale, come in quella pubblica. “Possiamo chiedere a questi credenti di tenere il proprio dio in tasca, quando discutono nelle piazze dei problemi che riguardano la collettività? Una simile pretesa – argomenta Amato – imporrebbe all’uomo di fede un handicap politico rispetto all’ateo, libero di professare senza vincoli i suoi valori”. Al primo posto della vita democratica deve esserci la libera espressione di tutti i valori, civili e religiosi. I problemi nascono quando vogliamo mettere democraticamente ai voti leggi ispirate a principi ultimi, che i credenti fanno discendere da verità rivelate. “Sarebbe saggio ispirare le regole della convivenza civile a valori penultimi, suggerisce Amato, valori accessibili a chiunque, su cui tutti possano discutere e tendenzialmente convergere”.Il sindaco. A questo proposito, Giovanni Alemanno ricorda che l’intolleranza non è un rischio solo dalle religioni: “la storia europea è tristemente segnata dalle derive totalitarie di ideologie laiche, a partire dalla rivoluzione francese fino agli orrori del ‘900. Il moderno fondamentalismo islamico è un fenomeno politico più che religioso. Il metodo democratico è un antidono alla violenza; che non spegne i conflitti, ma introduce procedure per affrontarli”. Alemanno si è detto fiducioso nel dialogo aperto tra tutte le religioni, sia quelle vissute a livello personale, sia quelle che si esprimono nella comunità.Il confronto tra civiltà e religioni. Laroussi El Misuri, ministro degli affari religiosi della Tunisia, ha offerto molti esempi della mescolanza felice di popoli e religioni. “Il mio paese è stato attraversato e dominato da molte civiltà, berbera, greca, romana, fenicia, turca, italiana, ognuna con religioni proprie. Tutte hanno lasciato un’impronta che ancora conserviamo”. Questa narrazione incoraggia il confronto tra religioni, sia per costruire la fratellanza tra i popoli, che per raggiungere la prosperità sociale. “Non sappiamo dove condurrà il percorso che ha imboccato la Tunisia, perché è in corso una rivoluzione popolare, non guidata, ma posso dire che sarà tollerante”.Il rabbino capo Riccardo Di Segni vede nel confronto tra culture un antidoto potente contro gli estremismi. Le differenze non attraversano solo le culture, “dentro ogni mondo religioso convivono molte anime, tante quante sono le vie per cercare e incontrare il divino. “Perciò è importante confrontarci non solo su grandi temi teologici, ma su esperienze di vita. Il cibo, per esempio. La tavola abbatte ogni diffidenza e la gente – ha auspicato il rabbino Di Segni – può essere attratta qui, alla moschea anche dalle vostre belle tradizioni culinarie”. Ma questo dialogo è reso impossibile quando una religione pretende privilegi di stato, quando una fede maggioritaria vuole ridurre le opportunità delle religioni minoritarie.La democrazia non cresce negli stati teocratici. L’Europa ne sa qualcosa e lo ha ricordato Giuliano Amato: “quando gli stati europei vincolarono i sudditi a seguire la religione del re, spinsero i popoli a massacrarsi in nome di Dio e obbligarono i dissidenti ad attraversare l’oceano. Una folla composta da tanti gruppi minoritari, per professare liberamente la propria fede, si rifugiò in America”. Qui, tutte le religioni hanno uguale diritto di espressione, in privato e in pubblico, e la costituzione degli Stati Uniti, per scongiurare la rinascita di uno stato teocratico, vieta al Congresso di attribuire a una religione qualunque privilegio o statuto speciale.Domenico Mongavero vescovo di Mazzara del Vallo esprime il disagio nei confronti di una società fondata sul monopolio religioso. Si intuisce che non apprezza i privilegi concessi al cattolicesimo dallo stato concordatario, non solo per lo squilibrio che questo provoca in politica, ma anche per le ricadute nella vita di fede. Offre l’esperienza nella Conferenza Episcopale delle Diocesi del Nord Africa (Cerna): “Posso dirvi che vi sono paesi della sponda sud dove le chiese cattoliche, piccole ed estremamente minoritarie, non si sentono minacciate. Anzi. Fanno proprie le rivoluzioni in corso. La causa dell’uomo – dice – dovrebbe vedere schierate tutte le religioni. Se il cristianesimo teme il confronto, forse è per una sua debolezza identitaria. Il nostro tempo ha bisogno di religioni aperte, in dialogo. Così diventano una ricchezza per i movimenti democratici”.Di Leo della Comunità di S. Egidio riconosce questa novità nella rivoluzione a Tunisi e in Egitto. “Rivoluzioni democratiche e inter-religiose”, sostiene. “Quanto è avvenuto nella piazza del Cairo ha spiazzato tutti capi religiosi. Le religioni dovrebbero guardare ai tanti giovani morti nella rivolta come segno dei tempi e giunge il momento in cui occorrerà introdurre un po’ di democrazia anche nell’elezione dei capi religiosi”.Il direttore del Centro culturale islamico ha auspicato di poter trasformare questo primo incontro in un appuntamento annuale. Il dibattito si è concluso piacevolmente attorno a un rinfresco di specialità mediterranee. Dolcissime, buonissime.
Paola Piva
(31 maggio 2011)