Letterature al CNR. Autori migranti, scritture meticce.

Letterature meticce. Il 30 giugno il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di piazzale Aldo Moro ha ospitato Letterature, convegno promosso da Progetto Migrazioni a cui aderiscono 13 Istituti del CNR. Oggetto d’analisi i testi di autori stranieri che scrivono nella lingua del Paese adottivo. “La letteratura migrante non è solo quella di chi ce l’ha fatta, ha potenzialità linguistico-tematiche che vanno valorizzate”

Immaginario ibrido. Nelle metafore e nei modi di dire si manifesta la potenza dell’incontro culturale: elementi dell’immaginario collettivo italiano si fondono con quelli del paese d’origine. “Alcune similitudini sono immediate, altre aggiungono qualcosa di nuovo o portano immagini inedite” spiega Grazia Biorgi dell’istituto di Storia dell’Europa Mediterranea. Ad esempio, ne Il Latte è Buono, del somalo Garane, le «parole» riescono ad essere dure «come la terra dei nomadi» e le persone «alte come cammelli» ma la rabbia rimane «cieca» e i concetti devono entrare nella «zucca». Per la scrittrice croata Duška Kovačeviċ si «salta come una scimmia» e i cani non attendono altro che strappare l’anima a morsi, ma si è «magri come le acciughe» e si «trema come le foglie».

Claudiléia Lemes Dias
Claudiléia Lemes Dias

Una lingua per ogni emozione. “Mi capita di italianizzare parole brasiliane. Tempo fa alla domanda ‘hai una penna?’ rispondevo ‘Infelicemente no’. Nessuno mi ha mai corretto, ho scoperto che non lo consideravano un errore ma una piacevole formula ottocentesca” racconta Claudiléia Lemes Dias che ha scritto Storie di extracomunitaria follia di notte, dopo aver addormentato le due figlie. “Ho ideato questa raccolta sapendo che l’avrei scritta in italiano. Nel momento della scrittura ho dubitato su metafore e modi di dire per paura di non essere capita. Grazie a Silvia, l’editor, ho acquistato maggiore fiducia”. Scrivere in una lingua altra non è solo prerogativa di chi è emigrato. Camilla Pagani, psicologa italiana, ne è un esempio: abita in Italia ma il legame che ha instaurato con la letteratura anglosassone è tale che se, in questo momento, dovesse scrivere una poesia la scriverebbe in inglese.

Somiglianza nella diversità. Secondo Silvia de Marchi, editor transculturale, l’esigenza di scrivere per un migrante è maggiore “per sfogarsi, per rifugiarsi, per rielaborare il cambiamento”. Scrivere nella lingua adottiva è accettare e intrecciare il migrante e l’autoctono che convivono nella stessa persona. Un coraggioso mettersi in gioco.

M. Daniela Basile(6 luglio 2011)