Il Mercato della Moschea rischia di non sopravvivere. Il 29 luglio la commissione del Municipio 2, composta dai consiglieri Alessandro Ricci (Idv), Alessandro Scuro (PdL) e Patrizio Di Tursi (PdL), si è riunita per fare il punto della situazione. La delibera dell’aprile 2010 ha definito i criteri per la regolarizzazione, ancora non si è raggiunto l’obiettivo (piuculture ne ha seguito l’evoluzione regole per il mercato della moschea e una piccola medina in via della Moschea). I ritardi e le assenze nei pagamenti della tassa per l’occupazione del suolo pubblico da parte dei commercianti potrebbero causare il blocco del mercato a settembre. Dei ventotto banchetti in fase di regolarizzazione, solo cinque hanno pagato e pochi altri devono ultimare il pagamento che il Municipio ha reso rateizzabile per chi ha maggiori difficoltà.
Un mercato speciale. “Per 15 anni nessuno si è interessato di regolarizzare il mercato, ciò non significa che i commercianti fossero liberi di agire. Si trovavano in una situazione di illegalità” sottolinea Di Tursi. Portarli alla legalità non è semplice, il mercato della Moschea è unico nel suo genere. Ha luogo davanti alla grande Moschea solo il venerdì giorno della preghiera pubblica islamica, la Jumu’ah, e vende cibo cotto sul posto. “Non è né un mercatino classico né una sagra” spiega Ricci che più d’ogni altro riconosce e difende il valore del mercato per i fedeli della grande Moschea e la sua importanza transculturale per la città di Roma.
La commissione. “Abbiamo cercato di trovare una soluzione. Le regole vanno rispettate da chiunque” sottolinea Di Tursi. “Io sono andato al mercato”, continua Scuro “ho avuto difficoltà a comunicare con loro, molti non conoscono l’italiano. Ma è importante che capiscano che non è accettabile che si usino bombole a gas”. I mercanti hanno sempre avuto acqua corrente grazie alla fontanella che si trova vicino al mercato, allacciando la traccia idraulica presente si potrebbe estenderla ai singoli banchi. Per la fornitura dell’elettricità non è ancora stato creato l’allaccio, per farlo si attende che tutti completino il pagamento. Intanto l’asl reputa inaccettabili le condizioni igieniche e chiede celeri soluzioni. “Bisogna fare delle scelte. Privare altri settori delle risorse economiche per alimentare un mercato di cui solo il 17% ha regolarizzato la propria situazione? No, non siamo disposti”. “Ma l’out out non c’è. La fornitura di acqua e luce non sono strettamente legati a questioni di bilancio” ribatte Ricci.
Mediazione culturale. I consiglieri Scuro e Di Turci portano ragioni condivisibili, ma poco attente agli aspetti culturali della situazione. Non sono solo problemi legati alla lingua, bensì alla cultura. La legge non ammette ignoranza, in un contesto come quello del mercato la mediazione culturale sarebbe uno strumento utile. Tutti i mercanti incontrati trovano giusto entrare in un sistema di legalità e l’opportunità della rateizzazione è stata accolta con gratitudine. Rinunciare ai dolci preparati artigianalmente e alla carne cotta sul posto è inconcepibile, il mercato perderebbe la sua essenza e la clientela. Nacque perché è usanza consolidata mangiare insieme dopo la preghiera. Ci sono, poi, banchi di libri in lingua originale che non è facile trovare in altri luoghi e altri di abbigliamento. Sono, però, prodotti marginali rispetto ai dolci e ai panini con shawerma, polpette di carne e verdure. Non è impresa facile portare all’ordine un fenomeno che si è manifestato – libero, direbbero alcuni, abusivo, altri – senza briglia per 15 anni. Si tratta di reinventare il mercato; recepire regole, ma conservarne l’essenza. Le due cose non si escludono a vicenda, trovare un armonico connubio deve essere possibile.
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M. Daniela Basile(17 Agosto 2011)