Mostra di Venezia: il cinema sceglie gli ultimi

Rubel Tsegay Abraha
“Non sono ateo, non sono cristiano, non sono ebreo, non sono mussulmano” esordisce George Clooney/Mike Morris, candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti, nel film che inaugura oggi la 68° Mostra internazionale d’arte cinematografica al Lido di Venezia. In un mondo globalizzato, dove la diversità stenta a diventare ricchezza, il cinema sceglie gli altri, i migranti, i diversi come protagonisti di numerose pellicole in programma. Stranieri che fanno paura secondo un cliché comune sulle pagine dei giornali, ma anche interpreti di storie che portano a riflettere sui processi di integrazione, a conoscere abitudini e costumi diversi e magari a ridere delle idiosincrasie degli occidentali. Concorso – Emanuele Crialese con  Terraferma(5.09) parte dagli sbarchi in Sicilia e da Rubel Tsegay Abraha, giovane eritrea, una delle quattro sopravvissute nel 2009 a una traversata che inghiottì 73 persone. Crialese racconta l’incontro di questa donna, in fuga dall’Africa, con una famiglia siciliana in lotta fra tradizione e modernità. Mancata integrazione e rivolta contro i colonizzatori in Saideke Balai(31.08) di Wei Te-Sheng. Un episodio della storia di Taiwan, colonia giapponese dal 1895 al 1945, la popolazione autoctona si ribellò agli occupanti “un’insurrezione contro il divieto di vivere le tradizioni culturali indigene”.  In Poulet aux prunes(3.09) di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud, l’emigrata è la regista venuta in Europa per sfuggire al regime oppressivo del suo paese raccontato già in Persepolis,  autobiografia a fumetti della sua gioventù tra l’Iran e l’Europa, diventato un film di successo. Nella pellicola in concorso al Lido la vicenda prende il via a Teheran nel 1958 dove a Nasser Ali Khan, celebre musicista, hanno rotto lo strumento prediletto, per indagare nel suo disagio  si procede fra flashback e flash-forward. Ne L’ultimo terrestre(8.09) di Gian Alfonso Pacinotti persino  gli extraterrestri si trovano di fronte un’Italia che ha reazioni indifferenti o razziste al cospetto della loro diversità. Fuori Concorso – L’evocativo La désintégration di Philippe Faucon(1.09) nato in Marocco, laureato in Francia, racconta nei suoi film, a partire da Samia, storie di giovani magrebini nelle periferie di Francia e qui passa dalle difficoltà di integrazione alla deriva del terrorismo. “Sarà l’Africa a salvarci” secondo Ermanno Olmi a Venezia con Il villaggio di cartone(6.09). Un’umanità multietnica si
Il villaggio di cartone
raccoglie intorno a una chiesa sconsacrata, occasione per il parroco per una missione diversa: creare un luogo di accoglienza per gli ultimi, superando differenze religiose e razziali. E Maurizio Zaccaro fornisce ulteriori elementi in Un foglio bianco(7.09), back stage del set di Olmi, che offre un’occasione unica: seguire uno dei maestri del cinema italiano, intervistatore d’eccezione, nella lunga chiacchierata per selezionare i futuri attori per caso di un cast multietnico. La settimana della critica – Là bas(6.09) opera prima di Guido Lombardi, una storia tra il noir e il documentario girata tra i migranti di  Castel Volturno.
Io sono Li
Le giornate degli autori – Dopo Il sangue verde Andrea Segre torna alla fiction con Io sono Li(5.09)  storia di una lavoratrice cinese, fra Roma e il Veneto, e della amicizia con un pescatore di Chioggia che porta turbamento in entrambe le comunità. Amore violento a Parigi in Love and Bruises(31.08) di Lou Ye tra un’insegnante cinese e un giovane operaio francese. Per Ye che ha accumulato, per i suoi film selezionati ai festival internazionali, anni di interdizione a girare da parte delle autorità cinesi “Hua, la protagonista, è divisa. E’ il sentimento dello stare tra persone diverse, tra diverse politiche e culture, tra diverse razze e territori”. Cast italiano di qualità, Filippo Timi, Valerio Mastrandrea, Stefano Accorsi, Valeria Solarino per Ruggine(1.09) di Daniele Gaglianone dall’omonimo libro di Stefano Massaroni. La storia prende il via dall’infanzia, negli anni’70, in una periferia del nord abitata da emigrati meridionali e del nord-est. Habibi Rasak Kharban (4.09) della regista araba Susan Youssef, attualizza un classico del VII secolo, la storia di un amore proibito fra due giovani palestinesi. Le risponde il regista israeliano Shlomi Elkabetz con Edut(5.09) un inusuale dialogo fra soldati e civili israeliani e palestinesi.Orizzonti – Nel documentario Would you have sex with an arab?(6.09) Jolande Zauberman gira di notte fra discoteche e  bar di Telaviv e vicoli di Gerusalemme e la domanda che rieccheggia nel titolo viene rivolta anche agli arabi, ma rovesciata: faresti sesso con un israeliano? Le risposte sono sorprendenti, in un paese dove un israeliano su cinque è arabo. Immancabili i contribuiti dalle rivoluzioni arabe: da piazza Tahrir(9.09) ai documentari siriani. Controcampoitaliano – Risate cupe in Cose dell’altro mondo(3.09) di Francesco Patierno: Si può vivere senza kebab? Da qui sono partito per costruire una commedia di costume che riflettesse, in un mondo ormai globalizzato, su come sarebbe oggi la nostra vita senza la presenza dello “straniero. Il film è preceduto dal corto A chjana, di Jonas Carpignano, storia di Ayiva del Burkina Faso alla ricerca di un amico dopo la rivolta dei migranti a Rosarno. Non manca la nostra emigrazione in Scossa (1.09) un collettivo sul terremoto di Messina del 1908 di Francesco Maselli, Carlo Lizzani, Carmine Russo e Ugo Gregoretti e in Pasta Nera (6.09) di Alessandro Piva dove l’accoglienza è quella delle militanti di sinistra che sottrassero all’abbandono bambini del sud trovado ospitalità per loro in famiglie emiliane. 

Nicoletta del Pesco

(Venezia Lido 31.08.2011)