Stretto Mediterraneo, amori, timori, realtà

 

L’Italia che si specchia nel Mediterraneo secondo Pistoletto

Stretto, lungo, lontano Mediterraneo: nuovi conflitti, nuove migrazioni, nuovi diritti è il tema dell’incontro  svoltosi giovedì 14 luglio alle 18 al MaXXI. Una trentina di persone sono, ancora una volta,  intorno al Tavolo Love Difference, l’opera da usare di Pistoletto, lo specchio/ripiano ritagliato a forma di Mediterraneo con intorno sedie che, diverse per design e materiali, indicano le culture mediterranee. Differenti punti di vista che attraverso il mare, si riflettono e decifrano.Giuseppe Cassini, diplomatico, nota la posizione delle sedie obbligatoriamente disposte in lunghezza, il mare infatti è tanto largo in latitudine, quanto stretto in longitudine. Coste nord sud quasi si  lambiscono eppure di questo non sembriamo coscienti. Ugo Melchionda, del Labour Migration Expert all’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni),  che insieme a Daniela Carlà modera questa tavola a fiordi, parla di una vera e propria forma d’autismo nel percepire i mutamenti oltre mare.Cosa vogliono da noi? Accentuati dai recenti rivolgimenti della fascia nordafricana e del vicino oriente i flussi migratori verso l’Italia sono aumentati. Domino complesso, che ha varie cause: non solo politiche o socioeconomiche, così come la “primavera araba” non nasce dall’oggi al domani. Di questo domino, sbarchi, clandestini, politiche interne di gestione dei flussi sono l’ultimo tassello. L’occhio non allenato vede solo una flotta di Caronte traboccante di popoli che pretendono un colpevole aiuto.Verificare le ipotesi o vivere di paure ricorrenti. “Mi sembra quasi – dice Cassini – che si possano fare delle analogie con i sommovimenti del 1848 che, come la primavera araba, dietro avevano una spinta politica e libertaria e solo in seconda battuta economica. Poi: in quell’anno Marx pubblica il Manifesto … di riflesso inizia la paura del comunismo; oggi molti temono vi sia o possa comparire Al Qaeda dietro le rivolte. Eppure la prima constatazione da fare è che da vent’anni in vari Paesi del nord Africa il Pil aumenta il 5% l’anno, una nuova, notevole ricchezza che non ha ricevuto una ridistribuzione e ha generato disagi.”C’è poi chi ha visto un’esplosione demografica all’origine degli  aumentati sbarchi: ipotesi secondo Massimo Livi Bacci, demografo e senatore PD, fallace. “La popolazione media è meno giovane che 20 anni fa: si sta ‘modernizzando’ l’atteggiamento riproduttivo, gli andamenti demografici si fanno simili a quelli europei. Si ritarda l’età del matrimonio, diminuisce il numero di figli. Non si parla di troppi giovani, più che altro di un differente tipo di giovani. Digitalmente connessi al mondo – come evidenzia anche José Angel Oropeza, direttore OIM – le loro aspettative, sempre più simili a quelle globali, cozzano con un’arretratezza interna che è anzitutto culturale. E il fatto che più persone migrino, non è detto dipenda dalla povertà: c’è un tipo di emigrazione, diversa da quella strettamente umanitaria, che ha alle spalle più risorse che in passato. È  un investimento mirato della famiglia che resta in patria, punta sui figli più giovani ed istruiti per le rimesse, e lo fa non con scelte frutto di una previsione costi/benefici molto più dettagliata che non decenni fa”.Aggiunge Karima Moual, marocchina giunta in Italia a nove anni che ora firma un blog per Il Sole 24 ore  dove  affronta temi di integrazione ed immigrazione, anche con video: Dagli sbarchi c’è chi arriva ben vestito, magari con capi firmati. La reazione di alcuni italiani è “Io a chi arriva con vestiti firmati il permesso di soggiorno non lo do”. Dunque non per forza disperati: la migrazione non è a senso unico – aggiunge Moual – non la si accetta “a scatola chiusa”; alcuni dicono “se non mi piace torno a casa”. Queste incomprensioni sulle condizioni del migrante tipo e della sua patria sono alimentate dalla politica e dall’informazione. Basti dire che in Africa le piazze teatro delle rivolte risultano liberamente “schizofreniche” e per nulla riducibili a rigidi stereotipi. Le donne presenti spesso non sono velate, la componente religiosa è in sordina o plurale, e così viaLibia: politiche migratorie al test. “In Libia, evidentemente anche per il ruolo giocato dal petrolio – dice Bacci -, la situazione è irrisolta. Ci sono centinaia di migliaia di lavoratori che non sono libici: sono migranti in cerca di sostentamento, magari provenienti da stati che hanno un interesse petrolifero in questa regione.Da quando è partita l’azione militare Eufor, questi lavoratori ‘importati’ già in condizione di vita estremamente dure, hanno iniziato a fuggire dalla Libia: 600 000 individui hanno valicato le frontiere. Per ottenere l’asilo però è necessario prima giungere su un suolo ospitante, ma questo talvolta è un miraggio. Andrebbero progettati dei corridoi umanitari per mettere in sicurezza questi fuggiaschi”Questa tipologia di migrante arriva da noi in Italia in numeri irrisori: nonostante tutto, spiega Oropeza, verso bangladeshi, pakistani e altri ancora che giungono a Lampedusa dalla Libia in guerra, la legge agisce penalmente; non essendo libici vengono erroneamente esclusi dall’asilo per ragioni umanitarie (la protezione sussidiaria, ndr).Problemi, previsioni, proposte. Forse è possibile fare pressioni internazionali – dice Cassini – affinché le sperequazioni socioeconomiche possano essere diminuite, anche se ammetto che Bruxelles di norma è veloce nell’aiutare sul piano umanitario ed altrettanto lenta nel progettare un parallelo piano politico che accompagni il medio lungo periodoCarla Collicelli, vicedirettrice al Censis, conferma la presenza di una miopia interna alla UE nel suo complesso. Abbiamo condotto delle analisi e quel che emerge è che si lavora con un’ottica riduttiva, la dimensione economica commerciale, di “scambio”, costituisce  il criterio unico che anima le policies.  Così è tutto molto difficile: forse non è un caso che alcune partnership avviate con stati nord africani di fatto si siano arenate.Bacci ricorda come i trend migratori siano intrinsecamente soggetti a impennate e declini, quelli del sud Italia ad esempio, negli anni ’60 -’70  pur tra mille difficoltà, iniziarono ad arrestarsi; è ipotizzabile che dopo un certo periodo di tempo si verifichi un giro di boa analogo per il nord Africa. Migrazione copre migrazione. I rivolgimenti della regione, occultano da buona parte dell’agenda mediatica, quindi dalla consapevolezza del telespettatore, un’altra fonte di emigrazione: gli Ecoprofughi: Valerio Calzolaio a ottobre 2010 ha pubblicato un libro omonimo, sottotitolato Migrazioni forzate di ieri, di oggi, di domani. Diaspore dovute anzitutto ai mutamenti ambientali, con tutta probabilità antropogenici: l’aumento dell’effetto serra, innalzamento delle acque, siccità e scarsità o iniquo accesso alle risorse idriche che colpiscono vaste regioni del pianeta. A farne le spese ovviamente proprio quegli stati che impatto industriale ne hanno prodotto meno.A differenza dell’altra questa è un’emigrazione quasi sempre di nullatenenti e disperati: in Africa parte dal sud del Sahara attraversando un deserto dove i morti, a differenza del mediterraneo che li occulta, restano visibili. 

Un momento dell'incontro. L'intervento di Cassini

Le previsioni  parlano di milioni di persone in movimento nei prossimi decenni verso zone più ecologicamente ospitali: destinazioni non solo europee.Oropeza porta delle stime per i prossimi decenni: i Paesi che generano migrazioni necessitano della creazione di 680 mln di posti di lavoro che per il 60% dovrebbero essere realizzati dai Paesi di provenienza , mentre per il 40% dipenderebbe dall’attivazione delle regioni più sviluppate.Un compito globale che suona a dir poco oneroso, specie se si fa difficoltà a gestire, una ben più circoscritta politica interna.Coadiuvata da incapacità e/o carente etica comunicativa.

Marco Corazziari(9 agosto 2011)