Roma, quarta capitale dei bangladeshi

Rony Akther e l'Istituto Nazionale di Cultura Bengalese (BCII)

Rony Akther è il presidente fondatore dell’Istituto Italiano di Cultura Bengalese (BCII) e un Probad Purush, “presentatore e promotore on the stage” della cultura bengalese. È socio del Comitato Immigrati in Italia, autorganizzazione diffusa tra Roma e Milano, che coinvolge paesi di ogni parte del mondo, dal Perù al Portogallo, dalla Tunisia alla Romania, dal Pakistan a molti altri. Infine, essendo molto conosciuto e “sempre a disposizione”, spesso viene chiamato dagli ospedali quando è necessario tradurre il dialogo tra medici e pazienti, diventando così anche mediatore culturale. Laureato in scienze politiche, amante delle culture e grande viaggiatore, vive in Italia da 16 anni: “ho girato 14 regioni, 70 province, 319 comuni”.

L’Istituto il 1° settembre ha compiuto 4 anni di vita e nel logo, ideato dallo stesso Rony: “ci sono io che porto in giro per il mondo la bandiera bengalese”, che è come quella giapponese ma con lo sfondo verde. Intorno le colombe, “simbolo universale di pace”, e sotto la scritta “Roma, quarta capitale al mondo dei bangladeshi”, dopo Dhaka, la capitale del Bangladesh, Calcutta e Londra, le città più abitate dai bengalesi e che “hanno fatto qualcosa per questa cultura”. Nel cassetto una serie di progetti, tra cui – “viste le richieste” – una scuola di lingua bengalese per gli italiani.

Dall’Europa a Torpignattara. “In Europa siamo 700mila, in Italia 150mila. Siamo la quarta comunità più numerosa a Roma, dopo quella rumena, filippina e srilankese. Dopo di noi ci sono i cinesi. Viviamo soprattutto a Torpignattara, Municipio 6, dove ci sono circa 5mila bengalesi. Qui abbiamo creato una Banglatown, noi la chiamiamo così” – come a Londra chiamano il quartiere di Tower Hamlets. Torpignattara è nota per la “Carlo Pisacane”, scuola elementare che “ha l’88% degli alunni figli di immigrati, soprattutto bengalesi. Ci siamo battuti molto contro la legge della Gelmini sul tetto del 30% di stranieri nelle classi. Con il numero 88 come si può arrivare al 30?” Nel Municipio 2 risultano iscritti all’anagrafe, al 31 dicembre 2010, 171 bengalesi, 120 maschi e 51 femmine.

Il logo dell’Istituto Nazionale di Cultura Bengalese (BCII)

Una comunità tranquilla. Poi Rony mi spiega una cosa che effettivamente avevo notato, avendo abitato a Torpignattara: “negli anni ‘90 nel quartiere giravano brutte facce e spacciatori, l’arrivo dei bengalesi l’ha migliorato: siamo una comunità tendenzialmente tranquilla”. In effetti negli anni ’90 la mia famiglia lasciò una Torpignattara che non piaceva più, rimase mia nonna, che successivamente si lamentò del fiorire delle bancarelle: ma a guardare Torpignattara oggi è più viva e colorata rispetto ai miei ricordi, e con tutte quelle luci, risulta anche meno isolata e più sicura. Forse è anche per questo che non la si considera “periferia” come in passato.

“I bengalesi si dividono in tre tipi di lavoratori: il negoziante, il commerciante con il banco al mercato o lungo le strade e il ristoratore. Essendo la nostra un’immigrazione soprattutto maschile con l’intento di mantenere le famiglie rimaste al paese, alcuni di noi iniziano dai fiori e dai semafori perché si fa anche questo, abbiamo un orgoglio per mantenerci in vita: tra di noi è difficile che ci siano ladri, stupratori o gente che vende droga, così come tra le donne non c’è la prostituzione. Cerchiamo di non creare problemi con le altre comunità, magari al nostro interno si creano  situazioni negative, ma fuori quasi mai”.

L’integrazione. Eppure l’integrazione può risultare difficile, soprattutto in certi contesti: “abbiamo fatto tante manifestazioni contro il razzismo che spesso nelle periferie si traduce in violenza, soprattutto a Tor Bella Monaca o da parte di baby gang. L’altro problema è l’ignoranza che si riscontra in certa classe politica: nel senso di non conoscere e non sapere. Se non c’è fiducia e integrazione, se non si viaggia e non si incontrano altre culture, è ovvio che si alimenta l’intolleranza”.

Il Ramadan dei bengalesi

Bangla Academy (foto di Mauro Corinti www.immigrationflows.net)

“In Bangladesh l’88% delle persone sono musulmane, l’8% induiste, il resto si dividono tra buddisti e cattolici”. Rony è musulmano “di eredità familiare, ma non pratico, sono anzitutto un essere umano e un immigrato”. A Torpignattara ci sono “due moschee”, una è la Masjeed-e-Rome in via Gabrio Serbelloni 25, le cui tende spuntano proprio dal cortile interno del palazzo dove vivevo e l’altra è la Quba in via della Marranella 68; poi ci sono “due scuole che insegnano la lingua e la cultura bengalese” – Bangla Academy nella zona della Marranella, ospitata nel circolo locale di Rifondazione Comunista e Bangla Pathshala a Centocelle – “per non far perdere ai bambini di seconda generazione, e ora anche di terza, le proprie radici, che sono fondamentali: senza radici non siamo nulla”.

Il digiuno durante il mese di Ramadan  A Puran Dhaka, la parte vecchia della capitale bengalese, il Chawk Bazaar, il più grande mercato della città e uno dei più grandi al mondo – lungo 2 km – durante il Ramadan vende cibo Mughlai, diffuso dai musulmani nel nord dell’India, e ogni cosa che serve per l’Iftar, il pasto dopo il tramonto che interrompe il duro digiuno della giornata. Tra banchi di spezie e ristoranti tradizionali è possibile comprare pietanze di influenza indiana e pakistana: jhal muri speziato, ceci con riso soffiato (muri) e salsa di mango; pollo tikka marinato in una mistura di spezie e yogurt che si consuma con burro e salsa chutney di coriandolo verde e tamarindo; faluda, bevanda fredda e dolce fatta mescolando sciroppo di rose con semi di basilico, gelatina, perle di tapioca e latte, acqua o gelato; lassi, bevanda a base di yogurt, acqua e spezie.

       Capodanno bengalese a Roma 2011-1418             Rony Akther tra le presentatrici

Menu bengalese per il Ramadan. Ma il menu bengalese per eccellenza si compone di: datteri e succo di frutta oppure shorbot, zucchero, limone e ghiaccio: praticamente una limonata per recuperare subito un po’ di energie; piaggio, “come la vostra moto”, lenticchie gialle con cipolla e farina di ceci; begoni, melanzane a fette ricoperte di farina di ceci e fritte nell’olio: stessa cosa si fa con le polpette di patate e cipolle; ghumni, ceci bolliti con spezie, cipolla, aglio e peperoncino; infine il biriyani, dalla cucina persiana, pietanza a base di riso preparato assieme a spezie, carne, pesce, uova o verdure. Si chiude con la frutta.

Il Ramadan in Italia. “Per la comunità non è difficile praticare il Ramadan in un paese straniero, è un’abitudine che comporta non bere e fumare, mentre le donne preparano l’Iftar. Certo sicuramente qui bisogna lavorare per forza, ma anche in Bangladesh non è che si ferma tutto per un mese. Anche perché dopo il Ramadan c’è l’Id al-fitr”, la seconda festività religiosa più importante della cultura islamica.Viene celebrata come segno di gioia per la fine di un lungo periodo penitenziale: letteralmente significa “festa dell’interruzione [del digiuno]”. Durante questo periodo si fa tutto ciò che non si può fare durante il Ramadan: “si fanno compere: vestiti, scarpe nuove e regali per i bambini, un po’ come il vostro Natale. In Bangladesh però abbiamo due natali perché lo stesso si fa durante il Capodanno, dove per una settimana tutti hanno abiti nuovi – le donne per l’occasione indossano shari di stoffe pregiate dai colori accesi e gli uomini punjabi, vestiti lunghi, o koti, camicie a maniche larghe – si regalano fiori, libri, musica e ci si invita nelle case. Si chiama il Boishakhi Mela, letteralmente vieni, vieni primo mese”. Nell’antichità la festa seguiva il ciclo lunare e si inaugurava in primavera, col tempo la tradizione ha cominciato a seguire il ciclo solare stabilendo, come data per i festeggiamenti, il primo giorno del mese Boishak, che cade intorno al 14 aprile: il 2011 ha festeggiato l’anno 1418. Anche a Roma abbiamo organizzato una grande festa”. In attesa del 2012/1419!

Il primo festival della cultura bengalese. Ora Rony è impegnatissimo nell’organizzazione del  festival internazionale della cultura bengalese che si svolgerà in tre giornate, dal 14 al 16 ottobre 2011, presso largo Perestrello a Torpignattara. Il festival, primo del genere a Roma, in Italia e in Europa, sarà dedicato in particolar modo alla figura del filosofo bengalese Lalon Shah (1774-1890).

Alice Rinaldi(8 settembre 2011)