L’artista Olilga Milentiy, per la mostra L’Ucraina Artistica Celebra i 20 anni di indipendenza dell’Ucraina e i 150 anni dell’Unità d’Italia che giunge fino al 13 novembre al Museo della Civiltà Romana all’Eur, espone due installazioni, La dottrina è la luce e Paradiso o Santuario. Presenti anche lavori di Galyna Chukhal e Nadiya Stoyko, connazionali della prima, rispettivamente presenti con le opere L’anima dell’Indipendenza e Dolore, Amore, Speranza.
La mostra dedicata all’Ucraina fa parte di una rassegna molto più ampia, Arte e cultura dell’Europa dell’est a Roma (il calendario), promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico – Sovraintendenza ai Beni Culturali di Roma Capitale grazie all’iniziativa del Consigliere Aggiunto per l’Europa dell’Est, Tetyana Kuzyk. La sezione dedicata all’Ucraina vede poi lo specifico apporto delle ambasciate ucraine in Italia e presso la Santa Sede, e dell’Associazione Donne Lavoratrici Ucraine.
La rassegna, iniziata il 14 ottobre con questo Paese, arriverà sino al 20 giugno 2012 vedendo cronologicamente susseguirsi i contributi delle comunità russa, serba, albanese, della Bosnia-Erzegovina, croata e moldava. Contributi che spaziano nei vari settori dell’arte, espositivi e culturali, quindi convegni, conferenze, ma anche musiche, danze caratteristiche e film.
Lo sfondo della Civiltà Romana presente nel Museo ospitante, i cui servizi sono curati da Zètema Progetto Cultura, è poi sia un’eredità culturale nostrana stimata dai Paesi dell’Est Europa che, simbolicamente, una delle prime realtà politiche internamente multiculturali.
Paradiso qui? Le due installazioni della Milentiy hanno già avuto un riconoscimento internazionale alla Biennale di Venezia nel 2010. “Sono dedicate all’importanza di saper pensare e quindi progettare un mondo non distrutto dal progresso tecno genico” dice la Milentiy che da ucraina è storicamente legata al disastro di Cernobyl, che è sicuramente un movente creativo tutto nazionale per entrambe le installazioni.
“La vita può essere molto dura e portare molta miseria, ma è anche la cosa più bella che ognuno di noi ha su questa terra. Vorremmo vivere a lungo su questa terra … Il paradiso potrebbe essere su questa terra se ci si muovesse con intelligenza … Per questo credo dobbiamo pensare ai limiti del progresso tecnologico, progresso estremamente rapido cui non fa da contrappeso un altrettanto rapido sviluppo umano. Questo è un pericolo cruciale per tutti: perché potenzialmente è totalmente distruttivo. Senza comprendere quel che facciamo, cosa avviene? Alla mente? Alla razza umana?”
Evitare di sprofondare appoggiandosi al mito platonico. Per una delle due installazioni, La dottrina è la luce, l’aggancio è dato dal mito di Atlantide, quello inizialmente narrato nei dialoghi Timeo e Crizia di Platone. “A mio parere ha una valenza sociale utilizzare artisticamente la morale che Platone aveva in qualche modo sotteso all’idea di Atlantide”
Sprofondata in fondo al mare perché gli abitanti di Atlantide avevano “corrotto” la loro natura divina – nei dialoghi di Platone, l’isola mitologica è legata all’Olimpo – mischiandosi a quella umana, che nella metafora dell’artista ucraina diviene il rischio dettato dall’introduzione tecnologica nella natura o comunque dell’inveterata pratica a un poco meditato innesto.
Facilitare coscienziosi conti alla rovescia. Svitlana Kovalska, Presidente dell’Associazione Donne Ucraine Lavoratrici in Italia, spiega: “Fortunatamente l’umanità ha ancora del tempo per meditare. La struttura dell’installazione La dottrina è la luce vuole rendere conto proprio di questo tempo ancora a disposizione: vi sono tre livelli, in basso sul fondo vi è Atlantide, in alto invece vi è Andromeda, l’ultima stella che siamo in grado di vedere ad occhio nudo, con attorno giochi di specchi e luce che rappresentano la vita, la nascita.
Nel mezzo, c’è una stradina, un sentiero, da percorrere: rappresenta il passaggio, la reale capacità di movimento materiale come di scelta culturale e simbolica disponibile ancora alle persone, all’uomo. Lungo questo percorso sono visibili dei quadri che rappresentano la natura e la vita.
Insomma vedendo sotto di sé il destino cui è andato incontro Atlantide, l’uomo camminando ha la possibilità di scegliere come impostare il proprio presente e il proprio futuro. Scegliere dove andare: andare a fondo o creare possibilità di vita futura.”
Ruggine, il volto senza tenerezza dell’artificio. “L’altra installazione, Santuario o Paradiso – prosegue la Kovalska – si ricollega in altro modo sempre al tema dell’ecosostenibilità dell’uomo: mostra cosa è successo con il progresso tecno genico, indaga ovviamente anche l’energia nucleare. Di per sé si presenta come un grande parallelepipedo di metallo arrugginito, percorribile al suo interno dove vetri, luci e musica sono parte della strumentazione comunicativa messa a punto
dall’artista.
All’entrata è posto un quadro finestra che in sostanza è un trompe l’oeil su un panorama naturale ai cui confini sono posti dei lupi:
simboleggiano dei limiti, una frontiera da evitare di valicare. L’interno ancora una volta spinge il fruitore all’autoriflessione: Dove sto andando? se non cambio il mio modo di pensare e di vivere
All’interno della struttura è rappresentata la realtà di oggi, quello che può succedere di negativo così come la speranza … Il viaggio nella struttura vuole offrire una sorta di purificazione al fruitore. La scelta del materiale arrugginito rappresenta il risvolto decadente di un artificio umano.
Tanto per Valentin Rayevsky, l’ex presidente di NCA (la New Creative Association, organizzazione indipendente no profit nata nel ’90 a Kiev, ndr) che per Olilga, l’attuale presidente, noi siamo assetati d’amore. Queste installazioni rappresentano e servono a ritagliare un luogo in cui amore, tenerezza e speranza possano essere ricostituiti, tutelati: nell’idea che proprio questa percezione renda più chiaro nel fruitore dell’opera cosa vorrebbe dire perderli per l’azione dell’uomo stesso.”
Marco Corazziari
(3 novembre 2011)