“Scusi, è lei l’insegnante di italiano?”. Maria e Cristina sono sedute su una panchina fuori dalla porta della scuola Nino Antola di Via Marchetti. Aspettano l’inizio delle lezioni gratuite organizzate dalla scuola. Per loro è la prima lezione, ma i corsi sono iniziati il 4 ottobre, con cadenza bisettimanale fino a maggio.Maria è in Italia da undici anni e fa la badante da tre. Del corso non ha bisogno anche se dice, “vorrei migliorare la mia pronuncia”. È qui per sua nuora, che è a Roma solo da una settimana “ma un po’ di italiano lo capisce”. Maria scherza, raccontando di quando è arrivata in Italia: “i miei compaesani mi dicevano che la polizia poteva portarti via senza un motivo. Così ogni volta che sentivo una sirena, scappavo. Poi ho capito che se sei in regola non c’è problema”. Cristina ascolta e sorride. Ha raggiunto qui suo marito lasciando in Moldavia una bambina di tre mesi, e ora vuole imparare l’italiano per trovare lavoro, “così è più facile riunire la famiglia”.Tre classi, tre livelli. Alfabetizzazione, primo e secondo livello: gli studenti complessivi della scuola sono una trentina. Molti ragazzi, alcuni uomini adulti, e soprattutto tante donne che vogliono imparare la lingua per trovare un lavoro. Così Anjum, pakistana, che ha seguito suo marito qui a Roma un anno e mezzo fa. Lui ha trovato lavoro, ma per lei è più difficile: “mi chiedono la lingua e l’esperienza”. Hawa invece è somala, è in Italia dal 2001, e prima di approdare a Roma ha vissuto a Milano e Mantova. “Ma qui sto meglio, perché fa più caldo”, dice scherzando. Sorride anche quando ammette che in Italia si sta bene: “in Somalia c’è la guerra, qui no”.“Questa scuola esiste da dieci anni”, racconta il coordinatore dei corsi, Francesco Meneghetti Ciliberti. “Si appoggia al CPT 3 per l’attestato di conoscenza minima dell’italiano per il permesso di soggiorno”. Qui gli studenti vengono perché hanno bisogno dell’italiano per trovare lavoro, “anche se la maggior parte di loro sogna di tornare nel proprio paese”. La tipologia di studenti è varia “c’è il venditore ambulante, chi gestisce un banco al mercato, la badante. Molti vengono da altri municipi, o da fuori Roma: da Tivoli o Guidonia”.Tanti chilometri per un corso di italiano? Dev’esserci un segreto per una frequenza così attiva. “In realtà c’è un grande passaparola. Ci affidiamo a quello e ai volantini che affiggiamo nelle parrocchie”, continua il coordinatore. “Mi sono fatto fare anche dei bigliettini da visita col nome della scuola, così posso lasciarli a chi incontro per strada”. Mantenere la frequenza costante è difficile, a volte subentra la diffidenza. Come quando in passato gli studenti non volevano lasciare i recapiti per paura dei controlli. “Ora chiediamo solo il nome e la nazionalità, per le statistiche. Gli insegnanti della scuola crescono affiancando altri insegnanti, così da imparare sul campo, anche io ho iniziato così. Ogni anno impariamo qualcosa di nuovo”.Belen, venezuelana, è in Italia da tre anni e mezzo, e vive con un italiano: “sto con lui da undici anni”, ammette, con gli occhi che ridono. È il suo secondo anno alla scuola Nino Antola: l’anno scorso era al primo livello, quest’anno al secondo. Adora fare lezione con insegnanti “bravissimi”. L’importanza di iniziative come questa è che fungono da collante sociale per questo il passaparola funziona tanto.
Veronica Adriani(13 ottobre 2011)