Grande Moschea: non uno di meno

Roma è disseminata di sportelli che danno ogni tipo di informazione ai cittadini, anche stranieri. Nel nostro territorio molti patronati ( uil, inas) sono su strada, aiutano nell’ottenere i permessi di soggiorno, nei ricongiungimenti familiari, per tasse e pensioni.

Piuculture ha scelto di portare l’informazione ai fedeli della Grande Moschea in un giorno di notevole affluenza,  il 6 novembre, in occasione della festa del sacrificio. Abbiamo chiesto a Paola Piva, presidente dell’Associazione Piuculture di spiegare che notizie  hanno fornito agli stranieri

“Un messaggio semplice: imparare l’italiano è necessario per sentirsi a casa nel nostro paese. Per gli stranieri i corsi sono gratis. La frequenza può costare un certo impegno, ma non si deve pagare nulla. Il diritto allo studio vale anche per loro, soprattutto tenendo conto che la conoscenza della lingua è richiesta dallo stato italiano per accedere al permesso di soggiorno” a rispondere è Paola Piva presidente della associazione Piuculture

“Come mai non bastano gli sportelli distribuiti nei quartieri? Era necessario andare proprio lì, in mezzo alla folla dei fedeli?”

“Più che mai necessario. Gli sportelli funzionano per chi cerca attivamente una certa informazione, in pratica per lo straniero che sa dell’esistenza dei corsi. Scuolemigranti è una realtà straordinaria di attivismo civile, un vero movimento di scuole basate sul volontariato sparse in tutta la città. In genere gli straneri vengono a conoscenza dei corsi dagli stessi allievi, il tam tam è uno strumento straordinario. L’accesso alle scuole gratuite è in crescita; nell’ultimo anno scolastico sono arrivati ben 9.500 stranieri, con un incremento del 30% rispetto alla precedente rilevazione (biennio 2008-2009). Ma il passa parola e gli sportelli hanno dei limiti.

Le volontarie di più culture informano sui corsi di italiano L2

Abbiamo deciso di sperimentare una forma di informazione attiva, portandola a voce, di persona, là dove si addensano gli stranieri. Tra l’altro è un modo interessante di capire i meccanismi di esclusione sociale. Ho incontrato stranieri che non parlano affatto la nostra lingua, isolati, analfabeti, senza permesso in regola. Situazioni scoraggianti che si tengono alla larga dagli sportelli e anche dalle scuole. In mezzo alla folla è possibile trasformare l’informazione rivolta a un singolo in un gioco di gruppo. Per esempio, alcuni dicevano “io me la cavo a parlare, sul lavoro mi basta” senza sapere che l’attestato di conoscenza della lingua include una prova scritta di italiano. Lo spiegavo ad uno di loro ed ecco si avvicinavano 5-6 più timidi. Qualcuno spiegava in arabo agli altri, il cerchio si allargava, nuove domande. Ogni risposta sollecitava altre questioni, dubbi, si è creata circolarità”.

“Come vi siete organizzati?”

“Questi bliz alla Moschea fanno parte di una strategia coordinata. Il giornale dedica una pagina specifica sui corsi che si tengono in tutta Roma e abbiamo creato il pulsante “dove trovo?” che rinvia all’elenco dei corsi nel nostro territorio. Poi stiamo informando i volontari delle associazioni, parrocchie e centri Caritas. Può stupire, ma molti operatori che sono a contatto ogni giorno con stranieri non sanno orientarli sul diritto allo studio. Agli sportelli portiamo volantini in tante lingue con l’indicazione del sito dove si trova l’elenco dei corsi… Ci ringraziano calorosamente, speriamo che si ricordino di passare i volantini agli interessati. Ora vogliamo dedicarci alla comunicazione di strada, portare il messaggio in mezzo alla folla”.

“Perché proprio la moschea?”

La prima volta è stato il 30 agosto, per la fine del ramadan. In quella occasione abbiamo capito che c’è un bisogno massiccio di comunicazione attiva. Siamo tornati a casa sapendo di aver raggiunto forse un centesimo del nostro target. L’esperienza aiuta a perfezionare il metodo. Ci vuole un banchetto all’entrata, volantini in arabo, tagalog, francese, inglese. Alcuni volontari stanziali, altri che girino. Io sono tra quelli, mi piace abbordare la gente e non me la prendo se qualcuno mi scarta con fastidio. Mi ricompensano – e sono la maggior parte – quelli che sorridono, ascoltano, ringraziano.

Una famiglia somala ascolta le volontarie di Più Culture

Ognuno ha il suo stile e con l’esperienza si affina. Per esempio come scegliere le parole chiave, quelle da dire per prime: corso gratis di italiano, accentuando il gratis. Come presentarsi. Ho notato che la coppia con figli ascolta volentieri, se mi rivolgo all’uomo. Anche il gruppo di donne è facile da avvicinare, ma conviene aspettare quando hanno esaurito gli abbracci di rito e il racconto delle novità. Allora vedi che si guardano attorno svogliate ed è il momento buono per introdursi nel gruppo. La prossima volta forse ci doteremo di una fascia sul braccio o un fratino con i colori di Piuculture, per farci distinguere in mezzo al popolo dell’islam”.

“Ne parli con piacere, si direbbe che vi siete divertiti”

“Si. Parlare per tre ore girando in mezzo alla gente è molto stancante, ma incontri il mondo, tante lingue, volti diversi, scambi interessanti. Tornando a casa ripensavo alle 150 ore, il diritto allo studio degli operai. All’epoca c’erano i consigli di fabbrica, migliaia e migliaia di delegati che dialogavano giornalmente per spiegare, in mensa, nei reparti. Luoghi e strutture aggreganti. Le scuolemigranti hanno solo il tam tam degli allievi. Oggi come ieri penso che il diritto allo studio è una leva chiave per l’emancipazione. Bisogna raggiungere tutti. Come dicevamo una volta: non uno di meno”.

 Melissa Neri(8 novembre 2011)