L’Italia sono anch’io: Piuculture si attiva per la raccolta firme

Raccolta firme per "L'Italia sono anch'io"Bilancio positivo per la prima giornata di raccolta firme promossa dall’associazione Piuculture nell’ambito della campagna “L’Italia sono anch’io”. Due i banchetti allestiti domenica 20 novembre presso la chiesa di Santa Maria della Mercede e Sant’Adriano, nel quartiere Salario, per il sostegno alle leggi di iniziativa popolare volte a garantire pieno diritto di cittadinanza ai figli di migranti nati o cresciuti in Italia e diritto di voto alle elezioni amministrative per i cittadini stranieri residenti regolarmente nel nostro paese da almeno cinque anni. “Per ogni proposta servono 50.000 firme, ma puntiamo a raccoglierne 500.000” spiega la presidente dell’associazione, Paola Piva: “Per questo insieme alle altre organizzazioni promotrici della campagna scenderemo di nuovo in piazza il 16 e il 17 dicembre nella giornata mondiale contro il razzismo”.È domenica, il tema è di quelli che non passano inosservati, sarà forse per il clima politico che si respira da qualche mese. Di fatto sono molti gli italiani che hanno voglia di dire la loro.

I bambini che nascono o crescono in Italia hanno diritto di diventare italiani? Eugenia non ci pensa due volte: “Firmo prima di tutto per il rispetto di un diritto sacrosanto di gente che ha abbandonato i propri paesi, i propri affetti, le proprie radici. Queste persone fanno il sacrificio di portare qui i figli, di crescerli, di produrre reddito con il loro lavoro però noi sappiamo solo sfruttare”. La negazione della cittadinanza ai ragazzi nati in Italia per lei: “È egoismo e razzismo insieme”.Raccolta firme per "L'Italia sono anch'io"Secondo Giovanna invece l’Italia non è ancora pronta: “E non lo sono neanche gli immigrati”. La cittadinanza, secondo lei, richiede integrazione “E oggi siamo ancora troppo diversi. Se ne potrà parlare tra almeno due generazioni”. Per Bruno le differenze culturali, certamente esistenti, non possono essere utilizzate come fattore di esclusione: “Penso che lo straniero abbia i nostri stessi diritti purché presenti almeno un minimo di requisiti. Questa discriminazione va eliminata. È una responsabilità anche morale, per cui l’iniziativa è da applaudire”. Claudio è interessato alla questione, ma prima di firmare vuole approfondire meglio: “La cittadinanza ha un valore e un peso importante. È necessario che la persona sia ben inserita nella società e questo richiede una situazione stabile e regolare del nucleo famigliare perché secondo me la famiglia è alla base di tutto”. E ci vuole trasparenza: “L’importante è che non ci siano sotterfugi, perché in Italia quando si creano delle fessure poi si rompono delle dighe e si perde il valore, l’intenzione pura iniziale”.

Chi vive e lavora in Italia ha diritto di partecipare alle decisioni amministrative? Nessun dubbio per Roberto: “Certo che sì. È una questione di correttezza e di equità formale e sostanziale. Stiamo parlando di persone che vivono in Italia, contribuiscono alla crescita del paese ed è giusto che abbiano voce in capitolo”. La nazionalità, secondo lui, non può e non deve essere vissuta come una barriera: “Basta con la visione dell’orticello ristretto per cui  noi teniamo quello che abbiamo e poi agli altri quello che succede, succede. Non c’è una distinzione netta per cui tu sei francese, tu sei marocchino, io sono italiano e siamo diversi. Ma dove siamo diversi?”. Raccolta firme per "L'Italia sono anch'io"Maria è di tutt’altro avviso: “Noi abbiamo un’altra storia, non possiamo imporgliela. Loro hanno le loro tradizioni. Quindi separati e distinti”. La sua, dice, è una visione realista: “Io prima penso ai miei figli ed ai miei nipoti che a cinquant’anni non hanno lavoro. È inutile che vada a pensare a quello che sbarca di notte. Questo è un momento tragico. Non ce n’è per nessuno”. Alfonso invece ritiene anacronistica una difesa della nazionalità: “Fondata soltanto sul fatto di essere nati in un territorio e di appartenere, ancor peggio, per motivi di sangue a una comunità”. Perché la comunità non è un’entità data e immutabile: “È qualcosa che si forma, una sorta di work in progress e dovrebbe essere non esclusiva, ma inclusiva”. A patto però che si viva l’incontro tra culture non come una minaccia, ma come una fonte di arricchimento: “Considerare l’altro uguale a me non perché mi è simile,  ma proprio in virtù della sua diversità. È un po’ come un padre, che ama i figli non perché sono tutti uguali, ma in quanto ognuno dà qualcosa”.Giancarlo condivide la proposta relativa alla cittadinanza, ma non firma per il voto. “Per i bambini sono d’accordo perché non c’entrano nulla, non è una loro decisione. Per gli adulti no perché io conosco delle persone che arrivano da altri paesi, lavorano anche con me, e sono brave persone. Però il 70% degli immigrati non sono bravi. Ci vuole più selezione ”. La vera priorità, a suo avviso, è un cambiamento complessivo delle politiche di gestione dei flussi migratori: “Invece di spendere dei soldi per i centri di accoglienza bisognerebbe investire nei paesi di origine, creando delle scuole di formazione”. Un mutamento qualitativo, volto a garantire che chi arriva in Italia abbia già le competenze necessarie ad entrare nel mondo del lavoro: “A quel punto si può fare anche un passo in avanti e pensare di riconoscere ulteriori diritti”.

Sandra Fratticci(24 novembre 2011)