Nucleare iraniano, tanto rumore per nulla?

Il relatore Ali Karimi (a destra)

L’Iran si sta dotando della bomba atomica? Potrebbe usarla per distruggere Israele? E quest’ultimo starebbe a guardare o tenterebbe un attacco preventivo? Lo scorso venerdì 11 novembre presso l’Istituto per l’Oriente C.A. Nallino, Ali Karimi, dottorando di origini iraniane all’Università di Napoli ‘L’Orientale’, ha tenuto la conferenza “La questione nucleare iraniana”. L’obiettivo è stato quello di gettare acqua sul fuoco dopo il rapporto degli ispettori dell’Aiea – Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica – preoccupato dalla possibilità che l’Iran stia lavorando per arrivare alla realizzazione di ordigni nucleari.

L’ ultimo dossier trimestrale dell’Aiea, per la prima volta da sette anni, ha assunto toni molto preoccupanti, sugli “indizi convergenti” che indicano l’esistenza di un piano per la costruzione della bomba atomica, considerato “tendenzioso” dal regime degli Ayatollah. L’ambiguità della situazione sta nel fatto che le tecnologie per l’arricchimento dell’uranio per fini militari e civili siano le stesse, cambia solo la percentuale dell’isotopo 235, circa al 90% nel primo caso, al 20% nel secondo. La comunità internazionale si è trovata spaccata: da una parte si va dalla richiesta di sanzioni, seguendo le vie diplomatiche, di Usa e Unione Europea al possibilismo di un intervento armato di Israele e Gran Bretagna. Dall’altra Russia e Cina sono contrarie al deferimento in seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la prima interessata a vendere tecnologia all’Iran, la seconda all’acquisto di idrocarburi, così come i paesi non allineati, buona parte di Africa, Asia e Sud America, timorosi che si venga a creare un pericoloso precedente che blocchi loro eventuali studi sull’energia atomica.

È diffuso il timore, attualmente infondato, nell’opinione pubblica mondiale, che se l’Iran arrivasse alla realizzazione di ordigni nucleari, potrebbe usarli come arma contro Israele, a sua volta pronto, da quanto si evince dalle parole del premier Netanyahu e del ministro della difesa Barak, ad un attacco preventivo. Più probabili sembrano le mire iraniane ad un ruolo di primo piano nell’area del Medio Oriente, vista la crisi dei rivali storici dell’Arabia Saudita, impegnati a spegnere il dissenso interno, trainato dai focolari di rivolta del Nord Africa, Bahrein e Yemen.

Vignetta satirica che ironizza sulle intenzioni di Ahmadinejad, fonte www. coxandforkum.com

La mancanza di fiducia “Dal punto di vista giuridico non ci sono discussioni, perché o la bomba atomica c’è o non c’è, non si può fare un processo alle intenzioni”, dichiara Karimi. Il problema sta nella ‘lack of confidence’, la mancanza di fiducia verso l’Iran, “nemico dell’occidente” dalla rivoluzione del 1979 che rovesciò lo Scià, filoamericano, portando al potere l’ayatollah Khomeini. Dopo una fase riformista e di apertura, l’elezione di Ahmadinejad è costata passi indietro nei rapporti internazionali, specie dopo alcune frasi sulla “sparizione dello stato di Israele dalla carta geografica”. Secondo Karimi “l’assenza di credibilità è giustificata dal fatto che l’Iran sia una teocrazia che ha spesso violato i diritti umani, ma in questo caso non si può parlare di infrazioni, la ricerca in ambito nucleare a fini pacifici è garantita dall’articolo 4 del Trattato di Non Proliferazione, non si ha nessuna prova che l’obiettivo ultimo sia l’ordigno”.

Manifestazione studentesca nei pressi dell'impianto di Isfahan, 430 km a sud di Teheran

La questione nucleare iraniana, tra alti e bassi dagli anni ’50 ad oggi, è riemersa nell’agosto 2002, quando in una conferenza a Washington il Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, movimento dissidente, ha svelato l’esistenza di due siti segreti dove veniva arricchito uranio, ufficialmente per la produzione di energia a scopi civili. La verifica dell’Aiea ha sì riconosciuto, nel febbraio 2003, la violazione degli Accordi di Salvaguardia, che impongono la comunicazione di ogni variazione, come la creazione di nuovi impianti, ma anche la liceità delle operazioni lì compiute. Come sanzione fu chiesto di sospendere le attività e iniziarono dei negoziati guidati da Stati Uniti e i cosiddetti Euro 3, Gran Bretagna, Germania e Francia. Con l’accordo di Parigi del novembre 2004 l’Iran cedeva alle pressioni, in cambio di una futura collaborazione con l’occidente nei campi di sicurezza e tecnologia. Con l’avvento di Ahmadinejad come Presidente della Repubblica, l’Iran ha effettuato un brusco cambio di direzione, con la richiesta all’Aiea di togliere i sigilli agli impianti e la ripresa delle attività di arricchimento dell’uranio, sostenendo il proprio diritto alla produzione di combustibile nucleare, con un appoggio condiviso dalla popolazione, che “non vede di buon occhio le ingerenze straniere, frequenti dalla scoperta del petrolio nel 1908”.

Gabriele Santoro
(14 novembre 2011)