“Noi c’eravamo”, afferma l’ex sindacalista Paola Piva alla presentazione del libro di Francesco Lauria Le 150 ore per il diritto allo studio, Edizioni Lavoro. Si rivolge alla platea composta da chi ha combattuto da protagonista una battaglia che non ha prodotto vittime. Anzi, “ha contribuito a renderci lavoratori consapevoli che non subiscono passivamente le decisioni dei dirigenti nel lavoro e nel sindacato “suggerisce Tiziana Salmistraro. Nel ’70 giovane operaia Indesit, con le 150 riuscì a studiare e modificare il percorso della propria vita.
Le 150 ore sono il limite massimo di permessi retribuiti che un lavoratore può ottenere dall’azienda per frequentare corsi di formazione.I metalmeccanici organizzati nel sindacato unitario FLM, furono i primi ad avere nel contratto questa possibilità. “Nel 1973, quando oltre il 70% degli italiani era senza licenza media”, precisa Piva che in quegli anni coordinava a livello nazionale l’esperienza. “Nei sindacati si discuteva in maniera accanita, nel merito, questo era il bello” aggiunge Roberto Pettenello, responsabile formazione della CGIL, il quale si augura che i dirigenti sindacali affrontino con lo stesso spirito le vertenze attuali. Secondo Augusto Venanzetti della Casa dei Diritti Sociali e coordinatore di Scuolemigranti. “Fu la la rottura dell’unità sindacale nel 1984 a segnare il declino dell’esperienza delle 150 ore. La loro valorizzazione oggi si esplica su due versanti:la formazione permanente e l’istruzione dei lavoratori immigrati. Il diritto allo studio oggi non è finanziato. Lo stato vincola il permesso di soggiorno degli stranieri alla conoscenza certificata dell’italiano, ma non sostiene i centri territoriali pubblici che dovrebbero organizzare i corsi. A questa mancanza supplisce il volontariato. A Roma l’anno scorso Scuolemigranti ha insegnato l’italiano a 9.500 stranieri”. Paola Piva, racconta la giornata informativa realizzata alla Moschea : “Molti stranieri non sanno neppure che ci sono corsi gratuiti e che rischiano l’espulsione se non li frequentano”. Franco Pittau, responsabile Caritas del Dossier Immigrazione, lancia l’allarme su l’analfabetismo di ritorno. “Stiamo diventando un paese senza qualità e dobbiamo reagire. Come ai tempi delle 150 servono azioni positive. Mettiamoci insieme, chiediamo alle scuole di ritagliare luoghi da gestire per corsi e iniziative sociali. E aggiunge, provocatoriamente, regaliamoci un master di qualità, dedicato a tutti, italiani e migranti”.
Valentina Vivona(1 dicembre 2011)