Circoncisione in Italia? … proposte e riflessioni di alcuni protagonisti

Raffigurazione della pratica della circoncisione in un’antica pittura egiziana, ritrovata a Sakkara

“All’interno della nomenclatura medica del sistema sanitario nazionale l’operazione per circoncisione non figura, cioè un medico allo stato attuale non può fare una prescrizione medica di questo tipo per ragioni culturali e non per ragioni di salute.
Parliamo di una pratica estremamente diffusa tra le culture ebraiche e musulmane: generalmente i bambini vengono circoncisi nei primi 7-8 giorni, qualche volta si giunge anche ai 2-3 mesi”
A parlare è Foad Aodi, medico fisiatra di origine palestinese, presidente Amsi, l’Associazione Medici Stranieri in Italia e  della Co-mai, Comunità del Mondo Arabo in Italia, quest’ultima molto coinvolta dalla querelle, spesso sia dal  punto di vista dei costumi che della religione.

Una riproposta. “Da tre anni l’Amsi si esprime negativamente su questa carenza della nomenclatura. Quel che abbiamo rilevato dagli sportelli della Co-mai è che le richieste sono aumentate notevolmente: ormai l’ampia presenza di musulmani sta generando una domanda non relativizzabile.
A fine dicembre l’Amsi ha rivolto un appello al ministro della salute Balduzzi e al ministero per l’integrazione e cooperazione internazionale per riportare all’attenzione delle istituzioni questa questione che noi reputiamo irrisolta. Quel che chiediamo è che la circoncisione venga introdotta in nomenclatura, sia effettuata da medici riconosciuti, che possa passare attraverso un ticket e/o strutture private convenzionate. Sostanzialmente quel che ci prefiggiamo con questi strumenti è di offrire servizi per evitare che gli interessati si rivolgano a “praticoni” e potenziali speculatori. Sconfiggere le irregolarità affinchè, come avviene ora, molti non tornino al proprio Paese solo per l’operazione. Diminuire i disagi delle famiglie ed esporre meno il paziente ad infezioni dettate da luoghi malsani e/o inesperienza dell’operatore. So che Veneto e Toscana sono regioni a questo riguardo maggiormente all’avanguardia”

La comunità ebraica. La situazione della comunità ebraica in Italia, almeno ascoltando le parole del rabbino Ariel Di Porto, sembra forse più protetta e strutturata di quella musulmana, ma c’è una certa convergenza sull’iniziativa Amsi, anche se con un’importante precisazione sul circoncisore e sul luogo: “Avendo un significato religioso, la rete è coordinata dal rabbinato, che ne registra l’esecuzione. Il fai da te non è praticamente contemplato, perché le famiglie sono le prime a sentire la necessità di operare nella massima sicurezza. Normalmente il circoncisore (mohel) è un medico, che prima di effettuare la circoncisione fa una visita di controllo al neonato e segue il decorso post-operatorio.
Naturalmente non è piacevole vivere in un regime di semiclandestinità, in cui si è tollerati, almeno sino a quando non vi sarà un episodio che porterà a stigmatizzare dei comportamenti sinora accettati. Per questo sarebbe urgente comprendere l’esigenza di legalizzare la pratica, affidandola a personale specializzato, che opererebbe con maggiore tranquillità.
Circa la possibilità di praticare la circoncisione in ambiente ospedaliero, bisogna fare un distinguo: gli operatori sostengono che sarebbe quanto mai opportuno operare in ambiente sterile, le famiglie dal canto loro amano l’atmosfera casalinga, che ammette la possibilità che parenti ed amici si uniscano alla gioia per la nascita del nuovo arrivato. Per soddisfare entrambe le esigenze andrebbe pertanto elaborata una soluzione intermedia, che garantisca la sicurezza dell’intervento, senza che si svolga in un clima eccessivamente asettico, che consenta lo svolgimento della parte rituale della cerimonia, alla quale presenzia un rabbino, e che viene allietata da canti tradizionali e seguita da un rinfresco. Oggi la legge garantirebbe già di effettuare la circoncisione in strutture private, ma si tratta di una strada non percorribile per via dei costi non sostenibili per la stragrande maggioranza delle famiglie. L’istituzione di un ticket aiuterebbe dal punto di vista economico, ma prima andrebbero affrontate una serie di questioni sulla fattibilità della cosa, anzitutto che la pratica venga affidata per la parte ebraica ad un mohel professionista, riconosciuto dall’autorità religiosa e formato ad hoc, e non ad un semplice chirurgo. ”

“Dal punto di vista strettamente medico – aggiunge Aodi – la circoncisione ha funzione d’igiene e prevenzione visto che il prepuzio conserva agenti patogeni. Ci sono dati che indicano anche che le donne musulmane hanno percentuali minori di papilloma virus (notoriamente a trasmissione sessuale, ndr) che non quelle europee. L’attribuzione di questa migliore condizione internamente alle popolazioni arabe è nell’ipotesi di vai ricercatori attribuibile alla diffusione della pratica di circoncisione maschile”

Religione: dietro la medicina e l’attuale presente. Tanto nel caso ebraico che in quello musulmano si tratta di una pratica estremamente antica che viene attribuita a profeti cui entrambe le religioni fanno comunemente riferimento e, in questo senso, per motivi temporali, l’islam lo mutua dalla prima.
“La milàh (circoncisione) è uno dei precetti più cari al popolo ebraico, perché attraverso di essa viene stretto il patto fra il Signore ed il popolo d’Israele. Cronologicamente è uno dei primi precetti, essendo stata già comandata al patriarca Abramo, come narrato nel libro della Genesi.” spiega il rabbino Ariel Di Porto.

Salameh Ashour, di origine palestinese, fuggito dalla sua terra con la famiglia 40 anni fa, è un esponente storico di spicco della comunità musulmana in Italia. Interessato alla cultura umanistica italiana ancor prima di giunger da noi, poi qui professore di cultura islamica e lingua araba è da sempre dedito al dialogo interculturale e interreligioso, a suo dire “uno degli obiettivi più belli del viaggio dell’esistenza”.
“La circoncisione sin dalle origini per i musulmani ha senz’altro funzione igienica, ma questo aspetto si fonde ad una precisa visione religiosa dell’essere umano, del suo corpo, in questo caso quello maschile, e in generale del rapporto uomo-donna.  L’essere umano è considerato centro consapevole dell’universo, di cui Dio è creatore, creatore quindi anche del corpo umano. E così come Dio desidera che ogni nostro atto abbia un’anima, anche le esigenze del corpo, così indica una manutenzione per il fisico, esattamente come un meccanico potrebbe fare con un’automobile. Tanto la donna che l’uomo ad esempio devono lavarsi, in specie i propri organi, sia prima che dopo il rapporto, ma anche dopo i bisogni corporali: non è un caso che storicamente i lavabi nelle zone immediatamente esterne delle abitazioni occidentali furono introdotti in seguito al contatto con culture musulmane.
Ovviamente il rapporto sessuale è visto positivamente dall’islam: momento di congiunzione tra uomo e donna, Dio ricompensa entrambi per il rapporto stesso: in quanto ognuno ha dato gioia all’altro”

Marco Corazziari
(2 febbraio 2012)