Lavoro migrante, strutturazione e tutela del fenomeno

Cristiano Marini, demografo

“La crisi economica ha colpito nella stessa misura lavoratori italiani e stranieri. Questo sta a significare un forte radicamento della manodopera immigrata nel nostro paese, non sono stati gli ultimi ad entrare e i primi a pagare le conseguenze”, spiega Cristiano Marini, demografo, nel corso di un incontro avvenuto il 30 gennaio al Cnr – Consiglio Nazionale delle Ricerche – dedicato al tema delle migrazioni e dell’occupazione. Secondo le statistiche, le possibilità degli stranieri di perdere l’ impiego da un anno al successivo sono variate solo di pochi punti percentuali, se si esclude il crollo delle aspettative nel settore industriale.

Nell’ultimo decennio il numero di immigrati regolari è triplicato, arrivando ai circa 4,5 milioni del 1 gennaio 2011. Di questi, l’86% si trova al centro-nord, e poco più di 600 mila unità nel meridione. “Le cause sono nel grande sviluppo economico di inizio decennio, fino al 2007 la ricchezza dell’Italia centro-settentrionale era ancora superiore alla media europea”. Il flusso migratorio verso il nostro paese è rimasto costante nonostante la crisi, rispetto ad altre economie deboli dell’Unione Europea, come Irlanda e Spagna, proprio per la maggior sistematicità del fenomeno.

Deficit strutturali Il peso dell’economia sommersa è calcolabile nell’ordine di 255-275 miliardi di euro, circa il 17% del Pil. Gli irregolari sono stimati in 3 milioni al 2008, impiegati principalmente nei servizi domestici (55%) e nell’agricoltura (36%), geograficamente più presenti nel sud Italia. “Il crollo della popolazione in età lavorativa è stato di oltre 2 milioni di persone, specie nella fascia fino ai 34 anni, ma ampiamente controbilanciato dall’arrivo di stranieri. Gli ultra ottuagenari sono circa 1,5 milioni, con un conseguente accrescimento dei casi di invalidità, dove l’unico ammortizzatore sociale efficace si è rivelato la famiglia d’appartenenza”.

Marco Fasciglione (a destra) e il moderatore dell’incontro Giuseppe Gesano

Protezione dei lavoratori migranti in ambito europeo “Sul tema c’è uno scontro tra la visione di una centralità delle garanzie individuali e chi pone la priorità sulle strutture economiche a scapito di organismi politici e giudiziari”, è l’analisi  di Marco Fasciglione dell’istituto di studi giuridici internazionali del Cnr. La tendenza prevalente della giurisprudenza è di dividere lo status dei lavoratori migranti tra regolari e irregolari, è con questi ultimi che si vedono limitati i meccanismi di protezione. I punti di riferimento sono lo statuto del 1977 e la Carta sociale del 1961, rivista nel ’96. “Il tentativo era di bilanciare le esigenze di regolamentazione degli stati e l’obbligo di garantire i diritti fondamentali, con una tendenza al loro ampliamento nella prassi degli organi di monitoraggio”. Significativa in questo senso la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo contro la Francia, condannata il 26 luglio 2005 per l’assenza di adeguati strumenti legislativi di tutela contro il lavoro forzato, cui una donna togolese irregolare, Siliadin, era stata costretta sotto minaccia di denuncia alle autorità.

Strumenti internazionali di riferimento sono le convenzioni dell’Ilo – International Labour Organization – la n. 97 del 1949 e la 143 del 1975. La prima introduce il principio di parità di trattamento a condizione che il lavoratore sia regolarmente presente in uno stato contraente. La seconda riconosce anche all’immigrato in condizioni abusive delle garanzie per il rispetto dei diritti basilari, ma “il limite previsto dall’art. 16 dà facoltà agli Stati di escluderne l’accettazione”. Nel 1990 la convenzione delle Nazioni Unite ha ampliato la tutela ratione personae includendo diritti sindacali, sociali, assistenza medica, educazione dei figli, accesso all’abitazione. Nella parte VI c’è l’obbligo per gli stati contraenti di evitare che la presenza di irregolari sfoci in condizioni di sfruttamento. “L’efficacia è svilita dal fatto che solo 45 paesi hanno aderito e nessuno di questi è destinatario dei flussi”.

Gabriele Santoro
(31 gennaio 2012)