OIM: Migrazioni dal 1951 al 2011

“Ero nel deserto vedo avvicinarsi da lontano un animale, quando è più vicino capisco che è un uomo, ed una volta più prossimo a me, mi rendo conto che è un mio fratello” con questo detto senegalese Ejaz Ahmad, giornalista pakistano in Italia dal 1989, introduce l’importanza del riconoscimento politico e dell’integrazione sociale del migrante, durante la presentazione del volume dell’OIM “1951-2011 le migrazioni in Italia tra passato e futuro”, che si è tenuta giovedì 8 febbraio presso la sala Marconi di Radio Vaticana . “I migranti hanno e stanno cambiato questa società, fanno già parte del tessuto sociale italiano ma non ancora di quello politico” ha continuato “mi auguro che la ricerca dell’organizzazione internazionale per le migrazione diventi libro di testo nelle scuole per far capire ai giovani quanto l’emigrazione italiana ha costruito all’estero e quanto i migranti in Italia posso dare a questo paese”.

L’indagine presentata dall’OIM vuole essere un invito alla riflessione sul significato del fenomeno migratorio dall’Italia e verso l’Italia” ha spiegato Franco Pittau, coordinatore del Dossier statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Un excursus storico che mostra i dati dell’emigrazione dei nostri connazionali e le loro difficoltà di inserimento nei paesi d’arrivo – secondo il censimento del 1861 gli italiani all’estero erano 230mila, mentre gli stranieri in Italia erano appena 89mila su una popolazione di 22milioni di persone. “Erano poveri senza istruzione con scarsa conoscenza della lingua del luogo, con una diversa pratica religiosa, esposti al disprezzo e anche alle ostilità fisiche, chiusi nelle loro little Italy come oggi i migranti in Italia si chiudono nelle loro comunità, un modo per difendersi e sentirsi al sicuro” continua Pittau.I numeri dell’emigrazione italiana hanno un forte incremento negli anni del secondo dopoguerra quando fu lo stesso De Gasperi ad affermare “Imparate una lingua e andate a lavorare all’estero”. Il boom degli espatri si raggiunse nel 1967 con 387 mila italiani fuori dal paese. L’inversione di tendenza si avrà solo negli anni settanta, dopo il miracolo economico: l’Italia da paese di emigrazione diventa paese di immigrazione e nel 1975 per la prima volta i rimpatri prevalgono sugli espatri – attualmente i dati statistici registrano un’uscita di meno di 50mila persone l’anno.

Al primo gennaio 2011 gli italiani all’estero risultano poco più più di 4milioni, mentre gli stranieri residenti in Italia sono 4,5milioni, più della metà arrivati nell’ultimo decennio. “Secondo l’Istat questi numeri sono destinati ad aumentare, nel 2050 gli stranieri in Italia saranno 12,4milioni, nel 2065 oltre 14,1milioni, più del 20% della popolazione” continua Pittau. “Appare evidente come il Bel Paese, insieme alla Spagna abbia sperimentato una nuova logica di migrazioni negli ultimi 15 anni. Tutto ciò ha accentuato però il problemi di integrazione di natura soprattutto politica, basti pensare alla difficoltà per ottenere la cittadinanza anche per coloro che sono nati in Italia” spiega Natale Forlani, direttore centro studi emigrazione. “L’aumento degli stranieri non significa la distruzione del nostro paese – specifica Andrea Olivero, presidente ACLI – ma anzi un suo arricchimento culturale ed economico. Il problema a livello legislativo è però ancora aperto. Le leggi che si sono susseguite hanno infatti dato una soluzione immediata piuttosto che strutturale e di lungo periodo, creando modelli di integrazione particolari che favoriscono lo sfruttamento ed il lavoro in nero della manodopera straniera. Uno spreco rispetto alle risorse che i migranti portano con sè. È indispensabile quindi introdurre delle soluzioni politiche che vanno al di là degli schieramenti di destra o sinistra, per il rispetto dell’uomo e per il futuro del nostro paese”.

I flussi migratori sono un’importante risorsa economica e Franco Pittau lo ricorda citando le parole dell’economista canadese John Kenneth Galbraith “ le migrazioni sono la più antica azione di contrasto alla povertà, selezionano coloro i quali desiderano maggiormente riscattarsi, sono utili per il paese che li riceve, aiutano a rompere l’equilibrio di povertà nel paese di origine; quale perversione dell’animo umano ci impedisce di riconoscere un beneficio tanto ovvio?”.

Melissa Neri(10 febbraio 2012)