America latina a duecento anni dall’indipendenza

L’Istituto italo-latino americano ha ospitato il 7 marzo il segretario della pontificia commissione per l’America latina Guzmán M. Carriquiry Lecour per la presentazione del libro “Il bicentenario dell’indipendenza dei paesi latinoamricani”, un piccolo saggio tascabile disponibile in italiano e spagnolo.

Tempo di bilanci. Il bicentenario dell’emancipazione dell’America latina dall’Europa è l’occasione per analizzare il passato in funzione critica, per evidenziare elementi virtuosi o irrisolti del processo di indipendenza. Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere della pontificia Accademia delle Scienze Sociali, ha introdotto il saggio. Nella sua analisi del libro ci racconta una partecipata attenzione dell’autore ai processi economici che hanno permesso ai paesi dell’america latina di uscire più rapidamente dalla crisi economica globale. L’economia latino americana rispetto alla crisi ha beneficiato di una struttura bancaria solida, di un’encomiabile capacità dei produttori agricoli unita al vantaggio sul rincaro dei prezzi delle materie prime. Elementi di forza che hanno permesso di sostenere importanti politiche anticicliche. Il Brasile, ad esempio, ha superato la Gran Bretagna in performances attestandosi al VII posto nella classifica delle economie del mondo. Ma Guzmán, ricorda Sánchez, fa solo un “elogio prudente” ai risultati dell’America latina.

Successi e promesse. Accanto a fattori virtuosi acquisiti negli anni – l’impegno per la trasparenza nell’amministrazione, una maggiore attenzione a tematiche ambientali e di sviluppo sostenibile – coesistono promesse che l’indipendenza non ha saputo realizzare. Dalla subordinazione alle economie anglosassoni, al traffico della droga, alla bassa scolarizzazione – attestata in media ad 8 anni – ad una disomogeneità di risultati economici tra i vari paesi del continente. In sostanza, ricorda Sánchez, il libro mette in evidenza lo stato di “giano bifronte” dell’America latina. Da una parte i risultati economici. Dall’altra un’indipendenza dall’Europa che, voluta ad ogni prezzo prima che fosse emergersa una classe dirigente autorevole e democratica, ha reso il continente vulnerabile al caudillismo, alle multinazionali ed al liberismo.

Un approccio contraddittorio. L’autore Guzmán parla dell’impostazione del libro. Non una pedissequa cronaca degli eventi che hanno portato, duecento anni fa, all’indipendenza del continente, ma un’analisi, basata su ricerche e pubblicazioni per rovesciare la storiografia classica. Riaffermare cioè la rivoluzione come impresa del popolo nel processo di indipendenza e scardinare il ruolo secolarista delle elites. Vi è perciò bisogno, secondo Guzmán, di una nuova evangelizzazione del continente. L’America latina, nel definirsi, riconosce nella “latinità” una intrinseca comunanza sovranazionale. Commercio e liberismo di origine anglosassone, ricorda l’autore, non possono essere scissi dalla matrice cattolica del paese. Questa deve orientare l’operato politico dei paesi del continente per dar soluzione ai compiti irrisolti e trovare una nuova indipendenza o, più semplicemente, un’autonomia propria. Andrea Riccardi, ministro per la Cooperazione internazionale e per l’integrazione, elogia l’approccio non retorico del saggio che spesso caratterizza la comunicazione nel celebrare i centenari. Ribadisce inoltre come il libro possa aiutare alla reciproca conoscenza tra i due popoli ed auspica una maggiore coesione tra gli “stati dis-uniti dell’America latina”.

Davide Bonaffini
8 marzo 2012