Alla morte di un uomo la sua anima bussa ad una porta, qualcuno chiede “chi è?”, risponde “sono un ebreo”, ma la porta rimane chiusa. Bussa di nuovo, “chi è?”, “sono un cristiano”, la porta non si apre. Di nuovo batte il legno “chi è?”, “sono un musulmano”, ma nulla. Bussa ancora una volta, “chi è?”, “sono un uomo puro” e l’uscio si spalanca. La parabola della porta fa parte dello spettacolo “Suoni, danze e versi per un viaggio nel mondo di Rumi” che nei giorni di martedì e mercoledì scorso ha restituito all’Auditorium Parco della Musica la parola, il pensiero e i testi del poeta sufi (1207-1273).Protagonisti sul palco: musicisti, ballerini, attori e scrittori di nazionalità italiana, iraniana, indiana e egiziana. La recitazione dei versi di Rumi è stata affidata all’attore Virginio Gazzolo e alla piccola ma brava Bianca Brussani, rappresentati vecchiaia e giovinezza, passato e futuro del viaggio dell’uomo alla ricerca della propria natura divina e del divino. Ad accompagnarli sulla scena, la stupenda e coinvolgente musica dell’orchestra internazionale Navà guidata da Pejmen Tadayon. E a completare lo spettacolo lo sfondo magico ed inconsueto delle immagini del film Baraka di Marck Magidson diretto da Ron Fricke: una pellicola del 1992 divenuta celebre per la capacità di raccontare le fedi di tutto il mondo utilizzando l’unico linguaggio delle immagini e della musica.Dopo Roma l’evento è destinato a toccare le grandi città Europee contribuendo a diffondere il messaggio di pace e tolleranza del poeta – con più forza di mille discorsi politici – secondo i principi del Sufismo e non solo. Lo spettacolo è, infatti, prodotto dalla Alemi Production in collaborazione con l’Associazione Onlus “MirabiliArtis” e Indi Helikonia e gode del Patrocinio della Comunità Religiosa Islamica, Italiana (CO.RE.IS.) e di Assisi Suono Sacro.Chi è Rumi? Poeta medievale, tra i rappresentanti storici del sufismo e pietra miliare di un’idealità che, nata nell’alveo dell’Islam, è andata sviluppando i colori di una corrente pan-culturale. Mettendo al centro la spiritualità dell’uomo, Rumi parla di una ricerca radicale del divino che si sviluppa oltre le confessioni religiose.Scrisse tutte le sue opere in lingua persiana. Ci ha lasciato un immenso patrimonio comune che esprime le vette più alte dell’arte orientale. Definito da molti come il Dante islamico, è il più grande poeta persiano del tredicesimo secolo (1207- 1273), tanto da essere conteso da ben tre nazioni: Afganistan, Iran e Turchia.Morì il 17 dicembre 1273, una domenica al tramonto a Konya, all’età di 66 anni. Al suo funerale parteciparono genti di religioni diverse e di varia estrazione: musulmani, ebrei, cristiani, poveri, ricchi, ignoranti e letterati. La sua tomba a Konya è oggi un tempio per tutti coloro che amano e cercano la pace e la verità.La sua poesia può oggi costituire un saldo ponte tra il mondo islamico e occidentale, perché parla il linguaggio dell’amore, che aiuta tutti noi ad allontanarci dalla politica dell’odio per avvicinarci alla divina compassione.
Melissa Neri(21 Marzo 2012)
Mosè udì un pastore intento a pregare sulla strada.“Signore, dove sei? Voglio aiutarti, aggiustare le tue scarpe e pettinare i tuoi capelli. Voglio lavare i tuoi vestiti e togliere i pidocchi.Voglio portarti il latte, baciare le tue piccole mani ed i piedi quando è l’ora per te di andare a dormire.Voglio spazzare la tua stanza e mantenerla pulita. Dio le mie pecore e capre sono tue.”“A chi stai parlando?” Mosè non poté ascoltare a lungo.“Solo qualcuno che cresce ha bisogno di latte. Solo qualcuno con i piedi ha bisogno di scarpe. Non Dio!”.Il pastore si pentì, si stracciò le vesti e sospirando si allontanò nel deserto.Un improvvisa voce venne sentita da Mosè.“Tu hai separato me da uno di mia proprietà. Sei venuto come un profeta per unire o per dividere? Io ho dato ad ogni essere una diversa ed unica via di vedere e conoscere e pronunciare quella conoscenza.Cosa sembra sbagliato a te è giusto per lui. Cosa è veleno per uno è miele per qualcun altro.Purezza ed impurità, pigrizia e zelo nella devozione, non significano nulla per me. Io sono al di fuori di tutto ciò. I modi di venerazione non sono classificati come migliori o peggiori di altri.Non sono io ad essere glorificato negli atti di adorazione, ma l’adorante!Io non ascolto le parole che egli dice. Io guardo dentro, l’umiltà.[..]Quando tu guardi in uno specchio, tu vedi te stesso, non le condizioni dello specchio.Il suonatore di flauto immette il respiro dentro il flauto, e chi produce musica?Non il flauto, il suonatore! Ogni volta che tu reciti una preghiera o Mi ringrazi, è sempre come la semplicità di questo carissimo pastore”.
Gialal al-Din Rumi estratto da “Mosè e il pastore”