Buddisti, cattolici, ebrei e induisti nei conflitti regionali

Buddisti, cattolici, ebrei e induisti nei conflitti regionaliUna lunga giornata di confronto e di testimonianze ha avuto luogo nella sede delle associazioni di volontariato del Lazio venerdì 16 marzo. Al centro il tema della pace e del ruolo che le religioni possono svolgere nella conquista e nel consolidamento della pace : pur in presenza di molti esempi contraddittori, come dimostrano le turbolenze e gli scontri che si verificano proprio in nome della religione in molte parti del mondo. Lo sforzo dei partecipanti è stato diretto a liberare questa contraddizione del suo messaggio negativo e ad esortare lo spirito religioso verso un minore autoritarismo. E’ stata decostruita l’etimologia della religione : re-ligo, unire, collegare. Le religioni non devono essere autoritarie, dividere, contrapporre, ma mostrare l’interdipendenza reciproca dei popoli, contemperare. A partire dal 2012 il 16 marzo sarà la data per l’appuntamento annuale di questa iniziativa.

La pace. Una larga parte degli interventi ha avuto un tono metodologico e pedagogico, dedicandosi a definire l’altra protagonista della giornata, la pace, con eloquenza e grande trasporto emotivo. Uno dopo l’altro, oratori e oratrici hanno spiegato che cosa è la pace : un orizzonte, non un mito astratto, un cantiere, non una conquista da strappare, un dialogo, non una mèta da imporre. Sono stati richiamati gli intellettuali della non violenza, da Aldo Capitini a Gandhi, insieme alle loro regole auree : la non violenza è ascoltare l’altro e disarmarlo, è non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te, è partire da ciò che unisce non da ciò che divide. Confronto interreligioso. All’incontro erano presenti testimoni di associazioni religiose diverse, induiste, buddiste, ebraiche, cattoliche. Maria Angela Falà, dell’unione buddista italiana, ha menzionato le lotte fra induisti e buddisti nello Sri Lanka, il lungo conflitto interreligioso spentosi da poco, e l’impegno dell’associazione a riconciliare le due fazioni opposte. Ha anche evocato un curioso episodio verificatosi a Comiso, la sede siciliana nella quale anni fa stazionavano i missili americani : un monaco buddista da solo ha pregato inginocchiato accanto alla rete che proteggeva l’installazione giorno dopo giorno, e cantato inni di pace, nella meraviglia e nella simpatia della popolazione locale che gli portava l’acqua e il cibo. Il rappresentante del Centro di S. Egidio, in un lungo intervento, si è soffermato sulle missioni intraprese dal Centro a favore della pace e del dialogo interreligioso –  un totale di 31 esperienze di pacificazione nel mondo. Ha ricordato in particolare la mediazione esercitata nella regione del Mozambico nel 1989-90, al termine di una guerra durata dieci anni. Il punto di forza del Centro, ha sostenuto, consisteva nel suo assoluto disinteresse : “noi non ci guadagnavamo nulla, era evidente, e questo ha creato un clima di fiducia verso di noi”. L’impegno del Centro S. Egidio si era prodigato per entrambe le forze in lotta, aiutando e portando cibo e medicinali sia nei centri urbani che nelle foreste dove si annidavano i militanti insorti. Il dialogo, il ruolo di mediazione hanno operato durevolmente, in Mozambico la guerra non è mai stata ripresa.

Uno sguardo dalla Somalia. Spiccava nella platea la presenza di molti somali e somale, che hanno parlato della loro regione attualmente in preda a un’anomia politica e civile, uno dei focolai di violenza più preoccupanti. Una imponente donna somala abbigliata in abiti tradizionali ha letto l’appello finale della giornata, in nome della International Association for Peace. Il cui obiettivo è di creare nei paesi in guerra centri di dialogo con persone capaci di agire da interlocutori di pace e in grado di operare per la convivenza civile “al di là di ogni barriera etnica e/o religiosa”. L’associazione chiede di costruire dei centri o “case del Dialogo per la Pace” nei paesi che attualmente hanno conflitti come la Nigeria e nella maggior parte dell’Africa Orientale e del Medio Oriente. L’International Association for Peace intende costruire la prima di queste case in Roma per poi proseguire in Kenya, dove si dirigono la maggior parte dei rifugiati politici fuggiti dalle guerra della Somalia e dalle carestie in Etiopia, Eritrea e dintorni. Il giorno 16 marzo, a partire dal 2012, è considerato la data per l’appuntamento annuale di questa iniziativa.

Simonetta Piccone Stella(19 marzo 2012)