La recente competizione in Iran ha visto fortemente ridimensionato il sostegno parlamentare al presidente della repubblica in carica Ahmadi-Nejad a favore del rivale Khamanei, che appartiene ad una frangia politica ugualmente conservatrice, ma critica nei confronti della gestione economica del paese.
Dopo aver perso nel 2009 le presidenziali, accusando brogli, l’onda verde è stata la grande assente di questa tornata elettorale per il rinnovo del Majles, il parlamento formato da 290 deputati, ed ha invitato i suoi sostenitori a boicottare il voto. Mostafa Khosravi è membro del comitato per le politiche pubbliche dell’associazione laureati dell’Iran.
Cosa vi ha spinto a boicottare le elezioni?Il movimento verde aveva chiesto al governo di correggere le precondizioni in cui ci si recava alle urne, altrimenti non avrebbe presentato candidati ed avrebbe invitato i suoi sostenitori ad astenersi dal voto. Tra le precondizioni che abbiamo chiesto di correggere ci sono i meccanismi che regolano la selezione dei parlamentari. Allo stato attuale delle cose un gruppo di sole dodici persone ha potere di decidere chi è adatto per essere eletto e chi no, filtrando così gli aspiranti in base a criteri insindacabili. Il governo in questo modo elegge i candidati prima dell’elezione popolare e questo oltre a non essere democratico è inaccettabile. Il consiglio dei guardiani è composto da 6 giuristi e 6 ayatollah. Condizione per accedere alla selezione elettorale è credere e sentirsi impegnati verso la costituzione, verso il leader spirituale e verso l’Islam.Le altre richieste che abbiamo fatto miravano alla liberazione di tutti i prigionieri politici incarcerati, come pure i leader dell’opposizione Karroubi, Mussavi e di sua la moglie, che dal 15 febbraio 2011 sono agli arresti domiciliari. Vogliamo inoltre la libertà per. partiti politici, stampa e media ed elezioni libere e sane.
Nonostante non ci sia un’opposizione in parlamento, come si spiega l’alta affluenza alle urne, che si è attestata al 65%?Un giornalista della Reuters ha detto che “questa è stata un’elezione diversa dal solito”. I giornalisti freelance, bloggers ed attivisti ci hanno mandato dei report che danno un’altra immagine dell’affluenza alle urne. gli inviati stranieri sono stati accolti dal governo e scortati con degli autobus per visitare i seggi e testimoniare quello che si voleva dare a vedere, ma si trattava di una farsa. I nostri dati, complessivamente, danno l’affluenza a meno del 40%. Le informazioni che vengono dal governo sono distorte. Se si vuole dubitare dell’attendibilità dei nostri report posso fare un esempio. In una città bisogna prendere almeno il 25% di preferenze per poter andare in parlamento. Se l’affluenza è stata così alta, come è possibile che solo 5 persone su trenta abbiano raggiunto questo risultato a Teheran?
Qual è stato l’esito politico di queste elezioni?La democrazia è la prima ad aver perso. Nel parlamento ci sono molti militari, leaders religiosi ed appena 20 riformisti, troppo pochi per portare avanti una linea politica. Un parlamento senza opposizione non si può definire tale. Tuttavia è ancora presto per dire chi tra Ahmadi-Nejad o Khamenei sia stato il vincitore. Entro gennaio si dovrà formare il nuovo parlamento ma ci sono 80 persone elette al di fuori di schieramenti politici. Superato il “filtro” del consiglio dei guardiani Ahmadi-Nejad potrebbe sperare di portarli dalla sua parte.
I giovani sotto i 35 anni in Iran sono il 70%. Qual è il loro ideale politico?Da noi il dibattito non è ancora arrivato a qualcosa di politico. Siamo tuttora nella fase in cui pretendiamo, come punto di partenza, delle regole di competizione elettorale trasparenti. Solo quello può essere il punto di partenza per l’adozione di una linea politica.Stiamo attraversando un passaggio verso la democrazia. L’onda verde potrebbe ad esempio sostenere una economia liberista, ma questo al momento non è tra le nostre principali preoccupazioni, che restano il diritto di scegliere, la libertà di espressione e di pensiero, la libertà di poter liberamente svolgere attività politica, il rispetto per i diritti delle donne – che sono 50% dei nostri attivisti – e sopratutto dei diritti umani.
La primavera araba, nonostante la giovane età del popolo, non ha avuto presa in Iran…La nostra rivoluzione l’abbiamo avuta 33 anni fa passando da una monarchia ad una repubblica, benché non siamo ancora ad un livello democratico. Una frase tipica dei giovani è che “la democrazia non viene con la guerra”. Il nostro vuole essere un movimento pacifico, vogliamo conquistare passo a passo i diritti e riformare la società di conseguenza. Le presidenziali del 2013 cambieranno sicuramente qualcosa. Ahmadi-Nejad non potrà candidarsi di nuovo e speriamo vivamente che le nostre condizioni vengano accettate prima del nuovo confronto elettorale.
Davide Bonaffini(21 Marzo 2012)