Kapuscinski, reportage come viaggio e partecipazione

Un'immagine di Ryszard Kapuscinski al centro della sala rispondeva, con la voce dell'attore Beppe Leone, alle domande su Witold Lutoslawski lette da Jaroslaw Mikolajewski, direttore dell'Istituto Polacco

“Erodoto e Malinowski sono i padri del reportage. Erodoto ha dimostrato che il viaggio è il fondamento di ogni conoscenza e Malinowski che si può spiegare una cultura solo osservandola dal di dentro, con partecipazione. Sono loro i miei maestri”, così diceva nel 2005 Ryszard Kapuscinski, reporter, scrittore e poeta polacco.

E questa è la testimonianza più importante di un uomo che l’Istituto Polacco di Roma ha voluto omaggiare in musica, a 80 anni dalla nascita e 5 dalla morte. A parlarne con grande affetto, il direttore dell’Istituto, Jaroslaw Mikolajewski, che subito descrive Kapuscinski come un uomo che “amava poesia e musica, così tanto da essere affascinato dal corpo degli artisti, che osservava all’opera. Curioso per natura, lo era soprattutto sugli aggettivi e su quelli riservati alla musica era particolarmente scontento”. Chissà come avrebbe descritto Kapuscinski la passione di Joanna Wicherek, giovane pianista di origine ucraina, bravissima, che si sta perfezionando presso l’Università Fryderyc Chopin di Varsavia, e che ha interpretato per Kapuscinski e per la platea le sue opere preferite, soprattutto quelle dell’amico Witold Lutoslawski. Sembra di vederlo Kapuscinski che osserva affascinato Joanna che si contorce con grazia sulle melodie profonde e ricche di pause di Trop (1986) di Pawel Szymanski. La platea è ipnotizzata.

Jaroslaw Mikolajewski. Omaggio a Ryszard Kapuscinski, foto di Marta Sputowska, Istituto Polacco di Roma

Da anni candidato al Nobel per la Letteratura, in Italia Kapuscinski è stato più volte insignito, dal premio Ilaria Alpi alla laurea honoris causa dell’Università di Udine. Scrisse più di trenta libri e uno dei suoi ultimi, In viaggio con Erodoto (2004), resoconto dei suoi primi viaggi, è particolarmente significativo per capire chi fosse Kapuscinski: Erodoto fu il “primo reporter della storia” dice Mikolajewski, “padre dei miei reportage” disse nel 2005 lo stesso Kapuscinski. In copertina un paio di scarpe consumate che rivelano quanto abbia camminato, anzitutto “a piedi dalla Bielorussia”, e poi nell’anno 1956, il suo primo viaggio all’estero verso l’India, dove scattò le sue prime foto. “L’aereo si fermò prima a Roma, rimase colpito dalle sue luci – viveva nel coprifuoco”, o Oltrecortina come scrive lo stesso Kapuscinski – “e dai negozi di scarpe. Amava fermarsi a parlare coi turisti e qui conobbe un ragazzo che vendeva calzini, divenendo protagonista di un suo racconto”. Da allora i suoi reportage, e i suoi piedi, coprirono tante realtà, dall’Africa (1957) all’Iran (1982), dall’Urss (1994) all’America del Sud (2002).

Joanna Wicherek. Omaggio a Ryszard Kapuscinski, foto di Marta Sputowska, Istituto Polacco di Roma

E mentre viaggiava, Kapuscinski “scriveva impegnandosi a scrivere: lesse 140 libri su Erodoto prima di iniziare a stilare qualcosa”, tratto dal suo stesso libro si legge: “scoprivo che un medesimo viaggio si poteva prolungare, ripetere e moltiplicare attraverso la lettura di libri, lo studio delle mappe, l’osservazione delle immagini e delle fotografie”. Nel 2000 scrisse Ebano, testimonianza di quarant’anni di viaggi nel continente nero, un vero e proprio manifesto di “apertura nei confronti degli altri”. Come tutti i reporter “Kapuscinski amava vivere tra le persone, descrivere la realtà da dentro, d’altra parte il suo secondo maestro, Bronislaw Malinowski”, fu il padre dell’antropologia, il primo a teorizzare ‘l’osservazione partecipante’, l’immersione dell’antropologo nella vita quotidiana dei soggetti studiati. Per questo nei suoi ultimi anni arrivò a “seguire le sue tracce nel Pacifico”, in Nuova Guinea.

Ciò che a Kapuscinski non piacevano erano le interviste, non le riteneva un buon mezzo di conoscenza: “diceva che nel momento della domanda lui non sapeva ancora la risposta. La risposta arrivava sempre quando il giornalista era già andato via”. Amava rilasciare interviste solo se riguardavano amici, un esempio fu proprio quella su Lutoslawski – raccolta nel libro Lutoslawski nella memoria di Grzegorz Michalski (2007) – simulata per l’occasione: “in Witold ammiravo il senso di responsabilità verso la propria opera: lui credeva che il talento fosse un bene dato in affidamento, del quale si deve rispondere di fronte a tutta la società. È un debito che si deve ripagare in due modi – attraverso la propria opera, ma anche attraverso il proprio comportamento.” Witold e Ryszard evidentemente erano uomini simili, e di certo il loro debito l’hanno pagato.

Alice Rinaldi(27 febbraio 2012)