Nessuno può crescere solo

Progetto Pro Child - nessuno può crescere soloAbbandonati nei reparti di maternità e pediatria. Costretti a vivere lontani da genitori emigrati per assicurare loro la speranza di un futuro. Lasciati soli a fronteggiare il trauma dell’arrivo in un paese di cui non conoscono nulla. Discriminati da una società che non sa riconoscere il valore delle differenze. Sono i bambini romeni e rom che vivono nelle aree di Roma e Brasov, a cui sono dedicate le ricerche presentate domenica 18 marzo all’Accademia di Romania nell’ambito del progetto Pro Child. I risultati delle indagini consentono di identificare le caratteristiche e le esigenze dei soggetti a rischio di esclusione per pianificare azioni di sostegno e sensibilizzazione

Romania. In Romania il fenomeno dell’abbandono dei minori sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti. Stando ai dati della fondazione Inima pentru Inima dall’inizio del 2012 nel solo reparto di pediatria dell’ospedale di Brasov sono stati segnalati 40 bambini a rischio di abbandono. In 2 casi anche dopo la morte dei figli i genitori hanno rifiutato di occuparsi di loro, motivando la decisione con la precaria condizione finanziaria. Il principale fattore di esclusione sociale in Romania è proprio la mancanza di un lavoro stabile. “Ci sono famiglie che si vedono togliere i figli senza che sia loro spiegato come chiedere aiuto allo Stato” spiega la presidente della fondazione, Lidia Dobre. A questo dramma si aggiunge quello dei cosiddetti orfani bianchi, bimbi lasciati in patria da genitori che emigrano in cerca di lavoro: “Abbiamo una bambina che ha vissuto dal 2005 con i parenti, finché anche loro sono partiti per l’Italia. Lei è stata trasferita in un centro di protezione dal quale è fuggita, approdando alla prostituzione all’età di 13 anni”.

La conferenza intermedia del progetto Pro ChildItalia. “Il ricongiungimento familiare non risolve i problemi” afferma Dana Mihalache, presidente dell’associazione Spirit Romanesc Roma “Per una famiglia immigrata la priorità è il lavoro, rimane pochissimo tempo per i figli. I bambini soffrono la solitudine e non hanno modo di socializzare”. Dalla ricerca condotta nell’area di Roma e provincia emerge che a livello relazionale i soggetti più vulnerabili sono i pre-adolescenti e i ragazzi, chiamati ad affrontare da soli lo choc dell’arrivo in un paese di cui non conoscono la lingua e nel quale non hanno amici, inseriti in un sistema scolastico che non è preparato ad accoglierli.  Diverso è il caso dei bambini rom romeni, che subiscono gli effetti dello stigma sociale attribuito alla loro comunità: “Sono in media maggiormente scolarizzati rispetto agli altri rom, ma vivono una condizione di isolamento e lontananza” spiega Simonetta Bormioli, sociologa di Spirit Romanesc. I programmi di scolarizzazione si rivolgono prevalentemente a chi risiede nei campi attrezzati, ma l’organizzazione dei trasporti non permette di seguire tutte le ore di lezione. Chi vive nei campi abusivi patisce gli sgomberi che costringono a lasciare la scuola. Non esistono programmi di pre-scolarizzazione, né di accompagnamento alla scuola secondaria di secondo livello. “I flussi migratori obbligano a rivedere i sistemi di welfare nei nostri territori” sostiene Massimiliano Massimiliani, presidente della Commissione politiche sociali e qualità della vita della Provincia di Roma “È necessario che si passi a politiche sull’immigrazione in cui i migranti stessi siano protagonisti”.

Quali conseguenze? “I genitori che emigrano fanno il sacrificio di separarsi dai propri figli per assicurare loro una vita migliore. Spesso però ad essere sacrificati sono proprio i bambini”. A parlare è Concetta Ricciardi, psicologa di Spirit Romanesc. “I minori che hanno genitori lontani o che non hanno tempo di occuparsi di loro subiscono una situazione di privazione affettiva. Che può portare alla depressione e perfino al suicidio”.Alle condizioni di forte emarginazione e di povertà estrema in cui vivono i bimbi rom romeni si aggiunge l’assenza di prospettive di cambiamento e gli interventi improntati all’assistenzialismo che determinano un senso di sfiducia e atteggiamenti di rassegnazione e passività. Fenomeni che il progetto Pro Child intende contrastare attraverso interventi di supporto e sensibilizzazione che puntano a riattivare le relazioni tra bambino, famiglia e comunità locale.

Sandra Fratticci(22 marzo 2012)