Principessa Mafalda: la risorsa dei volontari per l’italiano ai bambini stranieri

“I tagli alla scuola degli ultimi 2-3 anni hanno fatto sì che noi volontari siamo venuti a tappare delle falle, sostituiamo professionisti che venivano pagati, non ci sono più risorse”, è il problema messo in evidenza da Renata Buonomo, che due volte a settimana, per un’ora e mezza, insieme ad Emilia Cataldi ed Anna Scannapieco, fa da supporto per l’insegnamento dell’italiano ai bambini stranieri alla primaria Principessa Mafalda. Socie Piuculture ma con due storie diverse, la Buonomo ex professoressa di scienze alle medie e superiori che, una volta in pensione, ha avuto il desiderio di tornare nelle scuole, pur con un ruolo completamente diverso, la Cataldi senza nessuna esperienza nell’insegnamento dopo una carriera di biologa ricercatrice nei laboratori universitari.

L’istituto ha individuato alcuni alunni di diversa età e preparazione ma con lo stesso bisogno di migliorare la conoscenza della lingua, raggruppandoli in una classe per questo lavoro specifico. “È molto difficile organizzarsi, per i differenti livelli di italiano raggiunti. Serve molta elasticità per differenziare i programmi, le difficoltà sono tante”, spiega la Cataldi. Cinque i bambini seguiti, tre provenienti dallo Sri Lanka, gli altri due da Filippine e Turchia. “Una dei cingalesi è arrivata solo ad inizio anno scolastico, ma è molto brava e ha già fatto enormi progressi, i compagni e le maestre la sostengono, ha trovato un clima ospitale da parte di tutti quanti”.

Metodo di lavoro “La scuola stessa si occupa dell’accoglienza dei nuovi arrivati, gli vengono forniti dei libricini adatti per imparare le frasi e i termini più semplici, da come presentarsi alle parti del corpo”, racconta la Buonomo. “Personalmente uso giochi e canzoncine per fargli apprendere la costruzione dei periodi. Ad esempio abbiamo una specie di domino, in cui tramite la descrizione sulle tessere bisogna abbinare delle facce ai corrispettivi capi d’abbigliamento, o per le coniugazioni verbali uso il brano ‘La casa dei matti numero zero’, che adopera molto l’imperfetto. Ci sono testi appositi per l’insegnamento ai più piccoli, uno dei migliori è a fumetti e passa gradualmente dallo stampatello maiuscolo al minuscolo, con proposizioni brevi, per non affaticare troppo la lettura”. La Cataldi invece ha in consegna chi già ha una migliore padronanza dell’italiano, “ci chiacchiero, riassumiamo libri, con un occhio ai vocaboli che non capiscono. Fanno qualche errore, ma sono in grado di comunicare”. L’atmosfera è sempre allegra, nessuno ha problemi con i compagni e l’ambiente, tutti seguono volentieri le lezioni, “dimostrano grande curiosità, danno soddisfazione”. “Ovviamente se c’è qualcosa di più importante rimangono in aula, come è capitato in questo periodo in cui stanno preparando il ‘Flauto Magico’ in collaborazione con l’Opera di Roma”, chiude la Buonomo.

Casi più particolari “Una bambina dello Sri Lanka era rimasta molto indietro, dopo un anno ancora non riusciva a scrivere. È stato fatto un piano personalizzato, aveva anche un ragazzo che la seguiva a casa sua il pomeriggio”, continua la Buonomo. “Ma con il lavoro è riuscita ad entrare nel giusto meccanismo, se prima non riusciva a distinguere il numero 16 dal 60, ora con il giusto aiuto ha imparato fino alla tabellina del 6. Molto dipende anche dalla lingua che parlano in famiglia, in questo caso la televisione può essere di grande aiuto”, “anche se i filippini tendono a vedere le loro trasmissioni”, aggiunge la Cataldi. Un’altra ragazzina, rumena, ha seguito solo poche lezioni, decidendo di smettere, ma si è trattato di un caso opposto al primo, “si è sentita discriminata perché, per le affinità linguistiche con l’italiano, riusciva a capire bene, aveva solo qualche difficoltà ampiamente superabile”, il secondo esempio riportato dalla Buonomo.

Gabriele Santoro(29 marzo 2012)