L’ultimo raccolto di Rabindranath Tagore? La pittura

“Non so chi dipinga sulla tela del ricordo! Ma chiunque sia l’ignoto artista a seconda del suo gusto alcune cose disegna altre trascura, molte cose grandi rende piccole e altre piccole ingrandisce; non ha nessuno scrupolo a lasciare in ombra ciò che è in piena luce e di raccontare prima ciò che invece viene dopo: egli dipinge quadri, non scrive una storia” così Rabindranath Tagore introduce nel 1911 la sua autobiografia Oltre il ricordo.

The Last Hervest A centocinquant’anni dalla sua nascita un’esposizione itinerante mostra al mondo ottantacinque disegni del poeta, scrittore, compositore che nel 1913 è divenuto il primo autore indiano a ricevere il premio Nobel. The Last Harvest, organizzata dall’Archivio Tagore di Rabindra Bhavana e dal Kala Bhavan Museum di Visva-Bharati in collaborazione con la National Gallery of Modern Art di New Delhi, è ospitata a Roma dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna fino a domenica 27 maggio .

Rabindranath Tagore

Quattro sale e un corridoio attraverso le quali si esplorano i temi della riflessione figurativa di Tagore. Dipingeva su carta per lo più con inchiostro colorato e tempera, e con acquarello o pastelli a volte. Tutti i disegni sono accumati dall’uso di colori dalle tonalità cupe. Gli sfondi brillanti sui quali si stagliano le figure, spesso di colore nero, alimentano il clima enigmatico e le poche figure ritratte ne enfatizzano l’espressività. Più che in una galleria di ricordi siamo all’interno in un percorso onirico e fantastico.

Bestiario antico. La prima sala ospita una sorta di bestiaro dove animali mitologici e reali si stagliano su sfondi brillanti. Colpisce soprattutto l’uccello/drago ritratto più volte nel 1929-30; austero ma dinamico, sempre di profilo e con lo sguardo verso sinistra come bloccasse la strada o convocato da qualcuno arrivato al suo cospetto o semplicemente rivolto verso il passato, la strada percorsa. Le espressioni aggressive negli animali reali si umanizzano: accigliati, perplessi, o contrastanti come nel caso dei due cani ritratti nel 1935 dove un piccolo rivolge uno sguardo affettuoso a un adulto duramente concentrato verso altro. Gli uccelli degli anni 1930-31 sembrano esentati dai toni scuri e vengono descritti con brillanti colori e forme sinuose senza perdere carattere enigmatico.

dipinto n.8 1929-30

Paesaggi onirici La seconda sala è dedicata ai paesaggi caratterizzati dal contrasto tra lo sfondo chiaro e i toni scuri degli alberi che ne accentua la piattezza. Due più d’altri sintetizzano l’evoluzione descrittiva di Tagore. Il paesaggio n. 21 del 1935 dove dallo sfondo, giallo senape, si stagliano privi di profondità due alberi neri i cui tronchi inclinati lasciano che le chiome si sfiorino con quelle di altri alberi. Sinuoso e ambiguo questo disegno è stato paroganato al Chiaro di Luna di Munch del 1893.Interessante proprio per i suoi aspetti onirici e narrativi è la tela n.27 dove accanto ai neri alberi definiti si trova un tempietto volutamente sbilanciato così da enfatizzare l’assenza di equilibrio. Tagliato alla estremità destra, confine e fine del disegno, il tempio sembra stia crollando e la precarietà dello scenario si fa più imminente.

Narrazione mitica Lungo il corridoio si apre un diverso aspetto del Tagore pittore, quello narrativo. Divertono i disegni, è evidente che si è al punto cruciale di qualche storia mitica o fantastica. Non abbandonando lo stile onirico e i suoi colori, cerca di immortalare: convocazioni a cospetto di sovrani, riunioni segrete di uomini che tessono chissà quali inganni, momenti di tenerezza tra amanti.

Ritratto di donna, particolare

Volti inafferrabili Dopo aver attraversato queste enigmatici frammenti di fantasia il corridoio si chiude con il disegno che raffigura due fanciulle. Queste non solo introducono le ultime due sale ma catturano per l’espressività dello sguardo e per un elemento presente in quasi tutti i ritratti di donne e in alcuni suoi autoritratti: una linea nera scende verticale coprendo parte del lato destro del volto. Che sia un velo o una vera e propria striscia invasiva, il viso di queste donne è in minima parte coperto. Ci troviamo, probabilmente, davanti ad un uomo che ammette di non riuscire a cogliere del tutto, di non poter avere accesso completo in quella natura. Quei ritratti hanno qualcosa di inosservabile, quel poco che basta per renderli inafferrabili ed unici. Vi si potrebbe leggere quell’amore per l’ignoto che il poeta stesso descrive seduto sulle rive del Gange nel 1915: “lo sconosciuto è pilota al mio timone, lo sconosciuto è la mia salvezza: stipulai con lui un contratto eterno. […] Per paura del futuro ti vincoli nel passato. E’ dunque così poca la tua fortuna? […] E’ suonata la campana, l’adunata si è sciolta, si sono levate le onde dell’alta marea. Non hai ancora mostrato il tuo volto, e per questo batte forte il cuore. Chi può dire in quali forme lo sconosciuto mi sarà compagno sulle onde, sopra quali spiagge, con quali rinnovati colori!”

Info:
Galleria Nazionale d’Arte Moderna
viale delle Belle Arti 131
tel 06 32298212

M. Daniela Basile(12 aprile 2012)