Cogliere l’ago in fondo al mare

Nelle Satire Giovenale scriveva il futuro celebre motto “mens sana in corpore sano”. Un augurio affinché gli dei concedessero un corpo sano ed un intelletto razionale, coraggioso, libero da superstizioni e paure.L’impropriamente detto Kung fu da millenni si pone un obiettivo simile, quello di raggiungere l’equilibrio tra uomo ambiente e società attraverso la cura armoniosa della sfera fisica, mentale e spirituale.

Sport sì, ma gruppo di più. A Roma la pratica delle arti marziali porta diverse generazioni ceti ed etnie ad incontrarsi sotto il tetto della medesima palestra. “E’ un buon posto per imparare le lingue – spiega Mauro Antonino d’Angelo, direttore tecnico dell’associazione culturale Wu tao – nelle nostre scuole praticano russi, filippini, cinesi, tedeschi, francesi, nigeriani. L’allenamento crea anche un felice incontro di generazioni. In palestra tutti si danno del tu ed è bello vedere gli allievi salutarsi per nome fuori dalla palestra, l’uomo in giacca e cravatta ed il negoziante, l’anziano ed il liceale. In Cina le persone si ritrovano nei parchi la mattina presto per fare attività fisica insieme. Con la diffusione di costumi occidentali oggi si vede la gente ballare anche il valzer. In passato tutti facevano arti marziali come momento di gioia e benessere per motivarsi ed affrontare una giornata lavorativa dai ritmi intensi. Oggi abbiamo difficoltà a diffondere questa filosofia e portare le persone fuori dalle palestre. Andare a letto presto sembra una perdita di tempo. Ma se lo si recupera la mattina con gli amici non c’è alcuno spreco, anzi. Si sta in compagnia e si regolarizza il proprio stile di vita rendendolo più salutare. La cultura occidentale si alza la mattina in virtù di un’imposizione. In Cina si comincia la giornata partendo da una nostra passione capace di motivarci nel corso dell’attività lavorativa. L’assocazione culturale Wu tao ha cercato, con difficoltà, di portare la gente fuori dalle palestre. Ho organizzato cicli di tre mesi di pratica dalle 7 alle 8.30 di mattina a villa Ada ma in inverno il freddo e questioni logistiche possono scoraggiare”.

Ma cos’è il Kung fu? “Benché sia entrato nel nostro gergo come sinonimo di arte marziale, il termine in sé ha un significato generico che si traduce in lavorare costantemente. Il kung fu di un chitarrista è suonare quello di un cuoco cucinare, il tuo  scrivere.  Chi è al volante pratica il kung fu del guidare. Insomma, è qualsiasi cosa a cui viene dedicato del tempo e che con l’allenamento finisce per manifestarsi con semplicità. Arte marziale, invece, si traduce letteralmente con Wu shu. Veniva praticata a scuola, negli eserciti, nei corpi delle guardie e nelle famiglie. Sono nati centinaia di stili differenti di Wu shu che si manifestano in maniera diversa a seconda dell’ambito in cui l’arte marziale è stata sviluppata. Stili di combattimento molto diversi tra loro nascono così come dal un minimo comun denominatore dell’armonia nascono i diversi generi nella musica occidentale. Come Bach e la musica elettronica che all’apparenza nulla hanno in comune. Il tai chi “yang” prende il nome dalla famiglia da cui deriva ed in cui si è sviluppato”.

Stili. “Ve ne sono di “interni” che lavorano sul fisico in maniera soft, ed “esterni” che richiedono un impegno maggiore. Ci sono poi stili più o meno “accoglienti”, che rendono la pratica  soggetta a sacrifici in modi diversi. Il tai chi “chuan” è l’esempio classico di stile interno. In occidente è praticato da fasce alte d’età poiché se ne è enfatizzato il carattere medico e terapeutico. Molto famoso è poi lo stile “esterno” Shaolin di cui peculiare è l’aspetto coreaografico e l’uso di un’ampia gamma di armi. Oppure il Wing chun, lo stile di Bruce Lee, commerciale un po’ all’americana con rilascio di certificazioni e trasformato in una disciplina di autodifesa. Adesso stiamo studiando con l’associazione un programma didattico per avvicinare i neofiti allo studio del Ba gua zhang, uno stile di derivazione imperiale complesso e faticoso che io insegno, tanto famoso in Cina quanto sconosciuto in Italia. Come in tutte le cose ci sono stili la cui pratica è più o meno accogliente. Minor tempo richiedono, maggior interese suscitano e maggiore è la richiesta di praticarli”.

La storia. “La rivoluzione cultrale cinese degli anni ’50 aveva bandito tutto ciò che fosse tradizionale. Libri sulle arti marziali venivano bruciati, come proibita era la letteratura in merito. Molti maestri furono costretti ad emigrare in Europa, Stati Uniti, Australia. Non a caso è più probabile che un occidentale abbia familiarità con il Wu shu che non un cinese nato in Cina in quel periodo. Prima della rivoluzione culturale le arti marziali erano una disciplina praticata da tutti a scuola. Questo ha permesso al Wu shu di essere introdotto all’estero, sulla base delle rudimentali conoscenze degli emigranti, anche se insegnato a livello poco professionale. Negli anni ’70 si è sviluppato un immaginario collettivo molto cinematografico sulle arti marziali che hanno contribuito alla loro diffusione”.

L’associazione. “La nostra associazione culturale è nata nel ’95 su una scuola che già esisteva da dieci anni. Oggi ci proponiamo attraverso lo sport di diffondere aspetti complementari della cultura cinese. Approfondiamo aspetti di filosofia, etica, medicina orientale sia durante l’allenamento che con seminari riassuntivi”.

La famiglia marziale. “Vari sono i gradi d’impegno richiesti dal Wu shu ed esiste una precisa gerarchia. I rapporti allievo – maestro sono legati dall’etica confuciana ma anche da una questione didattica: è diverso insegnare individualmente o in gruppo. Lo studente, poi, non coincide con l’allievo. Il primo infatti scambia denaro per ricevere degli insegnamenti. L’allievo si trova ad un livello più intimo, è uno studente che evolve verso un rapporto di tipo familiare con l’insegnante. Shi fu viene tradotto maestro ma letteralmente vuol dire padre. Si instaura così un rapporto da nucleo familiare marziale, una Wu jia”.

Viaggi turistici e d’esperienza marziale. “Recentemente sono stato a Shangai non solo per studiare con il mio mestro, ma anche con il suo, come in una piramide d’insegnamento. A loro volta i maestri sono invitati in Italia due volte l’anno. Sono esperienze che ampliano la comprensione di quello che si fa in palestra. A giugno, poi, sperimentiamo l’allenamento costante per tre giorni in montagna, in pieno isolamento dai ritmi di vita per portare questa esperienza nella quotidianità”.

A caccia dell’ago in fondo al mare. “L’ambito elitario in cui si sono sviluppati alcuni stili d’arte marziale ha spesso fatto coincidere figure di artisti – maestri influenzando i metodi d’insegnamento. I movimenti perciò sono descritti e non spiegati. L’immagine rappresentata ciò che si dovrebbe provare se la mossa fosse eseguita correttamente. “Cogliere l’ago in fondo al mare” è una mossa ispirata al libro fantastico Viaggio verso l’occidente, un classico della letteratura cinese, che racconta della ricerca del re delle scimmie di un oggetto mistico in fondo al mare capace di regolare le maree. La didattica è basata su termini concreti e non comandi, si lavora per sviluppare sensazioni. Si agisce allo stesso livello delle tecniche mnemoniche: associare ricordi a sensazioni”.

Davide Bonaffini3 Maggio 2012