Quattro milioni e 200 mila persone, quasi il 7% della popolazione totale, sono iscritti all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire), mentre nel mondo le generazioni di discendenza italiana hanno di fatto prodotto un’Italia numericamente parallela a quella insediata nello stivale e composta da 60 milioni di oriundi.E’ quanto emerso dalla presentazione del VII rapporto della fondazione Migrantes incentrato sugli italiani nel mondo, presentato il 30 maggio. L’analisi fornisce un prezioso bagaglio di informazioni e scende nel dettaglio delle componenti dell’emigrazione italiana attuale e passata.
I giovani tra i 25 ed i 34 anni sono una delle fasce più consistenti a lasciare il nostro paese. Ogni anno infatti 62 mila giovani che scelgono Germania, Inghilterra e Svizzera come mete per la ricerca di lavoro. La sfiducia nel realizzarsi professionalmente nel nostro paese incide su coloro che hanno un titolo di studio elevato, sulle donne, e prevalentemente su chi risiede al nord e centro piuttosto che sud ed isole. “Il problema – spiega il prefetto Alessandro Pansa che ha curato la relazione introduttiva – è la mancanza di futuro che questi individui riscontrano nel nostro paese, e che li trattiene all’estero. Nell’organizzare cene e premi per gli italiani residenti all’estero che hanno ottenuto risultati, ho constatato che nessuno di loro prevedeva di rientrare in Italia. Manca loro la prospettiva di replicare i successi ottenuti all’estero nel nostro paese”. Recenti sondaggi Eurispes dicono che il 60% degli italiani tra i 18 ed i 24 dichiara di prendere in considerazione un’esperienza all’estero. “Il nostro obiettivo – continua il prefetto – è di non impedire loro di svolgere un’attività formativa importante, ma cercare di creare le condizioni per un rientro dopo aver arricchito il proprio bagaglio professionale e personale”.
Gli anziani sono i protagonisti di un altro focus. Delfina Licata, capo redattore del report, descrive come “spiagge inps” quelle delle Filippine, Santo Domingo, Brasile, dove gli 800 mila anziani residenti all’estero si muovono per godere della loro pensione in un regime di maggiore potere d’acquisto. “In questi paesi, con 150 euro per un affitto, 200 di vitto e trecento per un’assicurazione sanitaria privata, sono in molti a decidere di godersi il riposo dove possono permettersi una maggiore qualità di vita”. Altro focus ricordato è quello delle 150 missioni archeologiche all’estero che impegnano 1000 connazionali che, oltre ad incontrare altre culture, diventano degli ambasciatori della nostra patria. Al centro del rapporto anche migrazioni interne tra regioni e pendolarismo. Quest’ultimo ha però maggiore incidenza al sud dove però le infrastrutture sono meno efficienti.
L’identità all’estero è un altro tema cardine del rapporto. Con la chiusura della celebrazione dei 150 anni d’Italia si coglie l’occasione per indagare l’associazionismo che ha contribuito alla coesione degli italiani all’estero ed a diffondere l’apprezzamento per la nostra comunità nei paesi d’accoglienza. Tra queste va ricordata la 45 enne associazione bellunesi nel mondo che, fondata nel 30 agosto 1965, è nata in maniera simile all’associazione vittime della tragedia della Kater I Rates, ovvero in seguito ad un evento tragico: in questo caso la valanga a Mattmark in Svizzera che produsse 17 vittime bellunesi morte nel cantiere in cui lavoravano, contribuendo così a diffondere un’idea delle dure condizioni di lavoro cui erano sottoposti i nostri migranti. Altre realtà invece si sono esaurite, come “La voce degli italiani”, giornale di informazione estero, che ha dovuto chiudere la propria redazione dopo esser servita come collante sociale per i nostri migranti per 65 anni. E mentre durante l’incontro emerge la triste condizioni di vita nell’Italia post unitaria per il quale l’unico riscatto nel nostro paese era abbandonarlo (e viene citato il celebre motto “o migranti o briganti”), il regista Mario Pesce fa con il suo documentario una rapida disamina del rapporto trasferendone i contenuti in immagini e voce narrante. “Le musiche di Gianmaria Testa hanno voluto sottolineare quel carattere di esclusione sociale cui i nostri connazionali erano obbligati nonostante il contributo offerto ai paesi ospitanti. Una delle canzoni più amare usate nel documentario era Ritals, il dispregiativo con cui in Francia ci si riferiva agli italiani”.
L’assottigliamento del bilancio per i programmi esteri di diffusione della cultura italiana, inoltre, hanno finito per incidere negativamente sullo sviluppo di programmi per il sostegno all’estero delle comunità di italiani e di eventi che fossero di promozione nella nostra cultura, sottolinea Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes. dei 58 milioni di euro stanziati a questo proposito nel 2008 siamo arrivati a 16 milioni nel 2012, il 72% in meno.Ma anche il rapporto tra migranti italiani ed immigrati è singolare. “Nel 1992 – commenta Franco Narducci vicepresidente della commissione affari esteri e presente al convegno – si è voluto concedere un percorso agevolato per l’acquisizione della cittadinanza italiana agli oriundi. Nel 2002 la volontà del legislatore si è estesa all’apertura al voto con la circoscrizione estera. In questo contesto si è fatto notare che il parlamento italiano ha dato più importanza ad italiani nati all’estero che agli stranieri nati qui”.
Davide Bonaffini31 maggio 2012